Mi presento con il consueto, colpevole ritardo a commentare la morte del pingue tenore L. Pavarotti, e lo faccio si unendomi, secondo princìpi di umana compassione, allo sconforto di famigliari/amici/fans/sempliciconoscenti per la dolorosa perdita. Ma lo faccio anche in controtendenza rispetto alla massa dolente di presunti melomani che, a poche ore dalle esequie, mentre ancora i tiggì della sera confezionano struggenti esclusive sulle lettere delle figlie al papà che non c'è più, già affollano i megastore musicali accaparrandosi l'ultima raccolta dell'ugola modenese che i discografici, con cinica saggezza, serbavano in attesa del luttuoso evento.
Mi metto appunto in controtendenza rispetto a tutti coloro che hanno scoperto un'improvvisa, viscerale passione per la lirica non appena si è diffusa la notizia della tragica scomparsa, poichè ammetto la mia scarsa competenza per quanto riguarda il melodramma, la lirica, la musica classica in genere. Pur possedendo un certo orecchio musicale e una discreta passione nei confronti delle sette note, non so distinguere Mozart da Brahms, non conosco le origini della musica barocca, mi sfuggono i concetti di contrappunto e fuga, e soprattutto non ho mai ascoltato per intero un cd di Pavarotti.
Che rimane un grande, s'intende. E se è stato, come si dice, uno dei più grandi, non sarò certo io, dal profondo della mia incompetenza, a porre dubbi in merito.
Molti ritengono che il grande merito di Pavarotti sia stato quello di riavvicinare il melodramma alla gente, e poco conta se a volte per farlo abbia dovuto mettere in piedi baracconate con colleghi musicisti appartenenti a generi molto meno blasonati. Se il fine è nobile, come aiutare i bambini nelle aree povere del pianeta, allora può starci che la migliore ugola lirica del mondo gorgheggi in compagnia dei rantoli catarrosi di Zucchero, o duetti con la vocina checca di Bono Vox. I teenager del Pavarotti&Friends ci guadagnavano una serata, i bambini del Darfur qualcosa in più.
Voglio però allinearmi un minimo con la schiera di neo-melomani postpavarottiani, quindi credo che comprerò nei prossimi giorni un tal quotidiano che propone in allegato -guarda un po'- proprio un doppio cd con il meglio del maestro.
So già che sarà un ascolto difficile.
Non che non apprezzi, è solo che, per quanti sforzi faccia, non mi riesce di capire le parole.
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