Probabilmente dovrei adeguarmi al gran rumore che si è scatenato intorno al caso Englaro dopo la dipartita (la seconda, definitiva) della protagonista principale, l'unica che senza clamori nè alzate di voce ha fatto la sua parte fino in fondo, e con la levità di una grand etoile si è alzata sulle punte ed è uscita di scena. Dovrei adeguarmi, dicevo, al chiasso mediatico e politico che ne è seguito, cavalcando la pochezza dei nostri cialtroni democraticamente eletti e tutto lo schifo che sono riusciti a gettare sulla fine di questa vicenda triste. Ora tutti invocano con colpevole ritardo il silenzio e il rispetto. Per Eluana, per la sua famiglia, per tutti coloro che in un modo o nell'altro hanno vissuto il dramma di questi 17 anni di non-vita. Che tacciano a questo punto sia i fanatici della vita a tutti i costi che i difensori del diritto alla dignità di un'esistenza piena. E taccio anch'io, ovviamente. Una solo pensiero però vorrei lasciarlo per il signor Englaro, un uomo che per quasi due decenni anni ha innaffiato e curato una pianta che sapeva non avrebbe mai più potuto germogliare, e che tanto ha lottato -spesso solo- perchè a quella pianta fosse lasciata la possibiltà di tornare alla terra. Sipario.
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