Fin da bambino i miei percorsi di lettura si sono snodati su itinerari spesso astrusi e schizofrenici, ma il meccanismo più curioso alla base delle mie scelte letterarie sta nel fatto che in molti casi mi sono deciso ad approcciare le opere di un autore soltanto dopo la sua morte. Un po' come per certi quadri che diventano famosi e ricercati anni dopo la morte del pittore, con la differenza che nell'era di internet un testo non verrà mai battuto a suon di milioni in qualche asta di Sotheby's . Mi riferisco ovviamente a scrittori contemporanei per i quali di certo non stavo in attesa della dipartita per correre a comprare un loro libro, solo che il risalto mediatico successivo alla scomparsa mi ricorda che si, cazzo, quel poveretto appena schiattato aveva scritto quel famoso romanzo che da tanto tempo volevo leggere, e il resto vien da se. Naturalmente leggo anche autori tutt'ora vivi e vegeti però, vai a capire come mai, la scomparsa di un autore mi mette l'urgenza di leggere almeno una sua opera -possibilmente la più rappresentativa- come se venendo a mancare lo scrittore anche i suoi libri rischiassero di sparire da un momento all'altro. È stato così che per Douglas, Vonnegut, Wallace, la Fallaci o, prima ancora, Pontiggia, Tondelli, etc. Adesso tocca a Salinger. In realtà con Il Giovane Holden ho già avuto qualche contatto superficiale in era scolastica, ma niente che abbia lasciato il segno. Ho deciso che colmerò a breve ogni mia lacuna riguardo il capolavoro di J. D. Salinger, scomparso il 27 gennaio scorso alla invidiabile età di 91 anni, di cui una buona parte trascorsi in totale misantropia. Spero che il suo spirito saprà perdonarmi se il libro non lo comprerò, avendolo appena scaricato a ufo qui.
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