Di seguito tutti i deliri, in ordine cronologico...
Oggi ho scoperto quasi per caso che la musica dello spot di Banca Mediolanum (quello con Ennio faccia-di-plastica Doris che disegna i cerchietti col bastone) è un brano del Dave Brubeck Quartet, e che lo stesso se ne stava ben nascosto, chissà da quanto tempo, in un angolino di memoria del mio player mp3. Questo sta a dimostrare quanto sia sconfinata la mia ignoranza nel campo della musica jazz, al pari della confusione digitale che regna sul mio player. D'altronde son cresciuto a pane & Clash, i miei orizzonti sonori avevano un'altra luce. Però so impormi una disciplina anche nelle scelte musicali. Mi si riconosca almeno questo, oltre al merito di aver scovato questo clip meravigliosamente vintage del pezzo in questione.
"Guarda qui", dice la Mujieres sventolando la cartolina gialla appena ripescata dalla cassetta delle lettere. "Cazzo è?" "Un avviso di mancata consegna. C'è una raccomandata a tuo nome da ritirare. Sarà una multa", considera lei pregustando la possibilità che mi stia capitando, per una volta, ciò che a lei capita regolarmente: beccarsi una contravvenzione.
"Sarà la Rai..." valuto io, rievocando mentalmente una vecchia questione ancora aperta con la tv di stato circa il canone di qualche anno fa. "Lascia lì, che prima o poi passo a ritirare."
Lunedì mattina. Acchiappo la cartolina, inforco la bici e punto deciso gli uffici PT del borgo natìo. Entro e mi avvio deciso a staccare il numerino del turno. P078. Il tabellone marca P065. Mi siedo paziente. Dopo ben tre quarti d'ora, ravvivati oltretutto da una discussione per questioni di turno (secondo l'addetta il tabellone contaturni era "andato avanti da solo") con un'antipatica nanetta abbronzata, arrivo a sventolare la cartolina gialla sotto il naso dellimpiegata. Un paio di minuti di ricerca e quella mi porge la misteriosa missiva e il modulo da firmare per ricevuta. Punto l'uscita mentre squarto la busta tatuata di timbri e francobolli. Mi rincuora il fatto che la busta sia bianca e non verde come lo sono in genere le notifiche di contravvenzione delle quali la mujieres fa collezione.
A scrivermi, guarda un po', è proprio l'ente Poste. Un oscuro responsabile del servizio qualità delle Poste Italiane, dipartimento Milano Nord-Ovest, desidera rispondere al reclamo da me inoltrato nel maggio scorso tramite il loro sito web per lamentare disservizi nella consegna della corrispondenza nella mia zona. In effetti qualche mese fa, esasperato dai ritardi a liv ello di terzo mondo con cui ancora adesso viene consegnata la corrispondenza nella mia zona, avevo inoltrato un reclamo alle Poste tramite un'apposita sezione del loro sito, convinto che la segnalazione avrebbe comunque fatto la fine di tutta la posta a me destinata: dispersa nell'oblio.
Gentile invece da parte loro aver dato corso alla faccenda -seppur con vaghe rassicurazioni di circostanza in merito a presunte verifiche e potenziamento delle strutture- ma avrebbero potuto tranquillamente rifilarmi le medesime panzane con lo stesso mezzo con cui io le avevo sollecitate: un semplice messaggio email.
Capisco che per l'Ente Poste spedire una raccomandata può non essere un costo, ma se quel solerte Responsabile della Qualità mi avesse scritto le stesse cose tramite una semplice mail, avrebbe risparmiato:
- tre mesi di tempo a tutta la faccenda; - un viaggio a vuoto al postino che non mi ha trovato in casa per la consegna della raccomandata (da queste parti, come dicevo, il postino già si fa vedere poco, se poi gli tocca pure viaggiare a vuoto...) - un talloncino giallo di mancato recapito; - una pedalata mattutina di tre Km (al sottoscritto) - 45 minuti di coda, oltre ad una discussione per il turno (sempre al sottoscritto).
Al di là di tutto mi pare comunque doveroso ringraziare le Poste Italiane per l'interessamento mostrato al mio caso. Grazie, veramente. E' bello, per una volta, sapere di non essere il solito anonimo cittadino-utente al quale si chiede solo di pagare, tacere e pagare per un servizio scadente o che non avrà del tutto, e senza alcuna possibilità di far valere i propri diritti. Grazie, questo è ciò che si definisce efficienza orientata al servizio. Tutta questa considerazione nei miei confronti fa passare in secondo piano il fatto che tra la posta di ieri ci fosse un biglietto di auguri di Buon Natale e felice 2008...
Al giorno d'oggi per essere un bravo musicista non serve saper suonare; basta smanettare con la giusta perizia Adobe Premier*
* software assai ganzo per il montaggio di video digitali
Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinario a favore del caso, la rinuncia del quotidiano per lo straordinario, deve essere strutturazione assolutamente personale alle nostre convinzioni. Herman Hesse
Il rientro dalle ferie ti uccide bombardandoti con mille piccoli particolari. Come il doverti rimettere la camicia. Dopo giorni passati infilato in t-shirt e polo d'ogni foggia e colore, facili cotoni riscoperti dopo mesi di sonno negli angoli meno esplorati del tuo armadio, ti tocca tornare alle camicie: rigide, inamidate, abbottonate fino al colletto. E la cravatta sopra, bella stretta, per non dimenticare che alla fine siamo tutti presi per il collo. Le scarpe, il traffico, il telefonino sempre acceso, le facce dei colleghi, il caffè alle macchinette... Ma alla fine ciò che uccide veramente è la consapevolezza che queste migliaia di proiettili continueranno a centrarti in pieno, precisi e letali, giorno dopo giorno, ancora un altro anno. Puoi nasconderti dove vuoi, ma ti ritrovi sempre sulla linea di tiro. Bum bum, bang bang.. lie down you're death
Si sbaglia di grosso chi mi accusa di aver poca stima e rispetto nei confronti di mia suocera.
Al contrario, sono convinto che quella santa donna abbia la facoltà di saper instillare in chiunque la circondi una grandissima fiducia nell'avvenire.
Del resto, se una simile rincoglionita è riuscita a raggiungere indenne e in buona salute la soglia dei settant'anni, allora chiunque ha diritto ad una speranza nel proprio futuro.
Una settimana di vacanza è scivolata via alla stessa velocità del vento fresco (freddo) che soffia tra le montagne dove ho passato questi sette giorni, e che mi vedranno loro ospite (mio malgrado) anche per i prossimi sette.
Si tratta solo di resistere un'altra settimana. Posso farcela, e se gli dei del clima continueranno a sorridermi, magari insieme agli spiritelli che fanno crescere i funghi nei boschi, potrei anche godermela questa residua settimana di vacanza.
Nel caso non si fosse ancora capito, il mio livello di entusiasmo nei confronti delle vacanze in località montane è abbastanza prossimo allo zero.
Ovviamente so apprezzare la maestosità dei paesaggi, la qualità dell'aria iperossigenata e tutte le ragioni che spingono un sacco di gente a spendere le proprie ferie nelle località di montagna. Ma per quanto mi riguarda trovo che le vacanze alpine mi innalzino a dismisura i livelli di quello che io definisco "il senso dello schifo".
Non sto dicendo che la montagna faccia schifo, soltanto che, per ragioni ancora poco chiare, in montagna si concentrano una quantità di cose e situazioni che mi fanno tremare di ribrezzo.
E'un fenomeno che ritengo dovuto a due cause scatenanti: da una parte la costante e completa "immersione" in un ambiente naturale cui non sono abituato. Dall'altra una serie di ricordi ed esperienze pregresse legate alla montagna (e in parte al mio passato scout) che hanno segnato in maniera indelebile il mio rapporto con la montagna, la sua natura e le sue genti.
E'doveroso premettere che il "senso dello schifo" non è una forma di psicosi verso l'igiene, o una fobia alla Woody Allen verso germi e batteri, nei confronti dei quali provo una cauta indifferenza, almeno finchè si limitano a fare il loro sporco lavoro senza coinvolgermi troppo.
Il senso dello schifo si riferisce a fatti, situazioni o elementi concreti che, se per molti possono addirittura essere una caratteristica irrinunciabile dell'ambiente montano, a me danno letteralmente il voltastomaco.
La puzza di letame, ad esempio che da queste parti è una costante. Ovvio, ti dicono: l'allevamento del bestiame è una delle principali attività economiche di questi luoghi, e dove ci sono bestie c'è l'odore dei loro escrementi. E comunque -sostengono gli alfieri difensori delle vacanze alpine- è tutta roba naturale.
Se è per questo anche i serpenti a sonagli e i vapori di cloro sono 'cose naturali', ma a nessuno piacerebbe conviverci in continuazione.
Non ho nessun pregiudizio contro le mucche e i bovini in genere, ma l'afrore di stalla che mi assedia di continuo le narici e le "torte" di merda disseminate per ogni metro quadro di alpeggio riescono a mandarmi in bestia, stuzzicando di continuo il mio senso dello schifo.
Alcuni anni fa, in vacanza come oggi in Valle d'Aosta, durante una passeggiata nei boschi ebbi l'inaccortezza di lasciarmi tentare dalle acque fresche e cristalline di un ruscello d'alta quota. Credo di aver bevuto non più di un paio di bicchieri di quell'acqua subdola, ignaro del fatto che sugli alpeggi soprastanti intere mandrie di mucche erano indaffarate nel più classico dei passatempi bovini: produrre escrementi da riversare nei torrenti.
Ci vollero mesi prima che il mio stomaco riuscisse a neutralizzare la carica batterica introdotta grazie a quelle uniche sorsate, e furono mesi di guerra a colpi di nausea, dispepsia e grandi emissioni di gas gastrici. Ancora oggi mi rifiuto di bere acqua naturale in montagna, compresa quella dell'acquedotto comunale, se non previa bollitura o disinfezione a colpi di Idrolitina.
Un altro generatore di schifo tipicamente alpino è il fango, che in queste zone della valle d'Aosta abbonda, nerastro ed appiccicoso, in ogni periodo dell'anno.
E' normale che in una zona soggetta ad abbondanti precipitazioni sia facile che si formi del fango. Ciò che non trovo normale è l'idea di ritrovarmelo continuamente appiccicato alle scarpe, denso e colloso come bitume puzzolente.
Dalle parti di Morgex (Ao) c'è un campeggio che ho avuto la sventura di frequentare per alcuni anni, dove il fango nerastro è talmente onnipresente e disagevole da sembrare quasi dotato di un propria, malvagissima coscienza.
Me lo ritrovavo ovunque: aggrappato alle suole, nascosto negli orli, spalmato sul fondo dei calzoni. Soltanto percorrere quei pochi metri necessari a raggiungere i più vicini servizi igienici era sufficiente per ritrovarmi coperto da uno strato di mota viscida e catramosa.
Non sto a dire quali impennate subisca il mio senso dello schifo quando il fango arriva ad invadere gli spazi domestici, come ritrovarselo che cola dagli scarponi parcheggiati di fianco al letto.
Il mio odio verso il fango affonda le radici in un lontano passato da boy scout, poiché la palta è un elemento onnipresente nella giornata tipo di ogni Giovane Esploratore. Le tende canadesi affondavano nella palta; piatti e gavette ne erano sempre intrisi; le nostre divise cambiavano colore a seconda del tipo di fango che le ricopriva, e si irrigidivano come scafandri man mano che questo si seccava.
Tornando al mio angolo di val d'Aosta, sembra quasi che da queste parti ritrovarsi fango e palta in ogni interstizio sia una questione di poca importanza, un dettaglio vagamente disagevole, qualcosa con cui convivere in semi-armonia condividendo i propri spazi vitali, anche i più intimi.
Prendiamo ad esempio i rifugi di montagna: chiunque abbia esperienza di sci alpino sa quale incredibile e stomachevole strato di fango ricopre il pavimento degli Chalet di montagna, in particolare quelli a ridosso delle piste da discesa.
Centinaia di sciatori sudati vi entrano di continuo con gli scarponi ricoperti di neve. Questa, sciogliendosi, va formando immondi rivoli che si mischiano a residui di cibo, unto, sputazzi, cicche di sigaretta e l'immancabile merda di mucca, ricoprendo i pavimenti di quei luoghi disgraziati con una patina viscida e maleodorante in grado di bloccare la digestione a chiunque abbia un senso dello schifo minimamente formato.
Non sto ora ad elencare le tante situazioni capaci di trasformare le mie giornate in alta quota in una battaglia continua contro la nausea. Non sarebbe giusto nei confronti di chi mi ha permesso di alloggiare per queste due settimane in alta Valle d'Aosta, e tantomeno verso tutti coloro che amano la montagna e trovano soddisfazione ed appagamento nel trascorrere le vacanze tra i monti.
Non sarebbe inoltre corretto nei confronti di chi da queste parti ci vive tutto l'anno, anche se in più di una occasione ho potuto verificare come le facoltà cognitive di molti autoctoni siano ancora inficiate da secoli di carenza di iodio nell'alimentazione.
Tutto sommato si tratta solo di resistere ancora una sola settimana. Mi basterà un potente antiemetico e qualche buon detergente antibatterico, tutto il resto sarà solo pazienza e sopportazione.
In questo periodo il centro di Milano ha l'aria di un'ipermercato all'ora di chiusura (din don... si avvisa la gentile clientela che il punto vendita è in chiusura. Si prega pertanto di avvicinarsi alle casse, grazie. din don...).
I militari voluti dal ministro Maroni gironzolano a bordo delle loro jeep eurozero (con tanti saluti all'ecopass e a chi lo paga) facendosi strada fra mandrie di giapponesi sprizzanti flash dalle loro macchinette digitali. In galleria l'immancabile coppia di sposi asiatici in abito da cerimonia (bianco per entrambi, solo che lui sembra il pianista del Maurizio Costanzo Show) si trascina davanti alle vetrine chiedendosi quanto ne sia valsa la pena di fare tremila chilometri per venire a giurarsi amore eterno in una Milano sudata e semideserta. I megaschermi davanti a palazzo reale dicono che tra pochi minuti inizierà Pechino 2008, mentre la stanchezza mi ricorda che tra poche ore inizieranno le mie ferie: entrambe le cose mi lasciano un certo distacco...
Mi disorienterò (più di quanto già non sia) per le prossime due settimane. Nel frattempo date da mangiare ai pesci e bagnate i fiori, ma ricordatevi soprattutto che l'estate è già finita.
Nel tardo pomeriggio di ieri, mentre guidavo verso casa sotto un nubifragio biblico, cercavo di immaginare come potrebbe svolgersi l'esistenza di quelle popolazioni che abitano territori soggetti ai climi monsonici, condannate ogni anno a subire per settimane la rabbia degli elementi e il disagio di alluvioni ed allagamenti costanti. Ad un certo punto mi sono ritrovato immerso in una pozzanghera grande quanto un campo da tennis, con l'acqua che arrivava alle portiere ed un gran fetore tutt'intorno: non era soltanto acqua piovana quella che stavo guadando, bensì un enorme e mefitico rigurgito di fogna. Un angolo di Calcutta monsonica in pieno hinterland milanese, ed io ci stavo letteralmente immerso dentro. Quando si dice l'empatia...
Esattamente 51 anni fa, in una casa al civico 5421 di Auckland Ave, North Hollywood, moriva il grande (in tutti i sensi) Oliver "Babe" Hardy. Una prece.
Certo, sarebbe anche doveroso rammentare che ieri ricorrevano i 63 anni trascorsi da un ben più tragico evento, ma la scarsa serietà di questo blog poco si adatta alla commemorazione di fatti storici di grande drammaticità.
Reyhan Sahin, 28 anni, tedesca di origini turche, è una cantante rap famosa in Germania con il nome d'arte di Lady Bitch Ray. E' una interprete di porno-rap (genere che sostiene di aver inventato) ed ha un recente passato cinematografico grazie ad una parte in un film che è stato in concorso all'ultimo festival di Berlino. Pare che Lady Bitch Ray abbia il lessico più sboccato e volgare dell'emisfero boreale, adora le oscenità e i vestiti da viados, e manda in visibilio il pubblico ai suoi concerti scratchando sui vinili con le tette. Grazie a queste ed altre brillanti performance sullo stesso genere, Lady Bitch ray ha guadagnato fama (e denaro) ed è di prossima pubblicazione il suo primo album con una major discografica.
Anch'io conosco un tipo dalle mie parti che si esprime esclusivamente a bestemmie, si tocca in continuazione il pacco e sa suonare "bella ciao" spernacchiando con la mano sotto l'ascella, però non mi risulta che nessuna major gli abbia mai fatto proposte di contratto.
A quanto pare questi due ceffi non scherzavano per niente: in piazza Duomo a Milano sono arrivati i militari. Il fatto è che a vederli così, in giro a zonzo per la piazza, sembrano più dei fantaccini in libera uscita che non uno dei pilastri del patto per la sicurezza...
(da www.repubblica.it del 01/08/2008)Pesce a profondità record Catturato a una profondità di 2.300 metri, è stato portato in superficie in una cabina pressurizzata.- - - - Prime dichiarazioni dell'animale appena giunto in superficie: "tutto 'sto sforzo per rompere i coglioni proprio a me?"
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