Arrivano come ogni fine mese i dati sull'inflazione e si scopre che novembre è stato un bagno di sangue. L'Istat comunica che nel periodo in esame il costo della vita è salito al 2.4% contro il 2.1% di ottobre. Colpa degli aumenti dei costi del petrolio, del pane, della pasta, dei cazzi e dei mazzi. Il presidente di Confindustria Montezemolo esprime preoccupazione per il fenomeno inflattivo: "tremo all'ipotesi di tassi più alti", ha dichiarato. Lui trema. E se lui trema allora io, titolare come tanti altri coglioni di un mutuo a tasso variabile, cosa dovrei fare, entrare in risonanza? Vorrei capire meglio i meccanismi di questo congegno perverso: sono almeno 5 anni che la BCE martella sui tassi di interesse con aumenti periodici da 0.25 punti percentuali a botta. Il tutto, spiegano gli analisti, con l'obiettivo di contenere il rischio di crescita dell'inflazione. Aumentando quindi il costo del denaro, la BCE si prefiggeva l'obiettivo di contenere la crescita dei prezzi al consumo. Adesso si scopre invece che nonostante gli anni di salasso continuo da parte delle banche, il fenomeno del'inflazione è tutt'altro che sotto controllo. Colpa del petrolio, certo. E come no. Peccato che i prezzi della benzina rimangano stabili anche quando il costo del greggio al barile scende di qualcosina. In questo caso, ci spiegano i soloni dell'economia globale, prima di poter abbassare il prezzo alla pompa è necessario ammortizzare i costi delle scorte acquisite con i prezzi precedenti. Peccato che una volta arrivati ad ammortizzare le scorte il prezzo è già bello che tornato a salire in verticale. Anzi, diventa necessario compensare ritoccando al rialzo i prezzi al distributore. In questo caso, chissà perchè, non ci sono scorte da smaltire e la crescita si riverbera immediatamente sul prezzo al consumo.
Al lamento di Montezemolo si aggiunge anche la segreteria confederale di CGIL :"Occorre un intervento immediato e incisivo del governo in direzione fiscale attraverso la diminuzione delle accise e i controlli e le sanzioni, da parte del Governo e degli Enti locali, verso qualsiasi intervento speculativo". In sostanza: occorre intervenire sulle imposte e dare addosso ai commercianti ladroni che speculano sui prezzi. Su quest'ultimo punto chi mi conosce bene sa come la penso, quindi non si stupirà nel sentirmi proporre la corte marziale e la pena di morte nei confronti dei commercianti disonesti ed approfittatori. Cominciando magari con un segnale forte, qualcosa di simbolico: questo Natale meno panettoni a prezzi esorbitanti, e più legnate a chi li vende speculandoci.
Di SuperCirio addì 07/12/2007 @ 22:39:29, in music, linkato 1077 volte)
Mai amore fu più platonico di quello che nutro per la batteria (quella che si suona, non le Duracell). Sono un virtuoso amante delle percussioni, ma non le suono. O almeno non più. C'è stato infatti un periodo della mia prima adolescenza in cui mi sono accostato al formidabile strumento, seppur con risultati discutibili. Erano anni fiammeggianti d'entusiasmo giovanile e sembrava normale per noi incredibili creature dell'hinterland milanese, compagni di crescita e scorribande, mettere in piedi un gruppo rock con cui spaccare il culo allo star system. Nacque così The No Smoking Band, una delle formazioni più sottovalutate di tutta la storia del rock.
Suonavamo con chitarre economiche, antichi amplificatori dall'aria esausta, e un Crumar valvolare da 400 Kg. Io sedevo eroico dietro una batteria di risulta recuperata con destrezza. Era un vecchio set ad impostazione jazz di cui neanche ricordo la marca (ammesso ne avesse una) con corpi in legno, pelli sintetiche e piatti di ottone ossidato pesanti come corazze anticarro. Su una pelle di ricambio c'era l'autografo di Tullio de Piscopo, con dedica al vecchio proprietario; non l'ho mai montata per evitare di rovinare la prestigiosa sigla. Finì perduta, assieme a tutto il resto del set, nell'oblio degli anni che vennero.
Il nostro repertorio si basava su cover di classic rock: Rolling Stones, Bruce Springsteen, Pink Floyd, qualcosa di Bob Dylan... un prestigioso campionario di brani da Monster of Rock che straziavamo senza pietà poichè -a questo punto occorre dirlo- suonavamo come cani focomelici. Questo però non ci fu mai di sconforto, al contrario eravamo convinti che servisse a caratterizzare il nostro stile rendendolo inconfondibile. L'abilità con gli strumenti era comuqnue un dettaglio poichè prima o poi avremmo sfondato lo stesso, ne eravamo certi. Bastava avere un po' di costanza e un minimo di fortuna, e il successo ci avrebbe travolto garantendoci guadagni da re ed eserciti di fighette fino alla fine dei nostri giorni da rockstar.
Ci furono un paio di occasioni in cui la strada verso il successo si proiettò con luminosa certezza sul nostro futuro. La prima fu un invito ad un raduno di giovani gruppi musicali da parte di un'associazione benefica (lo status giuridico di ONLUS ancora non esisteva) che raccoglieva fondi per iniziative umanitarie. Ricordo ancora le positive vibrations che ci diede l'incontro con quello che fu, a tutti gli effetti, l'unico impresario della nostra breve parabola artistica. Ovviamente suonammo malissimo, ma ci fu gioco facile nell'addossare la colpa alla presunta imperizia dell'addetto al mixer. E comunque la qualità della nostra musica era cosa secondaria rispetto al fatto che ormai, dopo quel debutto, eravamo ufficialmente lanciati a folle velocità verso il successo. Avevamo avuto un ingaggio (seppur gratuito), avevamo suonato 'live' e un pubblico ci aveva applaudito (per inerzia, ma son dettagli). Quante, tra le migliaia di giovani band emergenti, potevano vantare un simile background? L'avvenire si prospettava costellato di successi.
La successiva spinta verso l'olimpo della celebrità ce la offrì la società polisportiva del nostro borgo natio. Durante la festa sociale che si teneva annualmente all'oratorio parrocchiale, uno dei volontari organizzatori ci ingaggiò per intrattenere gli avventori del tendone ristorante. Il fatto che avremmo suonato alle due del pomeriggio per una platea di pochi avvinazzati non riuscì a smorzare il nostro entusiasmo, e dedicammo un'intera mattinata alle prove ed alla stesura della scaletta. Come prevedibile, anche in questa occasione suonammo in modo agghiacciante, con l'aggravante di esserci dovuti appoggiare esclusivamente sui nostri scarsi mezzi tecnici (che non comprendevano, tra l'altro, un mixer).
Attaccammo con "In The Flash-part 1" dei Pink Foyd, uno dei nostri cavalli di battaglia. Ancora adesso ricordo con un certo imbarazzo l'espressione di sgomento sul viso dei pochi anziani presenti, quando gli amplificatori cominciarono a vomitare una sequenza di suoni distorti e a volume pazzesco. Per questioni di carenze tecniche la batteria non venne amplificata, pertanto fui costretto a martellarci come un pazzo nel tentativo di sovrastare il delirio sonoro prodotto dagli altri componenti. I poveri vecchietti si aspettavano un liscio alla Casadei, o un walzerino tranquillo, o qualsiasi cosa potesse andar bene per trascinare i piedi sulla pedana da ballo con le loro sciure. Invece sparammo loro addosso uno tsunami cacofonico di suoni sovrapposti che fece tremare le dentiere e rovesciare più di un bicchiere di rosso. Molti si portarono platealmente le mani alle orecchie, altri scapparono alla massima velocità concessa dalle giunture artritiche. Suonammo l'intero nostro repertorio, che per fortuna dello sventurato uditorio copriva una ventina di minuti scarsi. Terminata l'abominevole performance, ci presentammo dal volontario che ci aveva ingaggiato e che in quel momento stava cuocendo salsicce. Qui successe l'impensabile: anziché rincarare la dose di umiliazione già rimediata sul palco, il tizio sfilò di tasca il portafogli e piazzò una centomila lire nelle mani incredule del nostro bassista. Fu l'apoteosi. Urla, abbracci, scene di gaudio da vincitori della lotteria Italia. Noi, la The No Smoking Band, guadagnavamo dei soldi grazie alla nostra arte. Ventimila ricchissime lire a cranio. Qualcuno propose di incorniciarle sotto vetro, come Paperone con la Numero uno, così da poterle ricordare con nostalgia, una volta ricchi e famosi, come il primo guadagno di una ricca carriera. Io sputtanai subito la mia parte in sigarette e miscela per il Garelli, come si conviene ad una rockstar in erba.
Il fatto che uno dei componenti originali della band oggi sia qui a scrivere cazzate su un blog invece di calcare il palco degli MTV Awards la dice lunga sul destino della formazione. Gli studi, il lavoro, le fidanzate e la vita in genere, spinsero il progetto verso un inesorabile declino. Il primo a mollare fu il tastierista S., seguito poi dal vocalist e leader M., ma a quel punto il gruppo si era ormai definitivamente sfaldato.
Oggi non rimane che qualche foto sbiadita e un pugno di "drum sticks" sbucciate a testimoniare il passaggio nel firmamento del Rock di una luminosa meteora chiamata "The No Smoking Band".
Di SuperCirio addì 11/12/2007 @ 21:44:39, in music, linkato 992 volte)
I Led Zeppelin tornano a suonare in concerto 27 anni dopo lo scioglimento, e se fosse stato possibile accontentare i fan di tutto il mondo che chiedevano di partecipare all'evento, si sarebbero dovuti stampare circa 20 milioni di biglietti. Alla fine c'erano soltanto 18.000 privilegiati all'O2 Arena di londra a vedere suonare di nuovo insieme Page Plant e soci, ma l'onda mediatica mossa dall'evento la dice lunga sul deserto musicale che stiamo attraversando. C'è voglia di buona musica, e poiché nessuno ne produce più, ci si rivolge ai bravi artigiani di una volta, quelli che uscivano dalla sala di incisione per entrare nella storia del Rock. Io non amo le reunion nostalgiche, mi mettono malinconia e a volte un po' di imbarazzo, ma per i Led ammetto che avrei fatto anch'io carte false. Oltretutto la frontline era quella originale (se si esclude l'assenza per ovvie ragioni del defunto John Bonham, degnamente sostituito dal figlio Jason) mentre spesso nelle reunion delle band storiche la formazione risulta rimaneggiata. Visto il successo dell'evento qualcuno comincia già parlare di repliche, ma sarebbe un errore. I Led sono scesi dall'Olimpo del Rock per sfidare il tempo, ed hanno vinto. Altre conferme non sono necessarie.
Allora, so di correre il rischio di ritrovarmi sotto casa orde di camionisti imbufaliti che reclamano la mia pelle per rivestirci i sedili dello Scania, però devo dire che questo sciopero degli autotrasporti mi garba assai. Potesse durare ancora qualche settimana, almeno fin dopo Natale, io ci metterei la firma, sul serio. Ho il pieno di gasolio, frigo e surgelatore son pieni, lo scatolame non mi manca. Se per continuare a godere questa stupenda tregua dallo stress del traffico natalizio devo rinunciare al pesciolino fresco sui banchi del supermarket... ebbene, si fotta il pesciolino.
Oggi il consueto tragitto casa-lavoro-casa ha richiesto 1/4 del tempo normalmente necessario. Ho risparmiato tempo e gasolio, ho abbassato i livelli di stress e i miei polmoni hanno assorbito meno pm10. Cari camionisti, per quanto mi riguarda potete starvene a letto fino alla befana. E tanti auguri pure a voi.
Tra le varie tradizioni legate al Natale nella mia tenera giovinezza, ve n'è una che mi è rimasta assai cara.
Da giovane sbarbatello era infatti consuetudine, durante la santa notte di Natale, girovagare per le fredde vie del triste borgo natio assieme ad altre increedibili creature dell'hinterland, devastando a colpi di petardo le cassette delle lettere dei compaesani.
Una buona dose di incoscienza, unita ad una certa dimestichezza nel maneggiare manufatti esplosivi di fabbricazione cinese, facevano del nostro commando natalizio un autentico flagello per le povere cassette della corrispondenza.
Il nostro modello preferito era quello classico in lamierino zincato con lo sportellino a ribalta superiore e il logo delle poste sul davanti. Il rumore sordo che il magnum produceva sventrando il lamierino dall'interno era un dolce canto natalizio che scaldava i nostri cuori.
Il fragore dello scoppio, l'odore della polvere combusta, i rottami fumiganti sparsi tutt'intorno... da questo quadretto di rara dolcezza si irradiava un senso di pace e serenità che a noi doveva apparire come l'essenza stessa dello spirito del Natale.
Purtroppo, per qualche strano motivo, i legittimi proprietari delle cassette colpite non venivano pervasi dagli stessi sentimenti di bontà, quindi il rituale imponeva una sequenza di gesti rapidi, precisi e ben collaudati, nonchè una buona dose di gambe e fiato per la fuga.
L'esecuzione ottimale chiedeva almeno tre sbarbati: uno teneva aperto lo sportellino con una mano, reggendo nell'altra l'accendino bic già acceso, mentre il compito degli altri era accendere e lasciar cadere all'interno della cassetta, con la massima simultaneità possibile, almeno due magnum a testa.
Serviva un certo affiatamento tra i membri del commando per portare a termine le operazioni in fretta e senza incidenti. Ogni mossa, ogni singolo movimento era collaudato dall'esperienza e supportato dalla fiducia reciproca tra i membri. Un piccolo calo di concentrazione e quello con l'accendino si sarebbe ritrovato le dita bruciate dalla fiammata dell'accensione, oppure uno dei magnum avrebbe mancato il bersaglio vanificando sul selciato il proprio potenziale. Infine conoscevamo, avendolo visto con i nostri stessi occhi, quale casino è in grado di provocare un magnum quando ti scoppia in mano.
Per fortuna tutto è sempre filato liscio, e per anni l'avvento del Bambin Gesù è stato salutato da un concerto di botti e distese di lamiere sventrate.
La tradizione prevedeva infine che l'ultima salva di petardi fosse riservata alla cassetta del signor C.
Era questa una bellissima cassetta per le lettere a forma di baita montana, tutta in legno intagliato a mano, e aveva una sezione del tettuccio incernierata per permettere l'inserimento della corrispondenza (nonchè del nostro annuale carico esplosivo).
La cassetta-casetta del signor C. era più grossa e resistente delle altre, e per quanto elevato fosse il potenziale delle cariche con cui veniva farcita, si limitava a scoperchiarsi e a capicollare dal palo che la reggeva.
L'anno dopo era ancora lì, magari con qualche rimaneggiamento in più ad opera del povero signor C., ma sempre pronta e disponibile per ridonarci, anno dopo anno, la magica atmosfera del Natale.
A ripensarci oggi, sembra quasi di poter rivedere nelle fattezze di quella povera capannetta la sacra figura del luogo della Natività dove noi, novelli re magi, recavamo i doni fiammeggianti della nostra gioventù.
Buon Natale a tutti. Boom.
Dubito che il mio gatto legga questo blog (non lo fanno i miei simili, figuriamoci un gatto) ma, visto fallire ogni tentativo di inculcargli qualsiasi principio di normale convivenza tra un animale e il suo padrone, non mi resta che questo estremo tentativo.
Micio mio, non pretendo che tu divenga improvvisamente simpatico e giocherellone: non lo sei mai stato neanche da cucciolo, inutile sperarci adesso che sei un gattaccio maturo. Nemmeno mi indispone più quel miagolìo lamentoso e incessante che produci quando hai fame, cioè sempre. Quello che veramente vorrei farti capire è che i tuoi omaggi sacrificali sullo zerbino della cucina non sono graditi, non lo sono mai stati e non lo saranno mai. Topolini di campagna, lucertole, uccellini, insetti di ogni foggia e dimensione... cazzo, hai fatto del mio zerbino un altare pagano sul quale offrire le tue vittime a chissà quale divinità felina. Io non voglio le tue sadiche offerte, anche se sono io quello che paga il tuo Kitekat (e quanto ne pago!) non ho bisogno dei tuoi sacrifici rituali. Perchè hai voluto massacrare quel piccione, ieri? E perchè lo vieni a fare proprio sullo zerbino della cucina? Non puoi limitarti a scannare le tue prede sul luogo di cattura come in genere fanno tutti i tuoi simili? Hai una vaga idea di cosa voglia dire mettersi a raccattare piume di piccione in giro per il giardino con 3 gradi sottozero? E poi i tuoi omaggi puzzano, fanno senso, impestano e prima o poi ci infetteranno tutti con qualche morbo sconosciuto. Ti ricordi quella volta che hai lasciato pezzetti di pelliccia sanguinolenta seminati davanti all'ingresso? Non sono mai riuscito a capire a quale animale possano essere appartenuti, ma la puzza! La puzza che emanava da quei poveri, miseri resti mi ribalta ancora le busecche al solo ricordo. E quella volta del povero coniglietto senza testa? Beh, se da quel momento hai notato un cambio di atteggiamento nei tuoi confronti da parte delle piccole di casa, adesso puoi capirne il perchè. Non hai idea delle panzane che ho dovuto inventare per placare la loro disperazione davanti a quella scena straziante. Devo ammettere che in quel frangente sei stato molto astuto a tenerti fuori portata per un po': fossi riuscito a beccarti quel giorno, adesso ci sarebbe il fantasma di un gatto senza testa in giro a cacciare nelle campagne del triste Borgo Natìo.
Io non ti capisco: divori scatolette di Kitekat a ritmo continuo, sei grasso quanto una tigre bulimica, non hai un cazzo da fare tutto il giorno... che bisogno hai di andare in giro a far strage di bestiacce? Capisco la difficoltà a sopprimere l'istinto primordiale della caccia, però almeno evita di appestarmi la casa con i tuoi trofei! Se vuoi dimostrare sottomissione verso i tuoi padroni hai mille altri modi per farlo, ma per favore evita i "regalini" perchè ormai rischi di ottenere l'effetto contrario.
Tra qualche giorno è Natale, tempo di regali: giuro che ti faccio trovare sotto l'albero un bella confezione di Kitekat al pollo&tacchino, il tuo preferito, se in cambio tu prometti di non regalarmi NIENTE almeno fino a Pasqua, sei d'accordo? Ti conviene esserlo...
Di SuperCirio addì 27/12/2007 @ 22:01:15, in bambini, linkato 1190 volte)
La quiete delle feste in famiglia crea la giusta atmosfera per ripescare con dolce malinconia i vecchi ricordi dimenticati nei cassetti, come questo video di quand'ero bambino e amavo esibirmi alle percussioni per la gioia di parenti e amici. Certo, il fatto che il pargolo abbia lineamenti latino americani e parli inglese potrebbe far credere che non sia veramente io.... vabbè, diciamo che se i miei avessero avuto più spazio in garage per tenerci una batteria, questo sarei anche potuto essere io.
p.s. ma cosa gli daranno mai da mangiare a 'sto ragazzino?
Sono ancora qui, vivo e poco vegeto. Non è mica un risultato da niente, coi tempi che corrono. Questo inverno infame sta cercando di piegarmi attaccandomi sulla salute. Lo dicevo a mia moglie l'altro giorno: questo freddaccio ci ucciderà tutti. Lei ha alzato il riscaldamento e ha regolato la temperatura dell'acqua sanitaria elevandola di parecchi gradi. Tra le tante cose che mia moglie ancora non ha capito, c'è anche la differenza tra temperatura dell'acqua sanitaria e quella di riscaldamento, così adesso ogni volta che mi lavo le mani me le spello lessandole sotto un getto di acqua incandescente. Dicono gli esperti che nei primi giorni del nuovo anno potrebbe nevicare anche a bassa quota. So già che non succederà, come non succede ormai da anni, e allora gli esperti si affanneranno a darne la colpa all'effetto serra e al surriscaldamento globale. Dopo settimane di temperature sottozero, le cassandre climatiche torneranno a pronosticare catastrofi non appena la colonnina dei termometri si azzarderà un paio di lineette sopra la media. Fa niente se per settimane si è schiattato a -4 costanti: quello è la normalità. Il mondo va a rotoli solo se fa caldo. Oggi è stato l'ultimo giorno di lavoro dell'anno. Dovrebbe esserci una specie di cerimonia in queste occasioni, come una ricorrenza da festeggiare, un rituale pagano da espletare. In realtà è stata una giornataccia come tutte la altre nel corso dell'anno, se non addirittura peggio. Gli ultimi giorni dell'anno dovrebbero essere di assoluto relax. Si chiude un anno, ragazzi, una serie interminabile di giornate faticose, rotture di coglioni, rogne da gestire, colleghi incazzosi, scioperi degli autoferrotranvieri. In questi giorni ci si dovrebbe raccogliere in meditazione davanti a ciò che resta di un anno di lavoro. Si dovrebbe riflettere su quanto fatto, quanto resta da fare, quando si sarebbe potuto fare mentre non c'è più il tempo di farlo. Invece gli ultimi giorni si concentrano le rotture di coglioni, come se la gente avesse fretta di liberarsi delle rogne rifilandole a chi capita per togliersele dalle mani prima che il nuovo anno li sorprenda con ancora in mano il cerino acceso. Ci sono le chiusure di fine anno, ti dicono. Perchè, dopo la befana non riaprite? Sembra che si possa evitare di trascinarsi nel nuovo anno i propri problemi semplicemente rifilandoli sul gobbo a qualcun altro entro il 31/12. Ci hanno provato in tanti con il sottoscritto in questi giorni. A tutti coloro che mi hanno scaricato un problema, pensando di liberarsene entro fine anno, garantisco che restituirò tutto con gli interessi prima ancora che la befana sia sparita con la sua scopa. E tanti auguri a tutti.