Di seguito tutti i deliri, in ordine cronologico...
Epperò con quante forme si palesano i cambiamenti! Oggi ad esempio ho deciso di sistemare le vecchie foto. Una volta questo significava scrollare la polvere dai vecchi album ingialliti, riesumare dalla soffitta scatole e scatoloni di foto da scartabellare poi, con pazienza e malinconia (warning: innesto poetico), lungo un intero pomeriggio di pioggia. Alla fine il tutto, esclusa la polvere, tornava esattamente da dove era venuto per qualche annetto ancora.
Oggi invece mi sono seduto al pc e ho spostato un po' di immagini tra le varie cartelle, che in questo caso diventano la versione digitale dei vecchi album. Grazie al fido Photoshop ne ho rimaneggiate in quantità per correggerne errori di esposizione e difetti. Alla fine ho archiviato il tutto su dvd. Un solo, semplice cazzutissimo dischetto di platica e alluminio. Ah, il progresso!
Magari mancherà la poesia dei vecchi album da sfogliare, ma vuoi mettere la comodità? E poi senza polvere, eccheccazzo.
Non mi intendo di cinema. Non so una cippa di attori, filmografie dei grandi registi o rassegne internazionali. Per capirsi, vado al cinema con la stessa frequenza con cui vado nello spazio.
Tutto ciò premesso, mi limiterò a dire che Little Miss Sunshine è un gran film.
Uno di quei film che hanno l'aria di essere costati 4 (quattro) soldi, ma che sanno piazzarsi nella testa e lasciare un buon ricordo, piccolo piccolo, ma sufficiente a convincerti che prima o poi lo rivedrai, e sai che sarà ancora un piacere, come può esserlo a volte reincontrare un vecchio compagno di scuola simpatico e zuzzurellone.
La trama è semplice: una famiglia borghese decide di far partecipare la non bellissima figlia di sette anni ad un concorso di bellezza per mini miss. Ne uscirà una picaresca avventura che porterà ognuno degli scalcinati membri a ribaltare il modo di rapportarsi con gli altri appartenenti alla famiglia, oltre che con loro stessi. Un film divertente senza sboccature, profondamente umano pur senza compassioni, crudele e consolatorio allo stesso tempo.
Di solito a questo punto i veri appassionati di cinema saprebbero sciorinare nomi e curricula del regista e degli attori, quali altri film hanno già fatto, se e quanti oscar/palme/leoni/orsi/strakazzi il film ha vinto. Magari butterebbero lì un paio di gustosi aneddoti occorsi durante le riprese, o un pizzico di gossip sugli attori non protagonisti.
A me basta pensare che questo film è uno spaccato di America, o almeno di come io immagino l'America di oggi. E' la storia di una (tipica?) famiglia americana alle prese con i miti del successo, della notorietà a tutti i costi, della ricchezza facile. Una metafora paradossale del Grande Sogno Americano che è alla portata di tutti, esclusi coloro cui il destino ha riservato un programma differente; e nonostante ciò lottano, graffiano e gridano la loro grottesca umanità dentro una vita che sentono non essere quella giusta, per affermare infine ciò che in fondo hanno sempre sospettato: a questo mondo non sempre si vince. Un film da vedere e rivedere.
Bellissima anche la soundtrack, soprattutto il brano d'apertura.
C'è qualcosa che mi sfugge nell'interpretazionme della situazione climatica da parte dei media nostrani: qualche settimana fa, quando le temperature massime viaggiavano circa 4/5 gradi sopra la media, le cassandre ambientali scatenavano i loro cupi presagi circa l'imminente desertificazione dell'intero pianeta. Non usciva quotidiano senza una notizia di sciagure e cataclismi imminenti in prima pagina. Titoli da Apocalisse: mai così caldo da 50 anni! No, saranno almeno 80 anni... vabbè, facciamo un secolo che stiamo più sicuri... E' giù tutti a profetizzare scenari da catastro-kolossal hollywoodiano.
Oggi, dopo giorni e giorni con temperature di 4/5 gradi SOTTO la media, nessuno dice più un cazzo. Adesso va tutto bene, tutto è regolare. Anche ritrovarsi la mattina del 29 marzo in mezzo alla nebbia con 4°C di temperatura.
Da amante del caldo e dell'afa (si, mi piace l'afa, ADORO l'afa!) mi ribello e denuncio questa evidente discriminazione climatica da parte dei media.
Forse dovrei guardare film americani con attori semisconosciuti
forse dovrei mangiare pesce crudo in certi ristoranti del centro
forse dovrei ascoltare musica new age di gruppi etno-pop
forse dovrei far parte di una ONG che soccorre i profughi del Darfur
forse dovrei impormi una calligrafia più leggibile
forse dovrei avere 1500 voci nella rubrica nel mio cellulare
forse dovrei vivere nei sobborghi di Seattle
forse dovrei avere un lavoro autonomo
forse dovrei avere orari assurdi
forse dovrei imparare a fischiare con le dita
forse dovrei avere un'amante di Ferrara
forse dovrei fare una radiografia ai seni paranasali
forse dovrei aver letto l'intera bibliografia di Kant
forse dovrei comprare una chitarra elettrica e imparare a suonarla
forse dovrei frequentare gente che fa politica e crede in Dio
forse dovrei possedere un paio di scarpe blu
forse dovrei telefonare a due persone che non sento da anni
forse dovrei scrivere poesie che parlano di notti sul mare
forse dovrei provare a laurearmi in legge
forse dovrei scrivere una mail a mio cugino
forse dovrei riprendere a suonare la batteria
forse dovrei comprare delle riviste di fotografia
forse dovrei giocare a bridge, se solo ne fossi capace
forse dovrei correre 12,7 Km ogni sera
forse dovrei convincermi che le barbabietole sono buone
forse dovrei scappare in Nicaragua e vivere di espedienti
forse dovrei studiare la programmazione a oggetti
forse dovrei tatuarmi un tribale sulla caviglia destra
forse dovrei ricordare a memoria il peso atomico dell'Antimonio
forse dovrei cambiare le pastiglie dei freni
forse dovrei vedere il sole tramontare dietro il monte Paektusan
forse dovrei piangere ascoltando brani dei Russian Circles
forse
Molti forse conoscono già Pandora, una Internet Radio che a dispetto del nome inquietante si sta rivelando una vera cuccagna per musicofili.
Basata sul Music Genome Project, Pandora è fondamentalmente una web radio che permette l'ascolto in streaming di brani musicali selezionabili mediante ricerca per artista o titolo. Automaticamente il sistema compila una selezione di brani le cui caratteristiche richiamano per sound e stile l'artista o il brano ricercato.
E fin qui, tutto sommato, niente di nuovo: anche altri servizi quali Yahoo Radio, Live365 o Last.fm sono basati più o meno su questo principio del "similar artist or soundlike". Scelgo un artista e il sistema me ne sciorina una sfilza teoricamente simili. Purtroppo questo meccanismo ha una criticità intrinseca legata ai metodi di classificazione dei vari artisti, vincolato spesso alle rigide compartimentazioni (tanto care ai discografici e ancor più ai critici) per genere musicale; inoltre questi servizi spesso delegano all'utente l'onere della catalogazione in base a discutibili principi transitivi: se X utenti ascoltano brani sia di Tizio che di Caio, significa che Tizio e Caio sono artisti simili. Il metodo funziona, ma i limiti sono intuibili.
Pandora invece ha un approccio sì basato sui generi, ma integra una profondità analitica assoluta e ineguagliata. Ogni brano viene analizzato e catalogato in base all'artista ed al genere musicale cui appartiene, ma non solo: per la tassonomia di ogni singolo pezzo vengono presi in considerazione oltre 400 parametri quali la melodia, il ritmo, l'armonia, gli strumenti musicali presenti, la durata dei brani, le parole dei testi, le sfumature nella voce del cantante, e via dicendo. In pratica vengono mappati i 'geni' di ogni brano musicale.
E' possibile definire fino a cento artisti preferiti e per ognuno Pandora si occuperà di stilare e proporre all'ascolto una compilation di brani "geneticamente simili". Una vera pacchia.
Non ho provato con la ricerca di autori italiani, ma tutto sommato neanche mi frega di provarci.
n.b. post da leggere stringendosi delicatamente i gioielli con una mano
Nell'era dell'informazione va da sè che alcuni dati sulla tua persona, nome e cognome in primis, possano ritrovarsi un pò dappertutto. Database anagrafici, software bancari, schedari digitali di società, enti, imprese... Nel corso di un a normale esistenza i nostri nomi circolano su decine, o forse centinaia di sistemi informativi differenti. Quando però ti ritrovi registrato su un software gestionale come questo, puoi essere certo che è per l'ultima volta...
C'era F. che era amico mio e di E. e stava nella classe di fianco alla nostra (io e E. eravamo compagni).
Erano i primi anni delle superiori e il vecchio F. era un bravo ragazzo, sicuramente molto più di E. e del sottoscritto; e poi gli piaceva studiare, cosa che io ed E. invece facevamo a tempo perso.
Durante l'intervallo ci ritrovavamo tutti insieme in corridoio per fumarci una sigaretta.
F. fumava la mia stessa marca di sigarette, le Lucky Strike, e spesso ce le scroccavamo a vicenda. Poi passò alle Camel, quelle col pacchetto giallo vecchio stile, ma il rito di scroccarcene qualcuna ogni tanto continuò lo stesso. Oltre alla passione per il tabacco tostato avevamo in comune quella per la musica, ne parlavamo in continuazione. Più che altro io e F., perchè E. era un mezzo fighetto dalla griffe facile e il padre commercialista: la sua anima adolescenziale non fiammeggiava del sacro fuoco della ribellione, e preferiva stordirsi con le cagate pop di quegli anni sterili.
F. e io invece convergevamo, anche se certe sue derive metal a volte lo spingevano su nebulose distanti anni luce, salvo poi vederlo tornare dopo tempi indefiniti, magari a cavallo di un qualunque Guccini prima maniera. Era fatto così. Eravamo fatti così.
Gli anni della scuola volarono e noi tre anime agitate ci disperdemmo. Non passò molto tempo e un pomeriggio incontrai F. in metropolitana. Io tornavo da una delle prime lezioni della mia breve carriera universitaria mentre lui, militare di leva, rientrava dal servizio presso non so quale caserma milanese. Mi sembrò tranquillo, aveva ottenuto l'avvicinamento e gli era consentito dormire a casa invece che in caserma. E poi non gli mancava molto al congedo, era questione di pochi mesi ormai. Mi descrisse un paio di progetti di lavoro che voleva mettere in pratica una volta rientrato nei ranghi civili. Mi parlò anche di E., con il quale aveva mantenuto i contatti.
Me lo ricordo tranquillo. Non so dire se fosse felice, né ho la pretesa di saper valutare se e quanto il mio prossimo sia felice, però posso dire che F., in quell'occasione, mi parve sereno. Tranquillo, rilassato e sereno.
Per questo all'inizio mi fu difficile credere alle parole di A., quando una domenica mattina di qualche mese dopo mi chiamò per dirmi che avevano trovato la Ford di F. col motore acceso, un tubo da irrigazione che collegava la marmitta al finestrino, e il cadavere di F. seduto al posto di guida.
Qualcuno mi disse che gli avevano trovato stretto tra le dita un foglietto con scritto un nome da donna; qualcun'altro azzardò che la ragazza in questione avesse anche presenziato alle esequie, tenendosi silenziosamente in disparte.
Io ricordo soltanto che F. amava come me i Pink Floyd e il tabacco tostato, e che il giorno del suo funerale splendeva il sole, come oggi.
La vita è come il Campo Minato di Windows: a volte ti impone di fare una scelta, ma per quanti sforzi tu faccia perchè sia la migliore, becchi sempre e comunque la mina...
"Allora senti, facciamo così" mi dice la dott.ssa Mele (in nomen omen, mai cognome fu più azzeccato) mettendo mano al blocco delle prescrizioni "fai 'sti esamini del sangue e vediamo tra le altre cose com'è messo il colesterolo, che se è altino poi vediamo un pò cosa fare... al limite un pò di dieta..."
"ALT!" la interrompo "dottoressa, abbia pazienza, ma io sono tre anni che sto a dieta. TRE ANNI. Se salta fuori che c'ho il colesterolo alto mi da le pastiglie, perchè io più a dieta di così non so cosa caz..."
"vabbé vabbé" taglia lei "aspetta che prima vediamo come vanno 'sti esami, no? Dai, ci risentiamo poi quando hai gli esiti e vediamo, ok?"
"Ok..."
colesterolo totale: 225 mg/dl - valore riferimento: max 200 mg/dl
Porca di quella troia.
Tre anni di verdure e riso in bianco per ritrovarmi con il colesterolo di un orco. A questo punto non voglio più sentir ragioni: O PASTIGLIE, O MORTE! (in tutti i sensi, temo...)
Seppur funestato da croniche ristrettezze economiche e carenza di tempo libero, ho scelto di programmare l’acquisto di due prodotti editoriali di imminente pubblicazione:
- collettivo Wu Ming - MANITUANA
il (credo) sesto parto letterario del collettivo statunitense Wu Ming, quelli di Q e 54. E’ una storia di viaggi e grandi spazi, guerra e amicizia, nell’America della Rivoluzione. Più che un romanzo, una autentica epopea.
- Enrico Brizzi – IL PELLEGRINO DALLE BRACCIA DI INCHIOSTRO
Torna per la mitica collana Strade Blu di Mondadori uno dei miei AAA: Autori ad Acquisto Automatico. Brizzi appartiene infatti - assieme a S. Benni, D. Sedaris, R. Fortunato e altri ancora- a quel manipolo di autori per i quali non mi è necessario documentarmi o discernere critiche ufficiali per decidere l’acquisto di un'opera: basta che appaia in libreria ed è immediatamente in mio possesso. Da quanto leggo sul suo blog, in questa ultima fatica il vecchio B. ci racconta un’altra storia ‘on the road’, come già aveva fatto con perizia e dedizione nel precedente “Nessuno Lo Saprà”. Uscita in libreria prevista per la fine di aprile: I’m waiting for.
La mia dipendenza dalla liquirizia comincia esattamente nel novembre del 2001 in coincidenza con la fine della schiavitù dal tabacco. Dopo un primo, brevissimo periodo di attaccamento alla cicche alla nicotina Nicorette -quelle che ti aiutano a troncare con le sigarette e intanto ti spaccano in due lo stomaco- ho amplificato la mia istintiva e insana passione per il succo della dolce radice, fino a diventarne dipendente tanto quanto lo ero dalle sigarette.
Chissà perchè, ma quando un fumatore decide di smettere la prima cosa che fa è buttarsi sulla liquirizia. Forse per il suo sapore amarognolo? O perchè ha lo stesso colore della nicotina? Oppure, come ho letto non so dove, contiene delle sostanze in grado di attenuare i sintomi dell'astinenza da tabacco? Io non lo credo. Anzi, mangiare liquirizia mi faceva venire voglia di fumare e l'unica possibilità per non cedere era mangiarne sempre più. Ormai sono più di 5 anni che non tocco una sigaretta, in compenso ho divorato tonnellate di liquirizia e suoi derivati.
Un consiglio a chi vorrebbe uscire dal tunnel del tabacco per entrare in quello della Glycyrrhiza glabra è di evitare le radici, il classico bastoncino da succhiare: oltre a devastare i denti (i nostri incisivi, a differenza di quelli dei roditori, non crescono a ritmo continuo anche in età adulta), induce il povero ex drogato a tenere il mistico legnetto tra indice e medio, come si fa in genere con la sigaretta, offrendo occasione di scherno a chi sta intorno ("hai smesso di fumare?" "si, si capisce?" "no, niente...").
Le mie preferite sono le Saila Extra Forte, quelle in confezione nera con scritte oro. Ne divoro in quantità industriale, soprattutto dopo pranzo quando l'effetto digestivo riconosciuto alla magica radice si fa apprezzare di più. Il problema è che una scatoletta di Saila in centro a Milano costa poco meno di un pacchetto di MS... Però mi dicono che ci guadagno in salute. Speriamo bene, eccheccazzo.
il gioco
Negli anni della mia sbarbataggine era consuetudine scialacquare interi pomeriggi giocando a pallastrada in compagnia di altri incredibili creature dell'hinterland milanese.
la pallastrada, come sa chiunque abbia mai approcciato le opere di Stefano Benni, altro non è che il gioco del pallone praticato però rigorosamente su asfalto.
Il Cinaz, Clo, Peter, Campodine e il sottoscritto costituivano il nucleo fisso di giocatori, cui si affiancavano di volta in volta partecipanti estemporanei in numero variabile.
il campo da gioco
Il nostro campo si trovava in via delle Margherite, la strada dove abitavano praticamente tutti i pallastradisti fissi -me escluso.
Le porte erano i cancelli di casa Cinaz e Campodine, che nella via si fronteggiavano seppur con uno sfasamento di vari metri. Questo conferiva alle geometrie del nostro campo, già parecchio variabili per i cazzi loro, una curiosa conformazione a losanga che consentiva di sfruttare una maggiore superficie di gioco. A complicare ulteriormente la definizione dei confini c'era poi la variabile delle auto parcheggiate. Tra queste, due costituivano ostacolo fisso: l'Insalatiera e l'Incrociatore, entrambe di proprietà della fam. Cinaz. La prima era una vecchia Ford Fiesta primo modello dall'improbabile colore verde cicoria, da cui appunto il nome di Insalatiera. Una volta stavamo giocando con un pallone molto scuro, praticamente nero, e ad un certo punto un tiro sbilenco lo piazzò tra cofano e parabrezza dell'insalatiera. Da quel giorno divenne Insalata con Olive. L'altro ostacolo ai nostri dribbling era invece una mastodontica Ford Taunus color azzurro, pesante alcune tonnellate e così granitica da essersi meritata il soprannome di Incrociatore. Si narrava che nel corso di una scellerata manovra in retromarcia la sorella del Cinaz avesse raso al suolo un muro di cinta con relativa recinzione metallica sovrastante, senza che i paraurti di poppa riportassero il minimo graffio o intaccatura. Per quanto violente fossero le pallonate che colpivano le sue lamiere blindate, l'Incrociatore restituiva fiero sempre lo stesso cupo rimbombo di metallo corazzato.
i palloni
I palloni avevano fogge, dimensioni e colori sempre differenti. Palloni da spiaggia, camere d'aria di ex palloni sventrati, leggerissimi Tango... ognuno aveva le proprie caratteristiche che lo rendevano unico e determinavano esiti diversi delle partite, a parità di giocatori e condizioni di gioco. Ad esempio la camera d'aria, con i suoi rimbalzi molli e imprevedibili, agevolava il gioco veloce di Campodine e Clo, mentre il vecchio pallone da basket semisgonfio era adatto alle "puntate" di potenza in cui eccellevamo io e Peter.
Erano tutti palloni gagliardi e ben rodati, avvezzi alle ruvide asperità di via delle Margherite. L'unico rischio per loro era il giardino di terenzio, con i suoi enormi cespugli di rose carnivore che non lasciavano scampo; o la lucida follia di Emma-Emmaaa, la cui unica possibilità di riscatto da un'esistenza miserabile era sventrare a forbiciate i palloni che spiovevano nel suo giardino incolto.
le regole
Come tutto il resto, anche le regole del gioco erano variabili e soggette a libera interpretazione da parte dei giocatori. L'unica regola condivisa prevedeva che all'arrivo di un'auto il primo ad accorgersene gridasse "macchinaaaaa" mentre il più vicino alla palla la raccoglieva e, passata la vettura, approfittava del momentaneo disordine negli schieramenti per spararla direttamente verso la rete-cancello avversaria. Non esisteva ovviamente fallo laterale, neppure il fallo in senso stretto. Il fallo da dietro era considerato una raffinatissima tecnica da alta scuola. I contatti con l'asfalto erano in genere fatali, soprattutto per ginocchia e gomiti dove croste e cicatrici si sovrapponevano l'una sulle altre, partita dopo partita. Il più conciato era sempre Campodine, che si ostinava a cascare in area simulando il fallo nonostante il regolamento non prevedesse nè fallo nè calci di rigore, e tanto meno l'esistenza di un'area. Ogni giocatore aveva facoltà di abbandonare a cazzo la partita ogni qualvolta ne sentiva la necessità, e allo stesso modo rientrava quando più gli faceva comodo. Anche i partecipanti occasionali avevano la possibilità di unirsi al gioco in qualsiasi momento, schierandosi con la squadra che a sensazione garantiva loro le maggiori possibilità di vittoria. Anche per questo, a volte, si creavano situazioni di assoluto squilibrio numerico che trascendevano poi nel pandemonio del tutti-contro-tutti.
Non erano previsti tempi di gioco. La partita finiva quando ci si rompeva il cazzo di giocare, o finchè c'era luce. Nei mesi estivi gli incontri potevano svolgersi anche in notturna, avendo l'unica accortezza di mantenersi nel cono di luce dei lampioni (anche se una delle tattiche consisteva nel portare palla fino alle zone più buie e disorientare così i difensori avversari).
Spesso le partite terminavano senza che fosse ben chiaro il vincitore.
L'unica vera certezza, nel gioco della pallastrada, è che ci si divertiva. E pure tanto, eccheccazzo.
pallastrada is dead...
Al giorno d'oggi i pallastradisti sono invece diventati una rarità. La fighetteria moderna impone che ogni partitella tra amici, anche la più spontanea e improvvisata, debba svolgersi nell'asetticità dei campi privati, magari in erba sintetica e completi di spogliatoi, docce e illuminazione. Questi comfort non si adattano al culto del pallastradismo, una religione fatta di dolore e polvere, odore di benzina e macchie d'olio bruciato, scarpe TEPA e acqua bevuta dal tubo in giardino...
Che volete saperne voi, giovani generazioni saccenti e viziate, degli infiniti misteri celati nell'asfalto?
Dunque, ho una macchinetta fotografica digitale, di quelle economico-compatte-facilidausare. Dentro c'è una scheda di memoria SD da 512 Mb. il tutto mi scivola dalla tasca del giubbotto e sbatte sulle piastrelle del soggiorno.
La macchinetta continua a funzionare, e la scheda pure; a patto però di non metterle mai più insieme.
La digitale si rifiuta di "vedere" la scheda SD, ma solo QUELLA scheda. Con altre schede dello stesso tipo non crea alcun problema, mentre la 'sua' vecchia SD la ignora come se non esistesse. Quest'ultima, dal canto suo, funziona egregiamente con qualsiasi dispositivo compatibile, esclusa la macchinetta.
Ho causato la prima separazione consensuale tra dispositivi elettronici della storia.
Vorrei far presente a tutti gli stronzi aspiranti suicidi che meditano di buttarsi sotto un treno della metro linea 1(rossa) che i treni circolano fino a tarda notte, quindi potrebbero tranquillamente evitare di rompere i coglioni alla mattina nell'ora di punta. Se proprio non possono immolarsi in orari diversi che scelgano almeno un'altra linea, magari un capolinea così la circolazione sulla tratta non ne risente.
Come ultima ratio potrei ucciderli io: con il nervoso che ho addosso, dopo oltre due ore di travaglio per arrivare al lavoro, garantisco lo stesso risultato e tipo di lesioni.
scusate lo sfogo, ma 'sto vizio di bloccare la metro sta diventando una cazzo di moda!
consorte: oh, non mi fai gli auguri?
SuperCirio: e de che?
c: oggi è la festa della donna.
SC: oh beh, se è per quello io alle donne tutti i giorni farei la festa...
c: mi prendi la mimosa?
SC: prendila te, che poi ti do i soldi
c: ma come sei!
SC: suka. Vado, ciao.
Di una cosa posso essere assolutamente certo: sarei un ottimo ricco.
A volte la gente, soprattutto quella ricca, non è in grado di godere appieno la gioia del proprio benessere. prendete ad esempio quella cretina della Britney Spears: neanche 10 anni fa era una ragazzina molto fortunata che passeggiava coi tacchi a spillo sulla faccia del mondo. Oggi è una patetica ex starlett tossica con tendenze suicide. Non è stata capace, non ha saputo gestire se stessa né il destino che il Padreterno le aveva riservato. Ci vuol fisico per quel genere di cose ed io, pur senza nessuna esperienza in tema di fama e ricchezze, sento di averlo.
Forse i soldi non danno la felicità, però danno la possibilità di cercarla nei posti in cui è più facile trovarla. Nonostante ciò, molta gente cui il destino riserva questa possibilità, si ostinano nel non saperla sfruttare. In quanti modi invece io ci riuscirei, se solo me ne fosse data l'opportunità!
Qualcuno dice che alla ricchezza devi esserci abituato, altrimenti avere troppi soldi può diventare un problema; e ti citano i tanti casi di povera gente alla quale la fortuna ha improvvisamente mostrato il bel volto e di come costoro, dopo l'iniziale gioia per l'imprevisto benessere, siano poi crollati sotto il peso delle conseguenze e dei cambiamenti che un simile inaspettato destino impone all'esistenza.
Dal canto mio, credo che saprei assorbire egregiamente l'impatto. Ho una lista chilometrica di cose che comprerei subito. Va dalla A di amplificatore Bang&Olufsen fino alla Z di Zuccotto in lana d'angora. E tutto senza ostentare la sboroneria classica dell'arricchito parvenue; anzi, ogni mia condotta sarebbe scevra da manifestazioni sfrontate di prosperità burina cui ci hanno invece abituato certi palazzinari romani trafficoni dei quali ultimamente si è molto occupata la cronaca, soprattutto quella giudiziaria.
Nossignore, io sarei un ottimo ricco, garbato e signorile. E' un peccato che a causa di una cronica scarsità di mezzi queste mie doti innate debbano rimanere inespresse.
Listen. You listen to me. You see that city over there? THAT'S where I'm supposed to be. Not down here with the dogs, and the garbage, and the fucking last month's newspapers blowing back and forth! I've had it with them, I've had it with you, I've had it with ALL THIS! I want ROOM SERVICE! I want the club sandwich, I want the cold Mexican beer, I want a $10,000-a-night hooker! I want my shirts laundered... like they do... at the Imperial Hotel... in Tokyo...
Keanu Reeves nel film "Johnny Mnemonic" (1995)
Sono ufficialmente entrato in quel particolare periodo dell'anno in cui la mia stabilità matrimoniale viene regolarmente messa a dura prova: è il momento di decidere dove passare le prossime vacanze.
E' un tema, quello delle ferie, che io e mia moglie affrontiamo partendo da posizioni contrapposte. Lei è per la linea del 'dopo un anno di lavoro, è giusto godersi meritate ferie'; io invece sostengo che 'dopo un anno di lavoro, è da stronzi girare quel poco che si è messo da parte nelle tasche di albergatori e affittuari (categorie per le quali, com'è noto, l'anno lavorativo è assai più breve del mio).
Di conseguenza anche quest'anno, come tutti gli anni all'approssimarsi della primavera, cominciano ad intensificarsi le prime schermaglie sull'argomento. Diverranno poi guerra aperta subito dopo Pasqua.
La festa della Resurrezione in genere fa da detonatore a tutte le tensioni accumulate tra il sottoscritto e la propria consorte sul tema villeggiatura. C'è un motivo: fino a qualche anno fa eravamo soliti passare fuori il weekend pasquale attaccandoci un paio di giorni di ferie finchè una volta -dev'essere stato circa cinque, sei anni fa- il viaggio di andata fu allietato da una coda per traffico intenso che ci bloccò sulla MI-BO all'altezza di Modena per quasi sei ore.
In quell'occasione giurai sull'onore di tutti i miei antenati nonché dei figli che ancora non avevo che nessuna forza al mondo mi avrebbe mai più messo in viaggio nel weekend di Pasqua.
E' così è stato, anche se l'irrevocabilità di questa decisione fornisce a mia moglie ulteriori spunti ricattatori nei miei confronti per quanto riguarda le ferie estive. "non siamo neanche andati via a Pasqua!" chiosa con aria infelice quando cerco di oppormi ai suoi folli progetti vacanzieri.
Il 2007 però ha già visto una vittoria a mio favore: il pericolo Sardegna è scampato. Sono almeno tre anni che la moglie mi perseguita con la minaccia di un costosissimo soggiorno sull'isola di berlusconia. Fortunatamente, il prezzo esorbitante dei passaggi traghetto l'ha convinta a soprassedere ancora per quest'anno. Adesso sotto tiro c'è la Toscana, probabilmente l'Argentario. Staremo a vedere.
Siamo solo alle prime battute di quello che si annuncia essere un conflitto lungo e logorante.
Attimi di autentico panico ieri dopo che il mio player mp3, connesso per la prima volta al pc da che ho installato il famigerato Windows Vista, ha smesso improvvisamente di funzionare.
Semplicemente, una volta sconnesso dal pc non ne ha più voluto sapere di accendersi, nonostante la batteria fosse a carica completa. Orrore.
Per un'intera notte ho vissuto la terribile sensazione di averlo perso per sempre. Mi è tornato alla mente un articolo letto tempo fa su qualche quotidiano riguardo le crisi da perdita dell'ipod. Pare infatti che per i più accaniti fans del player di casa Apple, la sola idea di smarrirlo - con l'intera collection di file musicali - sia un vero incubo.
Per quanto mi riguarda le sensazioni sono state le stesse, nonostante il mio player sia di fascia proletaria rispetto al costosissimo Ipod.
C'erano comunque in ballo il destino di 20 Gb di file musicali, mica pizza e fichi. Tutta roba di primissima scelta.
Fatto sta che stamattina appena arrivato in ufficio l'ho subito riattaccato al pc nella speranza di potergli in qualche modo infondere una scintilla vitale. In effetti così è stato, anche se i primi segnali sono stati tutt'altro ceh confortanti.
Prima si è "freezzato" sulla schermata iniziale per alcuni minuti, dopodichè è partita una inquitetante 'Library Re-Building' con tanto di barra di progresso che si è poi bloccata al 30% per oltre 40 minuti.
Batticuore e sbigottimento; immediata, frenetica ricerca di una possibile scappatoia sui forum di mezzo mondo, mentre una consapevole angoscia di averlo perso prendeva il sopravvento.
Poche le notizie trovate in rete riguardo il problema, e tutte sconfortanti: un tedesco che insultava la casa costruttrice, una paio di italiani che postavano sul forum il resoconto del loro dramma, un altro che suggeriva come unica, possibile soluzione il rivolgersi ai centri di assistenza. Seeee, ai centri di assistenza...e come glielo spiego che il mio amato gioiello arriva da eBay, senza fattura né scontrino nè altro?
All'improvviso un'illuminazione: una specie di deux ex machina uscito da un oscuro forum in lingue inglese suggeriva di fare così e cosà, e poi togliere la batteria e rimetterla schiacciando quel tasto lì e poi quell'altro là. Magia, sorpresa e gioia infinita: il maestoso display tornava a illuminarsi, la famigerata 'Library Re-Building' dipanava senza intoppi fino al 100% la sua barra di progresso, finchè l'intera collection musicale si è palesata, completa e in perfetto ordine, illuminando i miei occhi ormai lucidi di commozione.
Se non è un miracolo questo...
L'evento musicale dell'anno, almeno per quanto riguarda il sottoscritto, si è compiuto: è uscito il nuovo disco dei Modest Mouse dal titolo (chilometrico, come da tradizione dei MM) We Were Dead Before The Ship Even Sank.
Da quanto ho letto finora nelle web-zine del giro giusto, il nuovo lavoro di Brooks e soci non delude le aspettative dei fans, anche dei più esigenti. Come me, ad esempio.
Inutile dire quanto sto già brigando per procurarmi codesta ambita perla dell'universo indie.
Tempo fa ho letto da qualche parte che le autorità cinesi hanno lanciato un allarme per denunciare l'allarmante crescita nel paese del cosidetto "deficit femminile". Un eufemismo tecnico per dire che ormai da decenni, in Cina, nascono molti più maschi che femmine, in una percentuale che si attesta intorno ai 130 uomini ogni 100 donne. In Italia, e in Europa in generale, le proporzioni sono invertite e parlano di circa 107 donne ogni 100 uomini.
Ci sarebbe di che riderne, non fosse per il fatto che la scarsa natalità femminile in Cina è la diretta conseguenza di un controllo demografico esasperato e oppressivo. Potendo concepire per legge un solo figlio, le coppie puntavano (e puntano tutt'ora) ad avere un maschietto. Il resto è storia di infanticidi, abbandoni e aborti selettivi. E su questo c'è proprio poco da ridere.
Paradossalmente, il governo inese lancia allarmi su un problema che lui stesso ha contribuito in primis a generare. E oggi vorrebbe correre ai ripari, anche se non mi è ancora ben chiaro come.
Tra 10 anni i maschi cinesi saranno numericamente un terzo in più rispetto alle loro concittadine. In Europa invece avremo una 'eccedenza' femminile intorno al 15-17%. Io ho due figlie e una strana, brutta sensazione...
Dovrò ricordarmi di oliare il fucile.
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