Di seguito tutti i deliri, in ordine cronologico...
Certo certo, questo nuovo blog come interfaccia non è il massimo, me ne rendo conto. E anche i colori, così neutri e impersonali, con questo sfondo pagina grigio...
Calma, eccheccazzo! L'ho appena messo in piedi, mi sia concesso tempo e pazienza. E' come entrare in una casa nuova, quando ti trovi intorno solo pareti vuote e bianche d'intonaco, e l'odore di cemento fresco ancora nell'aria: fai fatica a pensarla come 'casa tua'. La mia sensazione qui è bene o male la stessa. La cosa più strana nel rilascio di questa nuova blog platform è stata l'assoluta assenza di difficoltà. nessun errore lato server, niente conflitti sull'architettura, niente insulti al provider... tutto liscio. Certo non stiamo parlando di una killer application di gran complessità, ma chiunque abbia mai avuto a che fare con il servizio hosting di Aruba sa che un semplice settaggio sui permessi di una cartella può diventare un calvario.
La nuova versione del mio inutile blog nasce sotto ottimi auspici. Offro da bere.
Bill Gates muore. Arriva all’inferno e viene accolto da un diavolo in frack, fatto salire su una Cadillac extra lusso con piscina e portato a fare un giro. Ovunque ville faraoniche con feste, baccanali, orge, donne bellissime nude. Dopo alcuni chilometri, si intravede in lontananza un cancello. Si apre senza cigolii e dietro c’è un immenso portone. Bill viene invitato a scendere ed il portone si apre. Dietro c’e’ un caldo infernale, fiamme, urla strazianti, diavoli con forconi che infilzano continuamente i poveracci. Non potendo credere ai suoi occhi, Mr.Gates chiede al diavolo: -Ma come?!? E tutto quello che abbiamo visto prima? Il diavolo lo guarda con occhi gentili e ribatte: Ah, quella… era la versione DEMO…
Non so perchè, ma aver letto questa barzelletta tre giorni dopo aver installato quella MERDA di Windows VISTA sul mio pc mi ha fatto bene allo spirito...
Che prima o poi l'attuale compagine di maggioranza avrebbe dovuto fare i conti con i propri numeri risicati, lo sapevano anche i sassi.
Le vicende politiche di ieri non hanno sorpreso nessuno. E' da aprile che si sente ripetere la litania: 'questo è un governo debole', 'la maggioranza non è tale in Senato', l'esecutivo non può reggersi sui senatori a vita'. Ovvio che prima o poi l'oste si sarebbe presentato con il conto in mano, e così è avvenuto.
Neanche 24 ore dopo le dimissioni del premier il mondo politico è ancora lì a guardarsi in faccia, sbigottiti da una parte, festosi (quasi per circostanza) da quell'altra.
Quello che stupisce sono le modalità con cui si è articolato il tonfo: due senatori appartenenti alle frange dei radicali comunisti all'interno della coalizione hanno scelto, in barba agli interessi di partito e della coalizione stessa, di astenersi sul voto alla mozione di d'Alema sulla politica estera. Una scelta "di coscienza", hanno affermato. Quale coscienza potrà mai esserci nel danneggiare gli interessi della propria maggioranza, consegnando sostanzialmente il Paese al caos di una crisi di governo, quei due pasdaran del pacifismo senza se e senza ma (nonché senza cervello) ce lo dovranno spiegare, prima o poi.
Uno dei due, tale Rossi da Ferrara (ex prc, cacciato poco tempo fa dal partito e neo formatario di una nuova entità politica, le "officine comuniste") ieri sera se ne stava seduto mogio mogio negli studi di ballarò. In silenzio per quasi tutta la serata, è stato più volte inquadrato con l'espressione distrutta e un pò smarrita di chi ha realizzato di aver pisciato fuori dalla tazza.
Del resto lui stesso, in un'improvvisa fiammata di lucidità, ha riconosciuto di aver sbagliato il conteggio dei votanti, con l'unico risultato di averci pure fatto la figura del cretino. "Se avessi saputo che con il mio voto avrei causato la caduta del governo, avrei votato diversamente". Ecco, un cretino proprio. E per giunta incoerente.
Ma il problema non è neanche l'incapacità di calcolo del senatore Rossi, un povero dilettante della politica ritrovatosi in nome dei propri anacronistici ideali a recitare la parte del traditore della causa. Lui ha solo fatto da detonatore allo scoppio di una crisi che - lo ripeto- sapevamo tutti essere inevitabile.
La vera questione è stata la debolezza di questo governo uscito a pezzi (seppur vincente) dalle urne dell'aprile scorso, rimasto per 281 giorni vittima dei ricatti dei pasdaran del radicalismo ex comunista, elementi incapaci di superare i loro stessi anacronismi ideologici in nome di una visione più ampia e riformista della realtà italiana.
Questo governo è stato vittima di un autentico paradosso politico: senza la sinistra estrema non avrebbe potuto governare, ma grazie alla sinitra estrema non governa più.
Detto questo, preso atto della situazione e delle sue cause, è ancora comunque difficile al momento prevedere gli sviluppi a breve termine.
Il pallino l'ha in mano Napolitano, vediamo come intende giocarlo. Leggevo che ha sei alternative disponibili, dalla riconferma di Prodi fino alle elezioni anticipate. Soluzione quest'ultima che ovviamente la CDL, con il suo leader-nanetto in prima fila ad invocare il ritorno alle urne come unica strada possibile.
E in effetti la fregola di Berlusconi di riportarci al voto ci sta tutta: oggi come oggi le possibilità per lui di rientrare a palazzo Chigi sono massime, anche se dal mio punto di vista non è poi così scontato: il fattore Casini rimane una dolorosa incognita...
Quindi è difficile al momento azzardare prospettive a lungo termine. Aspettiamo che l'iter post crisi abbia fatto il suo corso e vediamo quale strada verrà indicata dal Colle. lascio volentieri ogni ipotesi sugli scenari possibili ai Soloni dell'analisi politica. io sono solo un SuperCirio deluso. Se proprio volessi azzardare un pronostico, temo si arriverà alla costituzione di un governo tecnico con il compito amministrativo di portarci a nuove elezioni. Peccato che con l'attuale legge elettorale questo sia il peggiore degli scenari possibili.
Forse Calderoli non aveva tutti i torti quando definiva "una porcata" l'attuale legge elettorale, dimenticando che a concepirla era stata la stesa coalizione di cui faceva parte.
Le storture del maggioritario ci lasciano un'eredità di macerie, ora è il momento di svoltare.
Ormai sono d'accordo tutti, destre e sinistre, Unione e CDL: occorre una riforma elettorale in grado di garantire ai cittadini che dal loro voto uscirà un governo forte e capace di rispondere alle grandi questioni economiche e sociali per le quali il Paese da troppo tempo aspetta una risposta. Una nuova fase politica in cui il cieco fondamentalismo ideologico dei senator Rossi non possa più trovare spazio.
Se veramente chi ha sfiga nel gioco ha fortuna in amore, oggi mi trombo la Bellucci.
Il pokerino di ieri sera è stata una debacle totale, infami gli dei delle carte. E' una regola che ho sempre sostenuto: chi vince troppo all'inizio perde tutto alla fine. Avrei dovuto capirlo subito che centrare un poker e tre scale dopo solo sei mani era un cattivo presagio. E così è stato, bastarde le carte.
Se qualcuno in ascolto fosse così gentile da procurarmi (aggratiz, s'intende) i driver della webcam marca O'Rite mod. mc300, necessari al funzionamento di tale fottutissimo dispositivo in ambiente Windows VISTA, gliene sarei eternamente grato. Poi magari gli regalo pure la webcam, a titolo di risarcimento per gli sbattimenti.
Ora, partiamo dal presupposto (molto presupposto) che il nuovo portale italia.it, fortemente voluto e sbandierato dal nostro ministero per i Beni e le Attività Culturali, sia tutto sommato un sito bello e funzionale. Magari ci vorrà un certo sforzo, ma ce la si può fare. Del resto si sa che i gusti sono gusti, e non si discutono.
Ma il logo... Quello no, cazzo, non me lo fa digerire nessuno! Quel marchio è un insulto alla Patria.
Pare che per l'elaborazione del nuovo simbolo grafico destinato a veicolare l'immagine dell'Italia nel mondo sia stata messa a bando una cifretta intorno ai centomila euro. Un importo pari al mio mutuo per un'immagine di 263x45 pixel; in pratica vent'anni di rate per pagare l'equivalente di 11835 puntini luminosi.
Comunque, visto il risultato, rivoglio indietro i soldi, che trattandosi di denari dei contribuenti escono in parte anche dalle mie tasche.
Senza contare il vero spreco in termini di immagine: un paese che fa del moderno design uno dei suoi prodotti di punta non può essere simboleggiato tramite un simile obbrobrio. Si gioca la credibilità. Eppure è così, o almeno lo è per il ministro Rutelli al quale qualcuno dovrebbe ricordare un paio di semplici regole.
La prima è di semplice grammatica e stabilisce che 'Italia' si scrive con la 'I' maiuscola. Lo insegnano in prima elementare, quando ti spiegano che si scrivono con l'iniziale maiuscola tutti i nomi propri e 'Italia', in quanto tale, non fa eccezione. Anzi.
La seconda regola è di natura stilistica: una parola la si scrive o in corsivo o in stampatello, mischiare entrambi fa schifo e ribrezzo. Solo le geniali menti incaricate dal ministero sono riuscite a farlo, per di più in una parola di sole sei lettere. Un record di cattivo gusto.
Infine una considerazione di pura decenza: quella 't' verde malamente stilizzata, che nelle intenzioni dei creativi dovrebbe rappresentare concettualmente la creatività italiana, in realtà ha una forma fallica imbarazzante. Un grosso cazzone verde, impietosamente puntato verso il basso. Quale messaggio subliminale può trasmettere al potenziale turista che naviga il portale? Qualcosa tipo "vieni in Italia, il paese del cazzo molle!"?
Hai voglia poi a raccontare in giro la storiella del maschio latino...
Luna di strada
spina nel cuore
scheggia di infinito;
nel tuo silenzio ascolto presagi
di dolci sere a venire...
(componimento poetico in metrica sciolta concepito nel tratto autostradale della Mi-Laghi tra la barriera di Arese e l'area di servizio Pavesi di Lainate alle ore 18.21 del 22/02/2007)
Tempo fa ho letto da qualche parte che le autorità cinesi hanno lanciato un allarme per denunciare l'allarmante crescita nel paese del cosidetto "deficit femminile". Un eufemismo tecnico per dire che ormai da decenni, in Cina, nascono molti più maschi che femmine, in una percentuale che si attesta intorno ai 130 uomini ogni 100 donne. In Italia, e in Europa in generale, le proporzioni sono invertite e parlano di circa 107 donne ogni 100 uomini.
Ci sarebbe di che riderne, non fosse per il fatto che la scarsa natalità femminile in Cina è la diretta conseguenza di un controllo demografico esasperato e oppressivo. Potendo concepire per legge un solo figlio, le coppie puntavano (e puntano tutt'ora) ad avere un maschietto. Il resto è storia di infanticidi, abbandoni e aborti selettivi. E su questo c'è proprio poco da ridere.
Paradossalmente, il governo inese lancia allarmi su un problema che lui stesso ha contribuito in primis a generare. E oggi vorrebbe correre ai ripari, anche se non mi è ancora ben chiaro come.
Tra 10 anni i maschi cinesi saranno numericamente un terzo in più rispetto alle loro concittadine. In Europa invece avremo una 'eccedenza' femminile intorno al 15-17%. Io ho due figlie e una strana, brutta sensazione...
Dovrò ricordarmi di oliare il fucile.
L'evento musicale dell'anno, almeno per quanto riguarda il sottoscritto, si è compiuto: è uscito il nuovo disco dei Modest Mouse dal titolo (chilometrico, come da tradizione dei MM) We Were Dead Before The Ship Even Sank.
Da quanto ho letto finora nelle web-zine del giro giusto, il nuovo lavoro di Brooks e soci non delude le aspettative dei fans, anche dei più esigenti. Come me, ad esempio.
Inutile dire quanto sto già brigando per procurarmi codesta ambita perla dell'universo indie.
Attimi di autentico panico ieri dopo che il mio player mp3, connesso per la prima volta al pc da che ho installato il famigerato Windows Vista, ha smesso improvvisamente di funzionare.
Semplicemente, una volta sconnesso dal pc non ne ha più voluto sapere di accendersi, nonostante la batteria fosse a carica completa. Orrore.
Per un'intera notte ho vissuto la terribile sensazione di averlo perso per sempre. Mi è tornato alla mente un articolo letto tempo fa su qualche quotidiano riguardo le crisi da perdita dell'ipod. Pare infatti che per i più accaniti fans del player di casa Apple, la sola idea di smarrirlo - con l'intera collection di file musicali - sia un vero incubo.
Per quanto mi riguarda le sensazioni sono state le stesse, nonostante il mio player sia di fascia proletaria rispetto al costosissimo Ipod.
C'erano comunque in ballo il destino di 20 Gb di file musicali, mica pizza e fichi. Tutta roba di primissima scelta.
Fatto sta che stamattina appena arrivato in ufficio l'ho subito riattaccato al pc nella speranza di potergli in qualche modo infondere una scintilla vitale. In effetti così è stato, anche se i primi segnali sono stati tutt'altro ceh confortanti.
Prima si è "freezzato" sulla schermata iniziale per alcuni minuti, dopodichè è partita una inquitetante 'Library Re-Building' con tanto di barra di progresso che si è poi bloccata al 30% per oltre 40 minuti.
Batticuore e sbigottimento; immediata, frenetica ricerca di una possibile scappatoia sui forum di mezzo mondo, mentre una consapevole angoscia di averlo perso prendeva il sopravvento.
Poche le notizie trovate in rete riguardo il problema, e tutte sconfortanti: un tedesco che insultava la casa costruttrice, una paio di italiani che postavano sul forum il resoconto del loro dramma, un altro che suggeriva come unica, possibile soluzione il rivolgersi ai centri di assistenza. Seeee, ai centri di assistenza...e come glielo spiego che il mio amato gioiello arriva da eBay, senza fattura né scontrino nè altro?
All'improvviso un'illuminazione: una specie di deux ex machina uscito da un oscuro forum in lingue inglese suggeriva di fare così e cosà, e poi togliere la batteria e rimetterla schiacciando quel tasto lì e poi quell'altro là. Magia, sorpresa e gioia infinita: il maestoso display tornava a illuminarsi, la famigerata 'Library Re-Building' dipanava senza intoppi fino al 100% la sua barra di progresso, finchè l'intera collection musicale si è palesata, completa e in perfetto ordine, illuminando i miei occhi ormai lucidi di commozione.
Se non è un miracolo questo...
Sono ufficialmente entrato in quel particolare periodo dell'anno in cui la mia stabilità matrimoniale viene regolarmente messa a dura prova: è il momento di decidere dove passare le prossime vacanze.
E' un tema, quello delle ferie, che io e mia moglie affrontiamo partendo da posizioni contrapposte. Lei è per la linea del 'dopo un anno di lavoro, è giusto godersi meritate ferie'; io invece sostengo che 'dopo un anno di lavoro, è da stronzi girare quel poco che si è messo da parte nelle tasche di albergatori e affittuari (categorie per le quali, com'è noto, l'anno lavorativo è assai più breve del mio).
Di conseguenza anche quest'anno, come tutti gli anni all'approssimarsi della primavera, cominciano ad intensificarsi le prime schermaglie sull'argomento. Diverranno poi guerra aperta subito dopo Pasqua.
La festa della Resurrezione in genere fa da detonatore a tutte le tensioni accumulate tra il sottoscritto e la propria consorte sul tema villeggiatura. C'è un motivo: fino a qualche anno fa eravamo soliti passare fuori il weekend pasquale attaccandoci un paio di giorni di ferie finchè una volta -dev'essere stato circa cinque, sei anni fa- il viaggio di andata fu allietato da una coda per traffico intenso che ci bloccò sulla MI-BO all'altezza di Modena per quasi sei ore.
In quell'occasione giurai sull'onore di tutti i miei antenati nonché dei figli che ancora non avevo che nessuna forza al mondo mi avrebbe mai più messo in viaggio nel weekend di Pasqua.
E' così è stato, anche se l'irrevocabilità di questa decisione fornisce a mia moglie ulteriori spunti ricattatori nei miei confronti per quanto riguarda le ferie estive. "non siamo neanche andati via a Pasqua!" chiosa con aria infelice quando cerco di oppormi ai suoi folli progetti vacanzieri.
Il 2007 però ha già visto una vittoria a mio favore: il pericolo Sardegna è scampato. Sono almeno tre anni che la moglie mi perseguita con la minaccia di un costosissimo soggiorno sull'isola di berlusconia. Fortunatamente, il prezzo esorbitante dei passaggi traghetto l'ha convinta a soprassedere ancora per quest'anno. Adesso sotto tiro c'è la Toscana, probabilmente l'Argentario. Staremo a vedere.
Siamo solo alle prime battute di quello che si annuncia essere un conflitto lungo e logorante.
Di una cosa posso essere assolutamente certo: sarei un ottimo ricco.
A volte la gente, soprattutto quella ricca, non è in grado di godere appieno la gioia del proprio benessere. prendete ad esempio quella cretina della Britney Spears: neanche 10 anni fa era una ragazzina molto fortunata che passeggiava coi tacchi a spillo sulla faccia del mondo. Oggi è una patetica ex starlett tossica con tendenze suicide. Non è stata capace, non ha saputo gestire se stessa né il destino che il Padreterno le aveva riservato. Ci vuol fisico per quel genere di cose ed io, pur senza nessuna esperienza in tema di fama e ricchezze, sento di averlo.
Forse i soldi non danno la felicità, però danno la possibilità di cercarla nei posti in cui è più facile trovarla. Nonostante ciò, molta gente cui il destino riserva questa possibilità, si ostinano nel non saperla sfruttare. In quanti modi invece io ci riuscirei, se solo me ne fosse data l'opportunità!
Qualcuno dice che alla ricchezza devi esserci abituato, altrimenti avere troppi soldi può diventare un problema; e ti citano i tanti casi di povera gente alla quale la fortuna ha improvvisamente mostrato il bel volto e di come costoro, dopo l'iniziale gioia per l'imprevisto benessere, siano poi crollati sotto il peso delle conseguenze e dei cambiamenti che un simile inaspettato destino impone all'esistenza.
Dal canto mio, credo che saprei assorbire egregiamente l'impatto. Ho una lista chilometrica di cose che comprerei subito. Va dalla A di amplificatore Bang&Olufsen fino alla Z di Zuccotto in lana d'angora. E tutto senza ostentare la sboroneria classica dell'arricchito parvenue; anzi, ogni mia condotta sarebbe scevra da manifestazioni sfrontate di prosperità burina cui ci hanno invece abituato certi palazzinari romani trafficoni dei quali ultimamente si è molto occupata la cronaca, soprattutto quella giudiziaria.
Nossignore, io sarei un ottimo ricco, garbato e signorile. E' un peccato che a causa di una cronica scarsità di mezzi queste mie doti innate debbano rimanere inespresse.
Listen. You listen to me. You see that city over there? THAT'S where I'm supposed to be. Not down here with the dogs, and the garbage, and the fucking last month's newspapers blowing back and forth! I've had it with them, I've had it with you, I've had it with ALL THIS! I want ROOM SERVICE! I want the club sandwich, I want the cold Mexican beer, I want a $10,000-a-night hooker! I want my shirts laundered... like they do... at the Imperial Hotel... in Tokyo...
Keanu Reeves nel film "Johnny Mnemonic" (1995)
consorte: oh, non mi fai gli auguri?
SuperCirio: e de che?
c: oggi è la festa della donna.
SC: oh beh, se è per quello io alle donne tutti i giorni farei la festa...
c: mi prendi la mimosa?
SC: prendila te, che poi ti do i soldi
c: ma come sei!
SC: suka. Vado, ciao.
Vorrei far presente a tutti gli stronzi aspiranti suicidi che meditano di buttarsi sotto un treno della metro linea 1(rossa) che i treni circolano fino a tarda notte, quindi potrebbero tranquillamente evitare di rompere i coglioni alla mattina nell'ora di punta. Se proprio non possono immolarsi in orari diversi che scelgano almeno un'altra linea, magari un capolinea così la circolazione sulla tratta non ne risente.
Come ultima ratio potrei ucciderli io: con il nervoso che ho addosso, dopo oltre due ore di travaglio per arrivare al lavoro, garantisco lo stesso risultato e tipo di lesioni.
scusate lo sfogo, ma 'sto vizio di bloccare la metro sta diventando una cazzo di moda!
Dunque, ho una macchinetta fotografica digitale, di quelle economico-compatte-facilidausare. Dentro c'è una scheda di memoria SD da 512 Mb. il tutto mi scivola dalla tasca del giubbotto e sbatte sulle piastrelle del soggiorno.
La macchinetta continua a funzionare, e la scheda pure; a patto però di non metterle mai più insieme.
La digitale si rifiuta di "vedere" la scheda SD, ma solo QUELLA scheda. Con altre schede dello stesso tipo non crea alcun problema, mentre la 'sua' vecchia SD la ignora come se non esistesse. Quest'ultima, dal canto suo, funziona egregiamente con qualsiasi dispositivo compatibile, esclusa la macchinetta.
Ho causato la prima separazione consensuale tra dispositivi elettronici della storia.
il gioco
Negli anni della mia sbarbataggine era consuetudine scialacquare interi pomeriggi giocando a pallastrada in compagnia di altri incredibili creature dell'hinterland milanese.
la pallastrada, come sa chiunque abbia mai approcciato le opere di Stefano Benni, altro non è che il gioco del pallone praticato però rigorosamente su asfalto.
Il Cinaz, Clo, Peter, Campodine e il sottoscritto costituivano il nucleo fisso di giocatori, cui si affiancavano di volta in volta partecipanti estemporanei in numero variabile.
il campo da gioco
Il nostro campo si trovava in via delle Margherite, la strada dove abitavano praticamente tutti i pallastradisti fissi -me escluso.
Le porte erano i cancelli di casa Cinaz e Campodine, che nella via si fronteggiavano seppur con uno sfasamento di vari metri. Questo conferiva alle geometrie del nostro campo, già parecchio variabili per i cazzi loro, una curiosa conformazione a losanga che consentiva di sfruttare una maggiore superficie di gioco. A complicare ulteriormente la definizione dei confini c'era poi la variabile delle auto parcheggiate. Tra queste, due costituivano ostacolo fisso: l'Insalatiera e l'Incrociatore, entrambe di proprietà della fam. Cinaz. La prima era una vecchia Ford Fiesta primo modello dall'improbabile colore verde cicoria, da cui appunto il nome di Insalatiera. Una volta stavamo giocando con un pallone molto scuro, praticamente nero, e ad un certo punto un tiro sbilenco lo piazzò tra cofano e parabrezza dell'insalatiera. Da quel giorno divenne Insalata con Olive. L'altro ostacolo ai nostri dribbling era invece una mastodontica Ford Taunus color azzurro, pesante alcune tonnellate e così granitica da essersi meritata il soprannome di Incrociatore. Si narrava che nel corso di una scellerata manovra in retromarcia la sorella del Cinaz avesse raso al suolo un muro di cinta con relativa recinzione metallica sovrastante, senza che i paraurti di poppa riportassero il minimo graffio o intaccatura. Per quanto violente fossero le pallonate che colpivano le sue lamiere blindate, l'Incrociatore restituiva fiero sempre lo stesso cupo rimbombo di metallo corazzato.
i palloni
I palloni avevano fogge, dimensioni e colori sempre differenti. Palloni da spiaggia, camere d'aria di ex palloni sventrati, leggerissimi Tango... ognuno aveva le proprie caratteristiche che lo rendevano unico e determinavano esiti diversi delle partite, a parità di giocatori e condizioni di gioco. Ad esempio la camera d'aria, con i suoi rimbalzi molli e imprevedibili, agevolava il gioco veloce di Campodine e Clo, mentre il vecchio pallone da basket semisgonfio era adatto alle "puntate" di potenza in cui eccellevamo io e Peter.
Erano tutti palloni gagliardi e ben rodati, avvezzi alle ruvide asperità di via delle Margherite. L'unico rischio per loro era il giardino di terenzio, con i suoi enormi cespugli di rose carnivore che non lasciavano scampo; o la lucida follia di Emma-Emmaaa, la cui unica possibilità di riscatto da un'esistenza miserabile era sventrare a forbiciate i palloni che spiovevano nel suo giardino incolto.
le regole
Come tutto il resto, anche le regole del gioco erano variabili e soggette a libera interpretazione da parte dei giocatori. L'unica regola condivisa prevedeva che all'arrivo di un'auto il primo ad accorgersene gridasse "macchinaaaaa" mentre il più vicino alla palla la raccoglieva e, passata la vettura, approfittava del momentaneo disordine negli schieramenti per spararla direttamente verso la rete-cancello avversaria. Non esisteva ovviamente fallo laterale, neppure il fallo in senso stretto. Il fallo da dietro era considerato una raffinatissima tecnica da alta scuola. I contatti con l'asfalto erano in genere fatali, soprattutto per ginocchia e gomiti dove croste e cicatrici si sovrapponevano l'una sulle altre, partita dopo partita. Il più conciato era sempre Campodine, che si ostinava a cascare in area simulando il fallo nonostante il regolamento non prevedesse nè fallo nè calci di rigore, e tanto meno l'esistenza di un'area. Ogni giocatore aveva facoltà di abbandonare a cazzo la partita ogni qualvolta ne sentiva la necessità, e allo stesso modo rientrava quando più gli faceva comodo. Anche i partecipanti occasionali avevano la possibilità di unirsi al gioco in qualsiasi momento, schierandosi con la squadra che a sensazione garantiva loro le maggiori possibilità di vittoria. Anche per questo, a volte, si creavano situazioni di assoluto squilibrio numerico che trascendevano poi nel pandemonio del tutti-contro-tutti.
Non erano previsti tempi di gioco. La partita finiva quando ci si rompeva il cazzo di giocare, o finchè c'era luce. Nei mesi estivi gli incontri potevano svolgersi anche in notturna, avendo l'unica accortezza di mantenersi nel cono di luce dei lampioni (anche se una delle tattiche consisteva nel portare palla fino alle zone più buie e disorientare così i difensori avversari).
Spesso le partite terminavano senza che fosse ben chiaro il vincitore.
L'unica vera certezza, nel gioco della pallastrada, è che ci si divertiva. E pure tanto, eccheccazzo.
pallastrada is dead...
Al giorno d'oggi i pallastradisti sono invece diventati una rarità. La fighetteria moderna impone che ogni partitella tra amici, anche la più spontanea e improvvisata, debba svolgersi nell'asetticità dei campi privati, magari in erba sintetica e completi di spogliatoi, docce e illuminazione. Questi comfort non si adattano al culto del pallastradismo, una religione fatta di dolore e polvere, odore di benzina e macchie d'olio bruciato, scarpe TEPA e acqua bevuta dal tubo in giardino...
Che volete saperne voi, giovani generazioni saccenti e viziate, degli infiniti misteri celati nell'asfalto?
La mia dipendenza dalla liquirizia comincia esattamente nel novembre del 2001 in coincidenza con la fine della schiavitù dal tabacco. Dopo un primo, brevissimo periodo di attaccamento alla cicche alla nicotina Nicorette -quelle che ti aiutano a troncare con le sigarette e intanto ti spaccano in due lo stomaco- ho amplificato la mia istintiva e insana passione per il succo della dolce radice, fino a diventarne dipendente tanto quanto lo ero dalle sigarette.
Chissà perchè, ma quando un fumatore decide di smettere la prima cosa che fa è buttarsi sulla liquirizia. Forse per il suo sapore amarognolo? O perchè ha lo stesso colore della nicotina? Oppure, come ho letto non so dove, contiene delle sostanze in grado di attenuare i sintomi dell'astinenza da tabacco? Io non lo credo. Anzi, mangiare liquirizia mi faceva venire voglia di fumare e l'unica possibilità per non cedere era mangiarne sempre più. Ormai sono più di 5 anni che non tocco una sigaretta, in compenso ho divorato tonnellate di liquirizia e suoi derivati.
Un consiglio a chi vorrebbe uscire dal tunnel del tabacco per entrare in quello della Glycyrrhiza glabra è di evitare le radici, il classico bastoncino da succhiare: oltre a devastare i denti (i nostri incisivi, a differenza di quelli dei roditori, non crescono a ritmo continuo anche in età adulta), induce il povero ex drogato a tenere il mistico legnetto tra indice e medio, come si fa in genere con la sigaretta, offrendo occasione di scherno a chi sta intorno ("hai smesso di fumare?" "si, si capisce?" "no, niente...").
Le mie preferite sono le Saila Extra Forte, quelle in confezione nera con scritte oro. Ne divoro in quantità industriale, soprattutto dopo pranzo quando l'effetto digestivo riconosciuto alla magica radice si fa apprezzare di più. Il problema è che una scatoletta di Saila in centro a Milano costa poco meno di un pacchetto di MS... Però mi dicono che ci guadagno in salute. Speriamo bene, eccheccazzo.
Seppur funestato da croniche ristrettezze economiche e carenza di tempo libero, ho scelto di programmare l’acquisto di due prodotti editoriali di imminente pubblicazione:
- collettivo Wu Ming - MANITUANA
il (credo) sesto parto letterario del collettivo statunitense Wu Ming, quelli di Q e 54. E’ una storia di viaggi e grandi spazi, guerra e amicizia, nell’America della Rivoluzione. Più che un romanzo, una autentica epopea.
- Enrico Brizzi – IL PELLEGRINO DALLE BRACCIA DI INCHIOSTRO
Torna per la mitica collana Strade Blu di Mondadori uno dei miei AAA: Autori ad Acquisto Automatico. Brizzi appartiene infatti - assieme a S. Benni, D. Sedaris, R. Fortunato e altri ancora- a quel manipolo di autori per i quali non mi è necessario documentarmi o discernere critiche ufficiali per decidere l’acquisto di un'opera: basta che appaia in libreria ed è immediatamente in mio possesso. Da quanto leggo sul suo blog, in questa ultima fatica il vecchio B. ci racconta un’altra storia ‘on the road’, come già aveva fatto con perizia e dedizione nel precedente “Nessuno Lo Saprà”. Uscita in libreria prevista per la fine di aprile: I’m waiting for.
"Allora senti, facciamo così" mi dice la dott.ssa Mele (in nomen omen, mai cognome fu più azzeccato) mettendo mano al blocco delle prescrizioni "fai 'sti esamini del sangue e vediamo tra le altre cose com'è messo il colesterolo, che se è altino poi vediamo un pò cosa fare... al limite un pò di dieta..."
"ALT!" la interrompo "dottoressa, abbia pazienza, ma io sono tre anni che sto a dieta. TRE ANNI. Se salta fuori che c'ho il colesterolo alto mi da le pastiglie, perchè io più a dieta di così non so cosa caz..."
"vabbé vabbé" taglia lei "aspetta che prima vediamo come vanno 'sti esami, no? Dai, ci risentiamo poi quando hai gli esiti e vediamo, ok?"
"Ok..."
colesterolo totale: 225 mg/dl - valore riferimento: max 200 mg/dl
Porca di quella troia.
Tre anni di verdure e riso in bianco per ritrovarmi con il colesterolo di un orco. A questo punto non voglio più sentir ragioni: O PASTIGLIE, O MORTE! (in tutti i sensi, temo...)
La vita è come il Campo Minato di Windows: a volte ti impone di fare una scelta, ma per quanti sforzi tu faccia perchè sia la migliore, becchi sempre e comunque la mina...
C'era F. che era amico mio e di E. e stava nella classe di fianco alla nostra (io e E. eravamo compagni).
Erano i primi anni delle superiori e il vecchio F. era un bravo ragazzo, sicuramente molto più di E. e del sottoscritto; e poi gli piaceva studiare, cosa che io ed E. invece facevamo a tempo perso.
Durante l'intervallo ci ritrovavamo tutti insieme in corridoio per fumarci una sigaretta.
F. fumava la mia stessa marca di sigarette, le Lucky Strike, e spesso ce le scroccavamo a vicenda. Poi passò alle Camel, quelle col pacchetto giallo vecchio stile, ma il rito di scroccarcene qualcuna ogni tanto continuò lo stesso. Oltre alla passione per il tabacco tostato avevamo in comune quella per la musica, ne parlavamo in continuazione. Più che altro io e F., perchè E. era un mezzo fighetto dalla griffe facile e il padre commercialista: la sua anima adolescenziale non fiammeggiava del sacro fuoco della ribellione, e preferiva stordirsi con le cagate pop di quegli anni sterili.
F. e io invece convergevamo, anche se certe sue derive metal a volte lo spingevano su nebulose distanti anni luce, salvo poi vederlo tornare dopo tempi indefiniti, magari a cavallo di un qualunque Guccini prima maniera. Era fatto così. Eravamo fatti così.
Gli anni della scuola volarono e noi tre anime agitate ci disperdemmo. Non passò molto tempo e un pomeriggio incontrai F. in metropolitana. Io tornavo da una delle prime lezioni della mia breve carriera universitaria mentre lui, militare di leva, rientrava dal servizio presso non so quale caserma milanese. Mi sembrò tranquillo, aveva ottenuto l'avvicinamento e gli era consentito dormire a casa invece che in caserma. E poi non gli mancava molto al congedo, era questione di pochi mesi ormai. Mi descrisse un paio di progetti di lavoro che voleva mettere in pratica una volta rientrato nei ranghi civili. Mi parlò anche di E., con il quale aveva mantenuto i contatti.
Me lo ricordo tranquillo. Non so dire se fosse felice, né ho la pretesa di saper valutare se e quanto il mio prossimo sia felice, però posso dire che F., in quell'occasione, mi parve sereno. Tranquillo, rilassato e sereno.
Per questo all'inizio mi fu difficile credere alle parole di A., quando una domenica mattina di qualche mese dopo mi chiamò per dirmi che avevano trovato la Ford di F. col motore acceso, un tubo da irrigazione che collegava la marmitta al finestrino, e il cadavere di F. seduto al posto di guida.
Qualcuno mi disse che gli avevano trovato stretto tra le dita un foglietto con scritto un nome da donna; qualcun'altro azzardò che la ragazza in questione avesse anche presenziato alle esequie, tenendosi silenziosamente in disparte.
Io ricordo soltanto che F. amava come me i Pink Floyd e il tabacco tostato, e che il giorno del suo funerale splendeva il sole, come oggi.
n.b. post da leggere stringendosi delicatamente i gioielli con una mano
Nell'era dell'informazione va da sè che alcuni dati sulla tua persona, nome e cognome in primis, possano ritrovarsi un pò dappertutto. Database anagrafici, software bancari, schedari digitali di società, enti, imprese... Nel corso di un a normale esistenza i nostri nomi circolano su decine, o forse centinaia di sistemi informativi differenti. Quando però ti ritrovi registrato su un software gestionale come questo, puoi essere certo che è per l'ultima volta...
Molti forse conoscono già Pandora, una Internet Radio che a dispetto del nome inquietante si sta rivelando una vera cuccagna per musicofili.
Basata sul Music Genome Project, Pandora è fondamentalmente una web radio che permette l'ascolto in streaming di brani musicali selezionabili mediante ricerca per artista o titolo. Automaticamente il sistema compila una selezione di brani le cui caratteristiche richiamano per sound e stile l'artista o il brano ricercato.
E fin qui, tutto sommato, niente di nuovo: anche altri servizi quali Yahoo Radio, Live365 o Last.fm sono basati più o meno su questo principio del "similar artist or soundlike". Scelgo un artista e il sistema me ne sciorina una sfilza teoricamente simili. Purtroppo questo meccanismo ha una criticità intrinseca legata ai metodi di classificazione dei vari artisti, vincolato spesso alle rigide compartimentazioni (tanto care ai discografici e ancor più ai critici) per genere musicale; inoltre questi servizi spesso delegano all'utente l'onere della catalogazione in base a discutibili principi transitivi: se X utenti ascoltano brani sia di Tizio che di Caio, significa che Tizio e Caio sono artisti simili. Il metodo funziona, ma i limiti sono intuibili.
Pandora invece ha un approccio sì basato sui generi, ma integra una profondità analitica assoluta e ineguagliata. Ogni brano viene analizzato e catalogato in base all'artista ed al genere musicale cui appartiene, ma non solo: per la tassonomia di ogni singolo pezzo vengono presi in considerazione oltre 400 parametri quali la melodia, il ritmo, l'armonia, gli strumenti musicali presenti, la durata dei brani, le parole dei testi, le sfumature nella voce del cantante, e via dicendo. In pratica vengono mappati i 'geni' di ogni brano musicale.
E' possibile definire fino a cento artisti preferiti e per ognuno Pandora si occuperà di stilare e proporre all'ascolto una compilation di brani "geneticamente simili". Una vera pacchia.
Non ho provato con la ricerca di autori italiani, ma tutto sommato neanche mi frega di provarci.
Forse dovrei guardare film americani con attori semisconosciuti
forse dovrei mangiare pesce crudo in certi ristoranti del centro
forse dovrei ascoltare musica new age di gruppi etno-pop
forse dovrei far parte di una ONG che soccorre i profughi del Darfur
forse dovrei impormi una calligrafia più leggibile
forse dovrei avere 1500 voci nella rubrica nel mio cellulare
forse dovrei vivere nei sobborghi di Seattle
forse dovrei avere un lavoro autonomo
forse dovrei avere orari assurdi
forse dovrei imparare a fischiare con le dita
forse dovrei avere un'amante di Ferrara
forse dovrei fare una radiografia ai seni paranasali
forse dovrei aver letto l'intera bibliografia di Kant
forse dovrei comprare una chitarra elettrica e imparare a suonarla
forse dovrei frequentare gente che fa politica e crede in Dio
forse dovrei possedere un paio di scarpe blu
forse dovrei telefonare a due persone che non sento da anni
forse dovrei scrivere poesie che parlano di notti sul mare
forse dovrei provare a laurearmi in legge
forse dovrei scrivere una mail a mio cugino
forse dovrei riprendere a suonare la batteria
forse dovrei comprare delle riviste di fotografia
forse dovrei giocare a bridge, se solo ne fossi capace
forse dovrei correre 12,7 Km ogni sera
forse dovrei convincermi che le barbabietole sono buone
forse dovrei scappare in Nicaragua e vivere di espedienti
forse dovrei studiare la programmazione a oggetti
forse dovrei tatuarmi un tribale sulla caviglia destra
forse dovrei ricordare a memoria il peso atomico dell'Antimonio
forse dovrei cambiare le pastiglie dei freni
forse dovrei vedere il sole tramontare dietro il monte Paektusan
forse dovrei piangere ascoltando brani dei Russian Circles
forse
C'è qualcosa che mi sfugge nell'interpretazionme della situazione climatica da parte dei media nostrani: qualche settimana fa, quando le temperature massime viaggiavano circa 4/5 gradi sopra la media, le cassandre ambientali scatenavano i loro cupi presagi circa l'imminente desertificazione dell'intero pianeta. Non usciva quotidiano senza una notizia di sciagure e cataclismi imminenti in prima pagina. Titoli da Apocalisse: mai così caldo da 50 anni! No, saranno almeno 80 anni... vabbè, facciamo un secolo che stiamo più sicuri... E' giù tutti a profetizzare scenari da catastro-kolossal hollywoodiano.
Oggi, dopo giorni e giorni con temperature di 4/5 gradi SOTTO la media, nessuno dice più un cazzo. Adesso va tutto bene, tutto è regolare. Anche ritrovarsi la mattina del 29 marzo in mezzo alla nebbia con 4°C di temperatura.
Da amante del caldo e dell'afa (si, mi piace l'afa, ADORO l'afa!) mi ribello e denuncio questa evidente discriminazione climatica da parte dei media.
Non mi intendo di cinema. Non so una cippa di attori, filmografie dei grandi registi o rassegne internazionali. Per capirsi, vado al cinema con la stessa frequenza con cui vado nello spazio.
Tutto ciò premesso, mi limiterò a dire che Little Miss Sunshine è un gran film.
Uno di quei film che hanno l'aria di essere costati 4 (quattro) soldi, ma che sanno piazzarsi nella testa e lasciare un buon ricordo, piccolo piccolo, ma sufficiente a convincerti che prima o poi lo rivedrai, e sai che sarà ancora un piacere, come può esserlo a volte reincontrare un vecchio compagno di scuola simpatico e zuzzurellone.
La trama è semplice: una famiglia borghese decide di far partecipare la non bellissima figlia di sette anni ad un concorso di bellezza per mini miss. Ne uscirà una picaresca avventura che porterà ognuno degli scalcinati membri a ribaltare il modo di rapportarsi con gli altri appartenenti alla famiglia, oltre che con loro stessi. Un film divertente senza sboccature, profondamente umano pur senza compassioni, crudele e consolatorio allo stesso tempo.
Di solito a questo punto i veri appassionati di cinema saprebbero sciorinare nomi e curricula del regista e degli attori, quali altri film hanno già fatto, se e quanti oscar/palme/leoni/orsi/strakazzi il film ha vinto. Magari butterebbero lì un paio di gustosi aneddoti occorsi durante le riprese, o un pizzico di gossip sugli attori non protagonisti.
A me basta pensare che questo film è uno spaccato di America, o almeno di come io immagino l'America di oggi. E' la storia di una (tipica?) famiglia americana alle prese con i miti del successo, della notorietà a tutti i costi, della ricchezza facile. Una metafora paradossale del Grande Sogno Americano che è alla portata di tutti, esclusi coloro cui il destino ha riservato un programma differente; e nonostante ciò lottano, graffiano e gridano la loro grottesca umanità dentro una vita che sentono non essere quella giusta, per affermare infine ciò che in fondo hanno sempre sospettato: a questo mondo non sempre si vince. Un film da vedere e rivedere.
Bellissima anche la soundtrack, soprattutto il brano d'apertura.
Epperò con quante forme si palesano i cambiamenti! Oggi ad esempio ho deciso di sistemare le vecchie foto. Una volta questo significava scrollare la polvere dai vecchi album ingialliti, riesumare dalla soffitta scatole e scatoloni di foto da scartabellare poi, con pazienza e malinconia (warning: innesto poetico), lungo un intero pomeriggio di pioggia. Alla fine il tutto, esclusa la polvere, tornava esattamente da dove era venuto per qualche annetto ancora.
Oggi invece mi sono seduto al pc e ho spostato un po' di immagini tra le varie cartelle, che in questo caso diventano la versione digitale dei vecchi album. Grazie al fido Photoshop ne ho rimaneggiate in quantità per correggerne errori di esposizione e difetti. Alla fine ho archiviato il tutto su dvd. Un solo, semplice cazzutissimo dischetto di platica e alluminio. Ah, il progresso!
Magari mancherà la poesia dei vecchi album da sfogliare, ma vuoi mettere la comodità? E poi senza polvere, eccheccazzo.
Gli americani sono avanti, dobbiamo ammetterlo.
Ecco ad esempio come un professore statunitense ha brillantemente risolto il problema dell'invadenza dei telefonini in aula.
Ne prenda buona nota il nostro ministro Fioroni...
Alle dieci di quel mattino di luglio 1983 il sole era già rovente sopra il campo nazionale degli scout a Nocera Umbra. Io e pubarelle camminavamo affiancati lungo una straducola intercomunale, sbuffando per il caldo e per il peso degli zaini. Dieci metri avanti, CapoBianco e Dragonero procedevano silenziosamente in fila indicana, strisciando le Tepa Sport nella polvere del bordo carreggiata.
Dragonero si fermò, si strappò dal capo il cappellone in feltro e cavò dal taschino della camicia il pacchetto di Marlboro.
"fuma, fuma" gli berciò Pubarelle mentre lo raggiungevamo, "vai, aggiungi un altro chiodo alla cassa!". Dragonero accese la sigaretta, mentre io allungavo una mano verso il suo pacchetto. "grazie" dissi sputando la polvere, prima di infilarmi il filtro tra le labbra. "Poi te la rendo, che ce le ho nello zaino".
CapoBianco si era fermato qualche metro più avanti a seguire la scena, appoggiato al guidone di squadriglia. Cercava di annullare il fiatone sbuffando nella calura. "Mi raccomando, fatevi beccare con quelle cazzo di sigarette, neh?" ansimò togliendosi il cappellone e scrutando la riga umida disegnata dal sudore sul feltrino interno. "Che poi è a me che fanno il culo...". Era il capo squadriglia - nominato da poco - e ci teneva a non fare troppe figure di merda. Un po' perchè la fresca investitura lo caricava, e quel raduno nazionale era una specie di battesimo sul campo; un po' perchè i capi reparto erano dirimpettai e amici di sua madre, e badava a non avere rogne con la sua vecchia; infine -e in buona parte- perchè tra tutti i membri di quella squadriglia disastrata, lui era senza dubbio il più serio e maturo. Negli anni a venire lo avrebbe più volte confermato.
"Cazzo dici, CapoBianco" replicò Dragonero, sbuffando una nuvola di fumo dalle narici "non c'è un'anima, siamo praticamente in culo al mondo, chi vuoi che ci becchi?". Pubarelle si accosciò contro il guardrail, tirò fuori il suo pacchetto di Philips Morris e si mise ad armeggiare con l'accendino. "In effetti mi sa che ci siamo persi" disse soffiando un anello di fumo "CapoBianco, ma mica dicevi che dovevamo trovare un cazzo di incrocio?"
"Io l'ho detto?!" replicò CapoBianco, pestando il guidone sull'asfalto squagliato "è 'sta cazzo di cartina che lo dice!"
"Fa vedere" gli dissi prendendo il pezzo di carta spiegazzato. Ripassai l'elenco delle località e dei punti di riferimento che avremmo dovuto incontrare. Cercai di stabilire qualche relazione tra gli elementi incontrati nell'ultima mezz'ora di cammino e quello scarabocchio che gli organizzatori ci avevano consegnato, definendolo pomposamente 'mappa', quella stessa mattina dopo l'adunata.
"Non si capisce un cazzo" conclusi restituendo a CapoBianco il foglio. "In effetti avremmo dovuto trovare un incrocio almeno due chilometri fa, e lì svoltare a destra".
"Ma un incrocio o un bivio?" chiese Pubarelle sfilandosi gli spallacci dello zaino. Con una flessione del dito medio scagliò il mozzicone in mezzo alla carreggiata.
"Cazzo fai, che bruci tutto!" sbraitò CapoBianco, premurandosi di uccidere il mozzicone con un preciso colpo di guidone.
"Se invece di un incrocio doveva essere un cavolo di bivio, allora l'abbiamo sì superato... almeno un quarto d'ora fa, però" proseguì Pubarelle. "Ma com'è disegnata 'sta mappa?" chiese sfilando il foglio dalle dita di CapoBianco. Scrutò per un attimo lo scarabocchio. "No, qui dice proprio un incrocio. E allora ci siamo persi di brutto". Pubarelle aprì lo zaino cavandone la borraccia e un fazzoletto semi pulito. "Adesso cazzo facciamo?" chiese asciugandosi le gocce di sudore dal collo.
CapoBianco puntò il guidone avanti, verso la curva in fondo alla strada: "Proseguiamo. Prima o poi qualcosa troviamo".
Mezz'ora dopo il sole era quasi a picco. Il caldo si era fatto soffocante e camminavamo in silenzio, tenendo a portata di mano la borraccia. L'acqua all'interno era caldiccia e sapeva di metallo. Cappelloni e camicie d'ordinanza penzolavano dai ganci degli zaini, mentre arrancavamo sbracati e incazzosi lungo la striscia di asfalto bruciato. Più che una squadriglia Scout in missione, sembravamo una di quelle combriccole di saccapelisti nordici in visita a Venezia. Incrociammo almeno tre o quattro macchine in transito, e ogni volta CapoBianco doveva lavorare di bestemmie, suppliche e minacce per impedire a Dragonero di sdraiarsi in mezzo alla carreggiata per bloccare il conducente e costringerlo a darci un passaggio.
Inoltre quella stradina dimenticata da dio era poco frequentata, e per lo più da traffico locale: gente arcigna e sospettosa che schiacciava sull'acceleratore non appena scorgeva il nostro trasandatissimo capannello.
La strada declinava dolcemente da circa un chilometro attraverso un bosco di querce e faggi quando all'improvviso, superata un'ampia curva a destra, apparve in lontananza la sagoma rossastra e sfocata dalla calura di un segnale di stop.
"Incrocio! Incrocio!" gridò Pubarelle, raschiando polvere dalla gola asciutta.
CapoBianco alzò il guidone sopra la testa, brandendolo come un'arma d'altri tempi. "Cosa vi avevo detto che prima o poi qualcosa si trovava? Chiaro che era la strada giusta! Sempre a dire cazzate, voi."
"ma va' a cagare!" replicai scollandomi dalla schiena la t-shirt fradicia di sudore. "Oltretutto non ci sarà mica un solo incrocio in 'sto posto di merda, no? Per quanto ne sappiamo potremmo essere a chilometri rispetto al punto previsto".
La nostra strada aveva diritto di precedenza rispetto a quella, più stretta e malmessa, che andava ad incrociare. Sull'altro lato, le strisce di asfalto delimitavano uno spiazzo erboso che si spingeva fino ai fianchi di una collinetta boscosa qulche decina di metri oltre. C'erano mucchietti di segatura e monconi di rami tagliati tutto intorno.
Con un solo movimento delle spalle Dragonero si scrollò di dosso lo zaino, lasciandolo stramazzare tra le erbacce sul lato della strada. Frega un cazzo" disse piazzandosi a gambe larghe in mezzo all'incrocio, a cavallo della riga di stop, "io adesso mi sbatto giù e frega un...."
"Corri!" gridò Pubarelle, da dietro un mucchio di ramaglie, frasche secche e tronchi segati, "corri qui di brutto! Che lippa! Corri!"
Dragonero fu il primo a raggiungerlo dietro il mucchio di frasche. "nooooo! bella storiaaaa" gridò, mentre io e CapoBianco giungevamo all'unisono sul punto della scoperta.
Appoggiata ad un mucchio di terra e rami secchi se ne stava, solitaria e invitante, una moto da cross di media cilindrata.
"Vai! Si ruba!" esordì Dragonero mettendosi ad armeggiare con il rubinetto della benzina.
Pubarelle, che in virtù di un fratello appassionato di trial era quello maggiormente qualificato per trafficare su quel genere di mezzo, puntò un piede sulla pedivella e con un balzo fu a cavalcioni del mezzo. "Questa non ha neanche bisogno di chiavi per partire" sentenziò, e con un colpo secco affondò sul pedale di accensione. Il mezzo emise un breve, cupo brontolio dalla marmitta, e subito tacque.
"Oh, cazzo fai?!" sbraitò apprensivo CapoBianco, mentre già roteava a trecentosessanta gradi le orbite oculari alla ricerca di pericolose presenze umane nei dintorni. "Non fare cagate, che poi ci beccano e ci fanno un culo così."
Ormai noi tre sottoposti eravamo nello stato di eccitazione sufficiente a far rimbalzare ogni protesta del capo. Dragonero controllava la presenza di miscela e io, poco avvezzo a trattar motocicli di quella taglia, tenevo in bilico il mezzo afferrandolo per la sella sgualcita, mentre Pubarelle pestava duro sulla pedivella. Dopo dieci minuti di tentativi inutili eravamo madidi di sudore e incazzatura. Mollammo il colpo, e tornammo a stravaccarci nell'erba alta dello spiazzo.
Esattamente un minuto e 20 secondi dopo, uno strano figuro coperto da pantaloncini da lavoro, canottiera bianca e cappellino calcato sugli occhi, sbucò da dietro i primi faggi della collinetta.
"Siamo periti" annunciò Dragonero con aria divertita, e con quel sorriso che gli si stampava regolarmente in faccia nelle situazioni ad alto tasso adrenalinico.
CapoBianco si prese male; "adesso diteglielo, che avete fatto i pirla!" sibilò sottovoce, preoccupato dalle possibili ripercussioni sulla sua carriera di capo squadriglia, e sui rapporti di vicinato coi capi reparto; "adesso sono cazzi vostri!".
Il figuro puntò nella nostra direzione. Aveva valutato l'eccessiva vicinanza del nostro gruppetto alla sua moto (sapevamo senza necessità di conferma che il mezzo era suo) e accelerava il passo con costanza, mentre il falcetto appeso alla cintura sbatacchiava lanciando riflessi poco allegri.
Il personaggio, un contadinotto sulla cinquantina dall'aria un pò rincretinita, era ormai a una decina di metri dalla nostra posizione quando il Pubarelle lo accolse con un "salve!" fintamente amichevole. Per tutta risposta il tipo indicò la moto con una manona e domandò qualcosa in un dialetto locale che, ovviamente, nessuno capì. Rimase un paio di secondi ad osservare la migliore faccia di palta che io e Dragonero eravamo maestri nell'impostare in simili situazioni, poi ripetè la domanda in modo quasi intellegibile: "toccato moto?".
"Moto?" chiesi io, girandomi verso il mezzo come se lo vedessi per la prima volta. Scuotemmo il capo guardandoci l'un l'altro con aria di costernata sorpresa.
Il tipo non sembrò affatto convinto. Si avvicinò alla moto biascicando qualcosa, poi si mise ad armeggiare intorno al rubinetto della benzina. Salì in sella e cominciò a spingere sulla leva dell'avviamento, una, due, tre volte. Neanche con lui il motore sembrava avere buone intenzioni. Il tipo lasciò partire un'imprecazione e alzò lo sguardo verso di noi, che nel frattempo ci eravamo alzati e puntavamo a recuperare ognuno il proprio zaino.
"'ngolfata" borbottò, condendo il tutto con una paio bestemmie. Mise la marcia in folle, smontò di sella e cominciò a spingere il mezzo tenendolo per il manubrio. Io e Pubarelle intuimmo subito le intenzioni e, quasi a sottindere una nostra ammissione di colpa nella faccenda, volevamo di emendarci offrendo un contributo alla spinta. Arrivati sull'asfalto iniziammo a spingere con maggior voga, e raggiunta la giusta velocità il tizio balzò il sella calciando con forza la leva della marce. Io e Pubarelle incassammo la prevista resistenza del motore aggiungendo spinta, mentre il motore gemeva cupo sputando benzina incombusta. Ci vollero altri due o tre tentativi di questo genere prima che il motore iniziasse a mostare segnali di corretta carburazione, finchè tra scoppi e nuvole di fumo oleoso riprese faticosamente a vivere. Il tizio tirò un paio di 'sgasate' pesanti e regolò per l'ultima volta il rubinetto della benzina mentre il motore bofonchiava finalmente con regolarità.
"Bueno" disse Pubarelle asciugandosi il sudore con il fazzolettone di reparto. Trottammo indietro verso l'incrocio, dove nel frattempo CapoBianco e Dragonero avevano già rimesso a contatto gli zaini con la schiena. Il tizio infilò la prima e con una sgasata era sulla linea di stop. "I scott?" ci chiese con una certa cordialità, fino a quel punto sconosciuta. "Scout si, boy scout" rispose capo CapoBianco.
"andate dove?" incalzò il villico.
CapoBianco sfilò la mappa dalla tasca posteriore dei jeans strappati e la spiegò sul serbatoio, indicando col dito il nome della località che avremmo dovuto raggiungere almeno due ore prima.
Il tizio scrutò perplesso il foglio per qualche secondo, poi parve rianimarsi di scatto: "andate lì??" chiese puntando un dito sporco nello stesso punto indicato da CapoBianco. Lo guardammo. "Lì?" ripetè lui guardando a turno le nostre teste che annuivano perplesse.
Il tizio scoprì una fila di denti gialli e irregolari in una parodia di sorriso, e inserì la prima con un colpetto dello scarpone. "Va là, scott!!" rise, e indicò la direzione da dove eravamo venuti, "dall'altra parte, parte opposta!" ribadì con aria divertita. Prese la mappa, e la ruotò orientandola secondo riferimenti a noi ignoti. Il punto di arrivo risultò deviato di centottanta gradi rispetto ai nostri calcoli. Restituì la mappa al sommo CapoBianco e diede due colpi di acceleratore mentre col tacco dello scarpone inseriva la prima.
"Va là, scott!" ripetè con il suo marcio sorriso, e mollò la frizione. Lo seguimmo con lo sguardo, in silenzio, mentre spariva oltre la curva in una nuvola di fumo biancastro.
(continua?)
Come previsto, Pasqua ha portato abbuffate gloriose e abusi alimentari oltre ogni limite. Perfino con il cioccolato sono riuscito ad esagerare, nonostante non sia mai stato un grande appassionato di cacao e derivati. Il massimo della maialata l'ho raggiunto sciogliendo in un poco di latte un intero uovo di cioccolato, usando poi la crema ottenuta per affogarci generose fette di colomba mandorlata Balocco.
Mi occorreranno ANNI per smaltire gli eccessi di tre soli giorni.
Colesterolo e dott.ssa Mele ringraziano.
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