Di seguito tutti i deliri, in ordine cronologico...
Si è mai visto in video qualcosa di più maranza del Grande Fratello? Può esserci di peggio dell'Isola dei Famosi?
SI: un nanetto pettinato come Dario Argento e vestito come Don Lurio che fa cose lollosissime (e per una volta non mi riferisco a Berlusconi).
Ecco cosa succede in alcune nazioni dell'ex blocco sovietico che l'unione Europea, in un delirio aggregazionista dettato esclusivamente da ragioni economiche, si ostina a voler integrare.
Nota bene: non si tratta di leggende metropolitane.
Per chi ama baloccarsi con Photoshop come il sottoscritto, il sito Worth1000.com è una specie di Sacro Olimpo riservato agli dei della grafica digitale.
Ma più che la perizia nell'uso dello strumento (in molti casi superba) è l'idea, la creatività e l'inventiva di molte opere a lasciare stupiti.
Non conosci worth1000.com? Pentiti, e vacci subito.
E' dalle 8.30 di ieri mattina che un esercito di operai martella&trivella senza sosta sotto le finestre del mio ameno luogo di lavoro. Stanno montando il palco che ospiterà un pretenzioso Festival del Telefilm, una oscura quanto misconosciuta iniziativa del vicino cinema Apollo.
Son due giorni che picchiano e spaccano, e adesso stanno provando l'impianto audio a volume sparato. Che palle. Fortuna che almeno è arrivata qualche sgnaccherissima ragazza immagine a bazzicar l'ambiente.
La vita del pendolare, nel suo perpetuo piattume, offre ben pochi diversivi e ancor meno novità; per questo si è costretti a ricercare spunti di interesse o motivi di riflessione anche dove normalmente non c'è nulla di interessante. Io ad esempio mi diletto a studiare e classificare gli altri forzati del pendolarismo che tutti i giorni incrocio nel mio tragitto in metropolitana.
Ne descrivo di seguito quattro, pescati tra i più significativi.
Cosciatonica
La signora Cosciatonica mi ricorda la moglie di Schwarzenegger nel film "True Lie", quella che impersonava la casalinga over 40 trascurata dal marito che si lascia abbindolare dalle discutibili fascinazioni di un finto agente segreto che in realtà è un miserabile guascone intenzionato a scoparsela. Di quell'attrice ha la stessa aria seriosa da lady perbene, senza grilli per la testa, tutta casa&famiglia, senza grandi attrattive a parte le bellissime e lunghe gambe. Cosciatonica ha infatti due leve ben tornite e ama mostrarle, ma lo fa con il giusto mix di discrezione e civetteria. Gonna mai sotto il ginocchio, ma neanche troppo sopra. Il resto del vestiario poco appariscente. Trucco curato e discreto. Un'aria posata e seriosa che gli occhiali dalla montatura leggera contribuiscono a sottolineare. Cosciatonica è classificata come potenziale porcona sotto ghiaccio.
Liquid Man
Liquid Man è il ritratto della sofferenza e incrociarlo sui vagoni ti lascia sempre un senso di disagio. Il fatto è che Liquid Man suda sempre, copiosamente, continuamente. Che sia estate o inverno, che il vagone sia sovraffollato o del tutto sgombro, lui è sempre penosamente indaffarato con i kleenex a detergersi il velo di sudore dalla fronte, dal collo, dalle braccia.
Sulla quarantina, in marcato sovrappeso, Liquid Man trascorre i suoi viaggi sulla linea 1 alla continua ricerca dei refoli d'aria provenienti dai finestrini, quasi dovesse morire soffocato dal debito di ossigeno da un momento all'altro. Ad ogni fermata si catapulta verso le porte aperte sventolandosi con il fazzoletto fradicio e respirando a grandi boccate.
Quando in inverno i finestrini sono serrati lui si ingegna per aprirne il più possibile, attirandosi ire e rimostranze da parte degli altri viaggiatori. Un giorno dello scorso gennaio tentò di spalancare il finestrino sopra una signora che lo prese a male parole.
Temo che Liquid Man prima o poi finirà asfissiato, oppure si scioglierà del tutto.
Pesce Rosso
Se un giorno un marziano sbarcato sulla Terra dovesse chiedermi cos'è l'irrequitezza, credo che lo porterei a conoscere Pesce Rosso. Sui 20, 25 anni, magro come un chiodo, felpa e cappellino da baseball sempre calcato in testa, Pesce Rosso è l'inquietudine fatta a persona.
I suoi viaggi sono un continuo migrare all'interno del vagone in preda a chissà quali terremoti interiori.
Entra e si siede al primo posto che trova libero, poi rimbalza subito su quello di fianco dove rimane qualche millisecondo prima di tornare sul precedente; all'improvviso schizza sull'altro lato del vagone, dove cambia sedile ancora due o tre volte; poi si alza e va sul fondo, si appoggia a un sostegno, poi a un'altro, poi alla porta, infine torna a sedersi, e via di questo passo. Qualche volta cambia anche vagone, tanto che all'inizio pensavo fosse un borseggiatore alla ricerca di vittime, ma l'ho visto spesso in preda alle sue ossessioni migratorie anche a vagoni quasi sgombri. Arrivato alla sua fermata schizza come una molla oltre le porte, rimbalza sulla parete della banchina e svanisce come una saetta su per le scale.
Un ipotetico osservatore che potesse scrutare il vagone dall'esterno avrebbe l'impressione di guardare un pesce rosso nell'acquario.
DietroTiTento DavantiTiSpavento
Si dice che in natura ogni fenomeno tenda sempre all'equilibrio, e la signorina DietroTiTento DavantiTiSpavento conferma questo dogma. Circa trent'anni, alta e bionda, DietroTiTento ha un paio di gambe e un fondoschiena che paiono torniti direttamente dalle mani di Dio nelle Celesti Officine.
Questi capolavolari della morfologia umana sono sempre coperti estate e inverno da jeans attillatissimi che ne esaltano le divine armonie.
Soltanto una volta mi è capitato di vedere DietroTiTento con indosso una gonna: una microscopica mini nera su sandalo a tacco alto... probabilmente il Paradiso è abitato da creature così.
Devo però dire che -e qui mi ricollego al discorso iniziale riguardo gli equilibri naturali- DietroTiTento contrappone alla perfezione di gambe e quarti posteriori un viso dai lineamenti scialbi e insignificanti, con qualche particolare addirittura antiestetico (ammetto comunque di averla guardata in viso non più di un paio di volte in tutti questi anni).
Il sole declinava con decisione a ovest quando CapoBianco, fermo sul lato della carrozzabile ad aspettare il resto della squadriglia, scorse la presenza del punto di ritrovo sull'altro versante della collina.
Cinquanta metri più a monte caracollavo con Dragonero e Pubarelle sotto il peso degli zaini, strisciando i piedi doloranti nella polvere a lato strada.
CapoBianco puntò il guidone verso la macchia di gente che brulicava verso fondo valle. "Ci siamo" disse mentre crollavamo sul guard rail al suo fianco.
"epporcatroia, vorrei vedere che non ci siamo!" sbottò DragoNero spostando in avanti il peso dello zaino per dare sollievo alle spalle rattrappite; " abbiamo girato in lungo e in largo tutta la cazzo di Umbria, ci mancava solo che non si arrivava più".
"Se non aveste fatto i pirla tutto il giorno a quest'ora eravamo già in tenda" replicò CapoBianco martellando con stizza il guidone sul guardrail. "Adesso muoviamoci che saremo minimo gli ultimi. Solita figura di merda!".
Per tutta risposta Pubarelle si accosciò su uno spiazzo d'erba poco distante. "Sei fuori, CapoBianco" disse levandosi gli spallaci "ormai siamo arrivati, chi vuoi che rompa se anche ci riposiamo 'na mezz'ora?"
"E allora vogliamo proprio farci perire di brutto!" obiettò CapoBianco "è da stamattina che siamo in giro. Siamo l'unica squadriglia di pirla ad averci messo una giornata per trovare 'sto ritrovo del porco!"
"eddai, CapoBianco" provai ad ammansirlo io "ci scarboniamo una cigarett e poi si va"; mi infilai tra le labbra una Lucky Strike e gli passai il pacchetto. "Ormai ci siamo".
CapoBianco sfilò una Lucky e mugugnò qualcosa mentre frugava le tasche alla ricerca dell'accendino "allora si smokka una ciga e poi si va" concluse appoggiando il guidone a terra.
Stavo per proiettare il mozzico della mia Lucky con un'abile flessione del medio quando, al di sotto della cacofonia delle cicale in amore, avvertii un suono fuori ordinanza.
"Cazzo c'hai?" mi chiese DragoNero notando il mio repentino immobilismo. Io rimasi ancora un attimo in ascolto, tentando di individuare la fonte del suono. "Voci" risposi.
"Voci?" Sollevò al testa dallo zaino e puntò la direzione del mio sguardo.
Un attimo dopo 5 camicie azzurre ornate di fazzolettone d'ordinanza sbucarono da un sentiero nascosto tra le querce, alcune decine di metri più a monte.
"Fighe!" sibilò DragoNero con un sorriso mandrillo, appena realizzò che erano donne: cinque "guide" dall'aria non meno sfatta e stracotta della nostra; il cicaleccio delle loro voci si interruppe non appena scorsero la nostra inquietante presenza stravaccata a lato della carreggiata.
"Cazzo di fighe" sussurrai io seguendo il loro avanzare imbarazzato verso la nostra posizione, "sembrano quelle napoletane cesse che erano l'altro ieri alla messa".
In effetti il gruppetto, nonostante le camicie generosamente sbottonate e i pantaloncini corti risvoltati, aveva un'aria sporca e trasandata che ammazzava ogni accenno di femminilità.
Erano la versione al femminile della nostra scassa squadriglia.
CapoBianco riuscì a sibilare l'ultimo monito:"Non fate i pirla!".
Arrivata a pochi metri dal nostro spiazzo la pulzella in testa al gruppo si lanciò in un ciaoooo!
tutto sorriso, con il resto del gruppetto a supportare gesticolando saluti; "sie quei del Treviso?" chiese la tipa col guidone -forse la caposquadriglia- formalizzando un saluto scout con la mano libera.
"Milanottavo" rispose CapoBianco replicando preciso al saluto, mentre con un piede cercava miseramente di mascherare nella polvere i nostri mozziconi.
"no perchè ciavean dito che s'eran quei del Treviso avanti su 'a strada..." proseguì la capa.
"e voi che reparto siete?" chiese Dragonero con aria guascona.
"semo del vicensa" rispose la girl sfilandosi lo zaino, subito imitata dal resto del gruppo. "avemo sbaià strada stamatina e ghe semo perse. L'è tri ore che caminemo sensa fermarse..."
"azz!" intervenni io, "e allora sit down please, che qui c'è bel fresco. Sigaretta?"
La mezz'ora seguente fu tutto un ma come vi chiamate ma quanti anni avete ma quante squadriglie siete ma avete già fatto l'hyke ma che strane le vostre mostrine di specialità e via discorrendo, tranquilli e guasconi nel fresco dell'ombria umbra, sotto querce polverose e infestate di cicale.
Otto scout sbarbatelli equamente suddivisi in base al sesso che in un tardo pomeriggio di luglio incrociavanio le loro storie, uniche come solo possono essere le storie di un campo nazionale scout, scambiandosi sigarette e lattine di Fanta calda come piscio, e storie di bivacchi e capireparto sfigati, e risate e battutine e aneddoti strani di vita all'aria aperta.
Sciammannati adolescenti, avevamo sigarette e libertà e ormoni in circolo e ragazze con cui pirleggiare, e il nostro mondo era lì. La squadriglia dei Koala, reparto Milanottavo, ERA il mondo.
"fasemo 'e foto fasemo 'e foto!" cinguettò ad un tratto una delle pulzelle cavando una Nikon compatta dalla tasca dello zaino per scattare qualche istantanea del nostro bivacco impovvisato.
Pubarelle armeggiò poi con l'autoscatto per un paio di foto di gruppo, noi quattro marpioncelli con sigaretta in bocca stravaccati ai piedi di un masso con le tipe appollaiate sopra.
"Va bon fioi" disse alla fine la capessa trevigiana, "noi 'ndemo che gavemo de n'contrà ialtri gioo al campo". Sollevò lo zaino sbuffando e fece un cenno alle socie "ndemo cicie, ndemo!".
In un lampo erano pronte a ripartire: "venii anca voaltri?" chiesero.
CapoBianco gettò uno sguardo ai suoi prodi: io gironzolavo a piedi nudi cercando tra zaini e sacchetti il mio pacchetto di Lucky; DragoNero, a torso nudo, ribaltava l'intero contenuto del suo zaino nel tentativo di rintracciare la boccetta di Autan, seminando bestemmie e indumenti tutt'intorno; Pubarelle era sparito nel bosco per esigenze intestinali.
CapoBianco tornò a sedersi, sconsolato. "Andate avanti, vi raggiungiamo".
Ci volle un'altra mezz'ora e una corposa sequenza di sacroni da parte di CapoBianco prima di riuscire a ricomporci per riprendere il cammino.
"prendi il guidone" mi disse CapoBianco allungando il primo passo verso la striscia di asfalto.
Io allungai un braccio verso il bastone peloso e subito notai la scatoletta nera appoggiata di fianco sul masso; "naaaaa, guarda qui!" dissi a Dragonero sollevando la Nikon delle vicentine.
"'cattroia" fece lui "ma son rimaste foto?". Pubarelle scrutò la finestrella dietro lo sportello del rullino: "almeno 4 o 5".
Dragonero fu un lampo: mentre CapoBianco ci dava le spalle prese le macchinetta, si girò verso il bosco, si sbottonò i jeans calandoli fino al ginocchio e punto l'obiettivo della Nikon sulla patta. Io e pubarelle dopo un attimo di sorpresa iniziammo a scompisciarci di risate vedendolo così, chiappe al vento, mentre il lampo del flash gli immortalava l'anatomia anteriore.
Pubarelle, piegato in due dalle risa, prese la macchinetta e si dedicò una retrospettiva ravvicinata dei propri quarti posteriori.
"lasciamene una!" dissi con le lacrime agli occhi per il gran ridere. Presi la macchina, mi calai le braghe e mi scattai anch'io un'istantanea ai gioielli.
CapoBianco nel frattempo realizzò ciò che stava accadendo e apparve quasi rassegnato all'ennesima compromissione della sua posizione di caposquadriglia dovuta alle nostre cazzate. Si limitò ad osservare quanto pirla fossero i componenti della sua squadriglia, e chiarì che declinava a priori qualsiasi conseguenza legata allo scherzetto appena concepito.
Partimmo di gran carriera convinti di raggiungere le fanciulle e guadagnarci così la fama dei gentiluomini riconsegnando loro l'apparecchio smarrito. Purtroppo giunsero al punto di ritrovo prima di noi e si persero nella massa maleodorante di scout e guide reduci dall'escursione. Non ci fu verso di rintracciarle.
Andammo quindi io e Dragonero alla postazione degli organizzatori per consegnare l'apparecchio.
Trovai un organizzatore seduto ad un tavolo da campeggio. "L'abbiamo trovata su un masso a lato della strada" dissi consegnandoli la macchina, tutto compìto nel mio ruolo di bravo scout che sta compiendo la buona azione quotidiana. "Abbiamo chiesto in giro, ma non abbiamo trovato di chi possa essere".
"Ci penso io" disse l'organizzatore prendendo la Nikon. "Grazie mille ragazzi" aggiunse alzando la mano nel saluto scout. Rispondemmo al saluto girando i tacchi. Eccheccazzo, noi si che eravamo bravi scout.
Ancora oggi non so cosa pagherei per vedere la faccia di chi ritirò quegli scatti dal fotografo.
Certo, la siccità era un problema, come no. Non pioveva da troppo tempo, i fiumi si seccavano, i laghi svaporavano, e la coscienza collettiva scivolava nel panico della disidratazione incombente. E poi la campagna! Eh si, nelle campagne c'era urgenza d'acqua...
Sarà, ma a me 'sto tempaccio ha già spaccato i maròni.
L'altra sera al termine di Chelsea-Liverpool ho switchato la sintonia del mio presitorico Loewe sulle frequenza mediasettiane di Rete Four dove il vecchio Mike nazionale perpetuava la sua vocazione quizzettara nella trasmissione "Il Migliore".
Il telequiz del Mike mi piace, devo ammettere, è forse rimasto l'unico che riesco a vedere, perchè le varie eredità e chivuolesseremilionario e via discorrendo mi fan girare le bolas. Sembrerà un paradosso, ma i venerandi 80 anni e rotti del buon Mike sono rock, Scotti e il resto della ganga son lenti. E' proprio così: di tutti i telequiz attualmente in programmazione (o almeno nella programmazione Rai-Mediaset) "Il Migliore" è quello che trovo di maggior ritmo. Domande a raffica, viaviavia se la sai bene altrimenti passi, e sotto un'altra, alè.
Senza musichine ipnotiche né tempi laschi né concorrenti che si lanciano nei ragionamenti assurdi per arrivare alla risposta giusta, che tanto si vede chiaramento che non la sanno, ma se gli dai la possibilità di blaterare mezz'ora trovano una qualche logica balzana che giustifica il loro tirare a caso la risposta; così se ci azzeccano tutti a dire "epperò, ha fatto tutto il suo bel ragionamento e alla fine ci è arrivato", mentre se la cannano piena vabbè, però il ragionamento ci poteva stare.
Cagate. Come son cagate le telefonate a casa, e gli aiutini e il pubblico che dice la sua etc.
Le dinamiche dei giochi a quiz hanno funzionato bene per decenni grazie alla loro semplicità: ti faccio una domanda e tu mi dai una risposta entro il tempo fissato, o la sai o non la sai.
"Il Migliore" da quel punto di vista è ancora vecchio stile, il conducator domanda e l'aspirante campione risponde. Vince chi ne sa di più ed è lesto col pulsante.
Ma come sempre sto divagando.
La questione che mi ponevo era un'altra, legata ad un episodio specifico della puntata di ieri.
L'argomento scelto da uno dei concorrenti finalisti era La II Guerra Mondiale, e il Mike ad un certo punto ha sciorinato la domanda: "quale città tedesca è stata totalmente rasa al suolo dagli alleati nel 1945?"
"Norimberga!" ho risposto io, che mi diletto nel dare le risposte ancora prima del concorrente (e senza far troppo il ganassa devo dire che spesso ci azzecco pure).
"Norimberga!" ha risposto il concorrente.
"No, Dresda" ha sentenziato il Mike.
"aaahhh, Dresda" dice il concorrente fingendo contrarietà.
"Che cazzo di Dresda?" mi impunto io "pure Norimberga l'han fatta a tocchelli!" . Mia moglie mi guarda senza espressione.
Arriva il clou della faccenda: "pensate", prosegue il Mike, "che da bambino mi trovavo in un campo di concentramento vicino Dresda e vedevo passare gli stormi di bombardieri... uno spettacolo fantastico! Che bei tempi..."
Ora, io non so molto della vita di Mike Bongiorno, a parte il fatto che da mezzo secolo ci spacca le balle a mezzo video, però mi chiedo:
- perchè ha usato il sostantivo 'bambino' se all'epoca dei fatti citati aveva 21 anni (è nato nel 1924)?
- cosa c'è di 'fantastico' in uno stormo di bombardieri in missione? Potrà essere spettacolare, o impressionante, ma fantastico non mi sembra l'aggettivo più indicato.
- perchè ritiene 'bei tempi' un periodo storico universalmente riconosciuto come una tragedia per l'umanità?
Chi risponde correttamente accede alla finale.
E così papa Ratzinger avrebbe soppresso l'esistenza del limbo, quel luogo di millenaristica concezione teologale destinato ad accogliere tutte le anime che, pur buone e meritevoli di godere il divino fulgore, non avevano ricevuto regolare battesimo e pertanto non appartenevano ufficialmente alla grande famiglia di Sacra Romana Chiesa.
In questo esercito di ingiustamente esclusi la parte del leone la facevano gli infanti trapassati prima dell'iscrizione nelle liste ecclesiali, e pertanto non degni di accesso diretto all'eterna beatitudine del Regno celeste.
La faccenda in effetti era intricata assai, e i teologi medievali che concepirono questo non-luogo di semi-espiazione devono averci machiavellato su mica male.
La materia è complessa, però io son sempliciotto e in quanto tale semplifico. Quando un bimbo viene alla luce è coscienza pura e plasmabile, senza consapevolezza nè facoltà. I suoi genitori, cattolici più o meno osservanti, tramite un ministro di Dio in terra, appongono sulle tenere carni il sigillo di appartenenza all'esercito di Dio onnipotente. Per scelta meditata o -più spesso- per convenzione e tradizione. Da quel momento il piccolo rientra nelle schiere dei giudicabili, e la sua condotta nella futura esistenza determinerà il destino della sua anima nel percorso verso l'eternità. Se sarà un bravo cristiano godrà la beatitudine del Paradiso. Viceversa se vivrà nel peccato subirà in eterno le pene degli inferi. Infine se avrà solo qualche macchietta di colpa da emendare, e magari un buon avvocato, può essere che se la cavi con un pò di espiazione nel purgatorio (altro luogo mistico che, a mio avviso, dev'essere in assoluto quello più affollato).
Il problema si poneva quando il povero infante lasciava le pene materiali ancor prima di ricevere il sugello di appartenenza. Che fare in questo caso? Non si poteva certo incolpare direttamente lui di questa mancanza. Inoltre il suo spirito era candido, non corrotto dalle basse nefandezze della vita terrena: con quale pretesa di carità si negava alla sua anima l'eterna pace riservata ai puri?
C'era poi la faccenda dei pre-cristiani: dove stoccare le tante anime buone di coloro che erano vissuti e morti prima della venuta di Cristo? Quanti uomini d'animo nobile sono vissuti prima che Gesù giungesse sulla Terra per annunciare la Buona Novella? Vogliamo negare anche a queste moltitudini il Paradiso, solo perchè non ne conoscevano l'esistenza?
Ecco allora che il limbo divenne la soluzione. Una convenzione dogmatica in grado di appianare ogni pretesa di redenzione da parte delle anime non convenzionalmente riconosciute. Per secoli il limbo ha continuato ad accogliere anime richiedenti asilo.
Ora, grazie all'opera di una commissione voluta da un caposaldo della dottrina cattolica qual'è il nuovo papa tedesco, il concetto del limbo -inteso nella sua figurazione religiosa come una specie di zona franca riservata agli extra ecclesiam- è destinato a scomparire. Tutti in Paradiso e senza passare dal via, olè. Nella vita dopo la vita o si è buoni o si è cattivi. O Paradiso o Inferno (o Purgatorio, se si ha sgarrato di poco, e poi Paradiso comunque, gogogo). O di qui o di là, o sopra o sotto. senza se e senza ma.
E' il trionfo del bipolarismo in salsa mistica.
Qualcuno ha detto che la ricchezza di un uomo non è data da ciò che possiede, ma dal numero di amici veri che lo circondano...
Dichiaro ufficialmente bancarotta.
L'aumento delle temperature medie di questi giorni non ha mancato di palesare ancora una volta la stupidità innata dei miei concittadini.
Considerazione draconiana, ma basata sulla messa in relazione di due fenomeni concomitanti: l'arrivo del caldo e l'aumento del traffico nell'ora di punta. Da due settimane a questa parte il traffico mattutino che incontro andando al lavoro è cresciuto esponenzialmente di pari passo con la calura. Questo mi fa temere per i prossimi mesi (almeno fino alla pausa estiva) impennate vertiginose nei tempi medi di spostamento sul tragitto casa-lavoro-casa. Al momento siamo intorno all'ora e quaranta. Le stime per la fine di giugno prevedono punte di due ore, due ore e un quarto per un tragitto che in condizioni normali ha una media di percorrenza non superiore a 1 ora.
Ma in che modo l'arrivo del caldo influenza i volumi del traffico, e soprattutto che c'entra tutto questo con l'ottusità innata dell'italiano medio?
E' presto detto: al minimo accenno di afa nessuno vuole più muoversi sui mezzi pubblici. Tutti in auto, che "c'hanno su l'aria condizionata", anche coloro che hanno tragitti brevi da percorrere, o potrebbero muoversi in bici se non addirittura a piedi.
E invece tutti in auto, alè! E aria condizionata a manetta. In questo modo aumenta lo smog, cresce l'effetto serra e fa sempre più caldo, così sempre più persone usano l'auto e scaricano gas serra, e via dicendo. Senza contare i casini provocati dai gas degli impianti di condizionamento.
Io non ho alternative all'auto, e comunque non uso l'aria condizionata.
Certo, se i mezzi pubblici fossero più efficienti, puntuali, confortevoli e magari refrigerati, il fenomeno avrebbe dimensioni minori. Ma buttarsi in strada con l'auto per due gradi in più, quando se ne potrebbe fare a meno, è un atteggiamento da fessi. Se non volete sudare vestitevi leggeri, oppure andate a lavorare in una cella frigorifera, ma per favore non rompetemi i coglioni intasando le strade, eccheccazzo.
Dialogo tra il SuperCirio e un suo collega gobbo juventino all'indomani di Inter-Roma.
- "Cazzarola, certo che a voi interisti vi piace proprio soffrire, eh?!"
- "Mah, che ci vuoi fare..."
- "Mi sa che gli interisti in amore sono come quelli che amano patire, essere maltrattati..."
- "cazzo c'entra?"
- "Si, quelli che godono nel soffrire le pene d'amore, che amano macerarsi nel dolore se la fidanzata li molla, e cose così. Altrimenti non si spiega come uno possa amare una squadra come l'Inter."
- "Oh beh, se vogliamo giocare su queste analogie, allora a voi gobbi piace andare a mignotte."
- (perplesso) "A mignotte?!"
- "nel senso che comprate pure quello."
- "Ah già!" (ride) "Buona questa!"
- "Seee... ma vaffanculo va..."
Attraverso discutibili canali informativi mi giunge notizia che sua Santità Benedetto XVI è un gobbo1.
E pensare che nella mia infinita fiducia verso la bontà dell'animo umano vivevo nella convinzione che l'erede di Pietro, per vocazione e naturale impostazione, fosse per forza di cose una personalità retta da inscalfibile rigore morale. Qui non si discute dell'umana inclinazione di sua Santità verso una passione terrena com'è quella per il calcio, bensì la diabolica tentazione che lo ha portato a schierarsi con le armate dell'AntiCristo in chiave sportiva: la juventus.
Questo è il vero scandalo, altro che le affermazioni sui DICO di Mons. Bagnasco...
1 inteso come tifoso juventino e non persona con difetti di postura.
Qualcuno sostiene che nel tifo per l'Inter vi siano dei risvolti terapeutici.
Datemi retta: non è affatto così.
FORZA RAGAZZI
Oh grande Photoshop, lode e onore a te in secula seculorum...
L'ho saputo solo oggi: sabato scorso a New York è morto, all'età di 76 anni, Johnny Hart, disegnatore, fumettista e creatore negli anni sessanta di due "strisce" a fumetti che restano tra le più amate della mia gioventù: B.C. e il Mago di Wiz.
Per B.C. ho un affetto particolare, perchè lo ricordo abbinato ad un'altra delle mie passioni giovanili: la fantascienza; le sue strisce infatti erano in appendice ai volumi di Urania, dei quali sono stato per anni un accanito divoratore.
Poi le ritrovavo - insieme alle strisce del Mago Wiz- sulle pagine di Linus negli anni d'oro della rivista. Inoltre mia madre, altra grande appassionata delle strisce di Hart, possedeva varie raccolte che leggevo e rileggevo decine di volte, scoprendole ogni volta incredibilmente divertenti e attuali.
B.C. era ambientato nella preistoria, eppure riusciva con impareggiabile senso dell'attualità a prendere per il culo il mondo moderno, e la società USA in particolare.
Il Mago di Wiz, ambientato in epoca medievale, aveva personaggi con una tale caratterizzazione che potrei tranquillamente trasporne una buona metà -vizi difetti e virtù compresi- tra i colleghi e conoscenti con i quali mi trovo ad avere a che fare tutti i giorni.
Il re arrogante e complessato, il guerriero pavido e sbruffone, il boia col suo cinismo universale... i personaggi di Hart incarnavano le nevrosi, le paure e le miserie del nostro tempo spostandole su un diverso piano temporale e proprio in questo, a mio avviso, stavano le ragioni del loro successo.
Anche Schulz coi suoi Penauts descriveva con ironia spaccati d'America, ma nel suo caso era una comunità di bambini, opportunamente "adultizzata", a dare corpo e voce all'America negli anni post Vietnam.
Hart invece operava una traslazione temporale delle vicende che metteva in striscia, affrontando temi di attualità attraverso il filtro di una diversa e più divertente collocazione storica.
Le strips di Hart facevano parte, in quegli anni, di una categoria di fumetti che si definiva intellettuale. Era il periodo in cui uomini di cultura come Umberto Eco e Oreste del Buono esaltavano il ruolo del fumetto come forma d'arte, al pari o quasi di un'opera letteraria.
Oggi le cose stanno esattamente all'opposto. Basti pensare che nel panorama italiano la parte del leone è riservata ai vari Dylan Dog e Martin Mystere. Belli, certamente: albi di Dylan Dog ne ho letti, e con piacere, a decine. Ma l'ironia di B.C. e Wiz era tutta un'altra cosa.
I miei autori di fumetti preferiti erano (oltre ad Hart) Jacovitti, Bonvi e Max Bunker. Tranne quest'ultimo, tutti gli altri se ne sono andati. Anche se mi ritengo solo un appassionato di fumetti e non certo un esperto, credo lo stesso che non siano molti gli autori contemporanei in grado di prendere il loro posto.
Come previsto, Pasqua ha portato abbuffate gloriose e abusi alimentari oltre ogni limite. Perfino con il cioccolato sono riuscito ad esagerare, nonostante non sia mai stato un grande appassionato di cacao e derivati. Il massimo della maialata l'ho raggiunto sciogliendo in un poco di latte un intero uovo di cioccolato, usando poi la crema ottenuta per affogarci generose fette di colomba mandorlata Balocco.
Mi occorreranno ANNI per smaltire gli eccessi di tre soli giorni.
Colesterolo e dott.ssa Mele ringraziano.
Alle dieci di quel mattino di luglio 1983 il sole era già rovente sopra il campo nazionale degli scout a Nocera Umbra. Io e pubarelle camminavamo affiancati lungo una straducola intercomunale, sbuffando per il caldo e per il peso degli zaini. Dieci metri avanti, CapoBianco e Dragonero procedevano silenziosamente in fila indicana, strisciando le Tepa Sport nella polvere del bordo carreggiata.
Dragonero si fermò, si strappò dal capo il cappellone in feltro e cavò dal taschino della camicia il pacchetto di Marlboro.
"fuma, fuma" gli berciò Pubarelle mentre lo raggiungevamo, "vai, aggiungi un altro chiodo alla cassa!". Dragonero accese la sigaretta, mentre io allungavo una mano verso il suo pacchetto. "grazie" dissi sputando la polvere, prima di infilarmi il filtro tra le labbra. "Poi te la rendo, che ce le ho nello zaino".
CapoBianco si era fermato qualche metro più avanti a seguire la scena, appoggiato al guidone di squadriglia. Cercava di annullare il fiatone sbuffando nella calura. "Mi raccomando, fatevi beccare con quelle cazzo di sigarette, neh?" ansimò togliendosi il cappellone e scrutando la riga umida disegnata dal sudore sul feltrino interno. "Che poi è a me che fanno il culo...". Era il capo squadriglia - nominato da poco - e ci teneva a non fare troppe figure di merda. Un po' perchè la fresca investitura lo caricava, e quel raduno nazionale era una specie di battesimo sul campo; un po' perchè i capi reparto erano dirimpettai e amici di sua madre, e badava a non avere rogne con la sua vecchia; infine -e in buona parte- perchè tra tutti i membri di quella squadriglia disastrata, lui era senza dubbio il più serio e maturo. Negli anni a venire lo avrebbe più volte confermato.
"Cazzo dici, CapoBianco" replicò Dragonero, sbuffando una nuvola di fumo dalle narici "non c'è un'anima, siamo praticamente in culo al mondo, chi vuoi che ci becchi?". Pubarelle si accosciò contro il guardrail, tirò fuori il suo pacchetto di Philips Morris e si mise ad armeggiare con l'accendino. "In effetti mi sa che ci siamo persi" disse soffiando un anello di fumo "CapoBianco, ma mica dicevi che dovevamo trovare un cazzo di incrocio?"
"Io l'ho detto?!" replicò CapoBianco, pestando il guidone sull'asfalto squagliato "è 'sta cazzo di cartina che lo dice!"
"Fa vedere" gli dissi prendendo il pezzo di carta spiegazzato. Ripassai l'elenco delle località e dei punti di riferimento che avremmo dovuto incontrare. Cercai di stabilire qualche relazione tra gli elementi incontrati nell'ultima mezz'ora di cammino e quello scarabocchio che gli organizzatori ci avevano consegnato, definendolo pomposamente 'mappa', quella stessa mattina dopo l'adunata.
"Non si capisce un cazzo" conclusi restituendo a CapoBianco il foglio. "In effetti avremmo dovuto trovare un incrocio almeno due chilometri fa, e lì svoltare a destra".
"Ma un incrocio o un bivio?" chiese Pubarelle sfilandosi gli spallacci dello zaino. Con una flessione del dito medio scagliò il mozzicone in mezzo alla carreggiata.
"Cazzo fai, che bruci tutto!" sbraitò CapoBianco, premurandosi di uccidere il mozzicone con un preciso colpo di guidone.
"Se invece di un incrocio doveva essere un cavolo di bivio, allora l'abbiamo sì superato... almeno un quarto d'ora fa, però" proseguì Pubarelle. "Ma com'è disegnata 'sta mappa?" chiese sfilando il foglio dalle dita di CapoBianco. Scrutò per un attimo lo scarabocchio. "No, qui dice proprio un incrocio. E allora ci siamo persi di brutto". Pubarelle aprì lo zaino cavandone la borraccia e un fazzoletto semi pulito. "Adesso cazzo facciamo?" chiese asciugandosi le gocce di sudore dal collo.
CapoBianco puntò il guidone avanti, verso la curva in fondo alla strada: "Proseguiamo. Prima o poi qualcosa troviamo".
Mezz'ora dopo il sole era quasi a picco. Il caldo si era fatto soffocante e camminavamo in silenzio, tenendo a portata di mano la borraccia. L'acqua all'interno era caldiccia e sapeva di metallo. Cappelloni e camicie d'ordinanza penzolavano dai ganci degli zaini, mentre arrancavamo sbracati e incazzosi lungo la striscia di asfalto bruciato. Più che una squadriglia Scout in missione, sembravamo una di quelle combriccole di saccapelisti nordici in visita a Venezia. Incrociammo almeno tre o quattro macchine in transito, e ogni volta CapoBianco doveva lavorare di bestemmie, suppliche e minacce per impedire a Dragonero di sdraiarsi in mezzo alla carreggiata per bloccare il conducente e costringerlo a darci un passaggio.
Inoltre quella stradina dimenticata da dio era poco frequentata, e per lo più da traffico locale: gente arcigna e sospettosa che schiacciava sull'acceleratore non appena scorgeva il nostro trasandatissimo capannello.
La strada declinava dolcemente da circa un chilometro attraverso un bosco di querce e faggi quando all'improvviso, superata un'ampia curva a destra, apparve in lontananza la sagoma rossastra e sfocata dalla calura di un segnale di stop.
"Incrocio! Incrocio!" gridò Pubarelle, raschiando polvere dalla gola asciutta.
CapoBianco alzò il guidone sopra la testa, brandendolo come un'arma d'altri tempi. "Cosa vi avevo detto che prima o poi qualcosa si trovava? Chiaro che era la strada giusta! Sempre a dire cazzate, voi."
"ma va' a cagare!" replicai scollandomi dalla schiena la t-shirt fradicia di sudore. "Oltretutto non ci sarà mica un solo incrocio in 'sto posto di merda, no? Per quanto ne sappiamo potremmo essere a chilometri rispetto al punto previsto".
La nostra strada aveva diritto di precedenza rispetto a quella, più stretta e malmessa, che andava ad incrociare. Sull'altro lato, le strisce di asfalto delimitavano uno spiazzo erboso che si spingeva fino ai fianchi di una collinetta boscosa qulche decina di metri oltre. C'erano mucchietti di segatura e monconi di rami tagliati tutto intorno.
Con un solo movimento delle spalle Dragonero si scrollò di dosso lo zaino, lasciandolo stramazzare tra le erbacce sul lato della strada. Frega un cazzo" disse piazzandosi a gambe larghe in mezzo all'incrocio, a cavallo della riga di stop, "io adesso mi sbatto giù e frega un...."
"Corri!" gridò Pubarelle, da dietro un mucchio di ramaglie, frasche secche e tronchi segati, "corri qui di brutto! Che lippa! Corri!"
Dragonero fu il primo a raggiungerlo dietro il mucchio di frasche. "nooooo! bella storiaaaa" gridò, mentre io e CapoBianco giungevamo all'unisono sul punto della scoperta.
Appoggiata ad un mucchio di terra e rami secchi se ne stava, solitaria e invitante, una moto da cross di media cilindrata.
"Vai! Si ruba!" esordì Dragonero mettendosi ad armeggiare con il rubinetto della benzina.
Pubarelle, che in virtù di un fratello appassionato di trial era quello maggiormente qualificato per trafficare su quel genere di mezzo, puntò un piede sulla pedivella e con un balzo fu a cavalcioni del mezzo. "Questa non ha neanche bisogno di chiavi per partire" sentenziò, e con un colpo secco affondò sul pedale di accensione. Il mezzo emise un breve, cupo brontolio dalla marmitta, e subito tacque.
"Oh, cazzo fai?!" sbraitò apprensivo CapoBianco, mentre già roteava a trecentosessanta gradi le orbite oculari alla ricerca di pericolose presenze umane nei dintorni. "Non fare cagate, che poi ci beccano e ci fanno un culo così."
Ormai noi tre sottoposti eravamo nello stato di eccitazione sufficiente a far rimbalzare ogni protesta del capo. Dragonero controllava la presenza di miscela e io, poco avvezzo a trattar motocicli di quella taglia, tenevo in bilico il mezzo afferrandolo per la sella sgualcita, mentre Pubarelle pestava duro sulla pedivella. Dopo dieci minuti di tentativi inutili eravamo madidi di sudore e incazzatura. Mollammo il colpo, e tornammo a stravaccarci nell'erba alta dello spiazzo.
Esattamente un minuto e 20 secondi dopo, uno strano figuro coperto da pantaloncini da lavoro, canottiera bianca e cappellino calcato sugli occhi, sbucò da dietro i primi faggi della collinetta.
"Siamo periti" annunciò Dragonero con aria divertita, e con quel sorriso che gli si stampava regolarmente in faccia nelle situazioni ad alto tasso adrenalinico.
CapoBianco si prese male; "adesso diteglielo, che avete fatto i pirla!" sibilò sottovoce, preoccupato dalle possibili ripercussioni sulla sua carriera di capo squadriglia, e sui rapporti di vicinato coi capi reparto; "adesso sono cazzi vostri!".
Il figuro puntò nella nostra direzione. Aveva valutato l'eccessiva vicinanza del nostro gruppetto alla sua moto (sapevamo senza necessità di conferma che il mezzo era suo) e accelerava il passo con costanza, mentre il falcetto appeso alla cintura sbatacchiava lanciando riflessi poco allegri.
Il personaggio, un contadinotto sulla cinquantina dall'aria un pò rincretinita, era ormai a una decina di metri dalla nostra posizione quando il Pubarelle lo accolse con un "salve!" fintamente amichevole. Per tutta risposta il tipo indicò la moto con una manona e domandò qualcosa in un dialetto locale che, ovviamente, nessuno capì. Rimase un paio di secondi ad osservare la migliore faccia di palta che io e Dragonero eravamo maestri nell'impostare in simili situazioni, poi ripetè la domanda in modo quasi intellegibile: "toccato moto?".
"Moto?" chiesi io, girandomi verso il mezzo come se lo vedessi per la prima volta. Scuotemmo il capo guardandoci l'un l'altro con aria di costernata sorpresa.
Il tipo non sembrò affatto convinto. Si avvicinò alla moto biascicando qualcosa, poi si mise ad armeggiare intorno al rubinetto della benzina. Salì in sella e cominciò a spingere sulla leva dell'avviamento, una, due, tre volte. Neanche con lui il motore sembrava avere buone intenzioni. Il tipo lasciò partire un'imprecazione e alzò lo sguardo verso di noi, che nel frattempo ci eravamo alzati e puntavamo a recuperare ognuno il proprio zaino.
"'ngolfata" borbottò, condendo il tutto con una paio bestemmie. Mise la marcia in folle, smontò di sella e cominciò a spingere il mezzo tenendolo per il manubrio. Io e Pubarelle intuimmo subito le intenzioni e, quasi a sottindere una nostra ammissione di colpa nella faccenda, volevamo di emendarci offrendo un contributo alla spinta. Arrivati sull'asfalto iniziammo a spingere con maggior voga, e raggiunta la giusta velocità il tizio balzò il sella calciando con forza la leva della marce. Io e Pubarelle incassammo la prevista resistenza del motore aggiungendo spinta, mentre il motore gemeva cupo sputando benzina incombusta. Ci vollero altri due o tre tentativi di questo genere prima che il motore iniziasse a mostare segnali di corretta carburazione, finchè tra scoppi e nuvole di fumo oleoso riprese faticosamente a vivere. Il tizio tirò un paio di 'sgasate' pesanti e regolò per l'ultima volta il rubinetto della benzina mentre il motore bofonchiava finalmente con regolarità.
"Bueno" disse Pubarelle asciugandosi il sudore con il fazzolettone di reparto. Trottammo indietro verso l'incrocio, dove nel frattempo CapoBianco e Dragonero avevano già rimesso a contatto gli zaini con la schiena. Il tizio infilò la prima e con una sgasata era sulla linea di stop. "I scott?" ci chiese con una certa cordialità, fino a quel punto sconosciuta. "Scout si, boy scout" rispose capo CapoBianco.
"andate dove?" incalzò il villico.
CapoBianco sfilò la mappa dalla tasca posteriore dei jeans strappati e la spiegò sul serbatoio, indicando col dito il nome della località che avremmo dovuto raggiungere almeno due ore prima.
Il tizio scrutò perplesso il foglio per qualche secondo, poi parve rianimarsi di scatto: "andate lì??" chiese puntando un dito sporco nello stesso punto indicato da CapoBianco. Lo guardammo. "Lì?" ripetè lui guardando a turno le nostre teste che annuivano perplesse.
Il tizio scoprì una fila di denti gialli e irregolari in una parodia di sorriso, e inserì la prima con un colpetto dello scarpone. "Va là, scott!!" rise, e indicò la direzione da dove eravamo venuti, "dall'altra parte, parte opposta!" ribadì con aria divertita. Prese la mappa, e la ruotò orientandola secondo riferimenti a noi ignoti. Il punto di arrivo risultò deviato di centottanta gradi rispetto ai nostri calcoli. Restituì la mappa al sommo CapoBianco e diede due colpi di acceleratore mentre col tacco dello scarpone inseriva la prima.
"Va là, scott!" ripetè con il suo marcio sorriso, e mollò la frizione. Lo seguimmo con lo sguardo, in silenzio, mentre spariva oltre la curva in una nuvola di fumo biancastro.
(continua?)
Gli americani sono avanti, dobbiamo ammetterlo.
Ecco ad esempio come un professore statunitense ha brillantemente risolto il problema dell'invadenza dei telefonini in aula.
Ne prenda buona nota il nostro ministro Fioroni...
Epperò con quante forme si palesano i cambiamenti! Oggi ad esempio ho deciso di sistemare le vecchie foto. Una volta questo significava scrollare la polvere dai vecchi album ingialliti, riesumare dalla soffitta scatole e scatoloni di foto da scartabellare poi, con pazienza e malinconia (warning: innesto poetico), lungo un intero pomeriggio di pioggia. Alla fine il tutto, esclusa la polvere, tornava esattamente da dove era venuto per qualche annetto ancora.
Oggi invece mi sono seduto al pc e ho spostato un po' di immagini tra le varie cartelle, che in questo caso diventano la versione digitale dei vecchi album. Grazie al fido Photoshop ne ho rimaneggiate in quantità per correggerne errori di esposizione e difetti. Alla fine ho archiviato il tutto su dvd. Un solo, semplice cazzutissimo dischetto di platica e alluminio. Ah, il progresso!
Magari mancherà la poesia dei vecchi album da sfogliare, ma vuoi mettere la comodità? E poi senza polvere, eccheccazzo.
Non mi intendo di cinema. Non so una cippa di attori, filmografie dei grandi registi o rassegne internazionali. Per capirsi, vado al cinema con la stessa frequenza con cui vado nello spazio.
Tutto ciò premesso, mi limiterò a dire che Little Miss Sunshine è un gran film.
Uno di quei film che hanno l'aria di essere costati 4 (quattro) soldi, ma che sanno piazzarsi nella testa e lasciare un buon ricordo, piccolo piccolo, ma sufficiente a convincerti che prima o poi lo rivedrai, e sai che sarà ancora un piacere, come può esserlo a volte reincontrare un vecchio compagno di scuola simpatico e zuzzurellone.
La trama è semplice: una famiglia borghese decide di far partecipare la non bellissima figlia di sette anni ad un concorso di bellezza per mini miss. Ne uscirà una picaresca avventura che porterà ognuno degli scalcinati membri a ribaltare il modo di rapportarsi con gli altri appartenenti alla famiglia, oltre che con loro stessi. Un film divertente senza sboccature, profondamente umano pur senza compassioni, crudele e consolatorio allo stesso tempo.
Di solito a questo punto i veri appassionati di cinema saprebbero sciorinare nomi e curricula del regista e degli attori, quali altri film hanno già fatto, se e quanti oscar/palme/leoni/orsi/strakazzi il film ha vinto. Magari butterebbero lì un paio di gustosi aneddoti occorsi durante le riprese, o un pizzico di gossip sugli attori non protagonisti.
A me basta pensare che questo film è uno spaccato di America, o almeno di come io immagino l'America di oggi. E' la storia di una (tipica?) famiglia americana alle prese con i miti del successo, della notorietà a tutti i costi, della ricchezza facile. Una metafora paradossale del Grande Sogno Americano che è alla portata di tutti, esclusi coloro cui il destino ha riservato un programma differente; e nonostante ciò lottano, graffiano e gridano la loro grottesca umanità dentro una vita che sentono non essere quella giusta, per affermare infine ciò che in fondo hanno sempre sospettato: a questo mondo non sempre si vince. Un film da vedere e rivedere.
Bellissima anche la soundtrack, soprattutto il brano d'apertura.
C'è qualcosa che mi sfugge nell'interpretazionme della situazione climatica da parte dei media nostrani: qualche settimana fa, quando le temperature massime viaggiavano circa 4/5 gradi sopra la media, le cassandre ambientali scatenavano i loro cupi presagi circa l'imminente desertificazione dell'intero pianeta. Non usciva quotidiano senza una notizia di sciagure e cataclismi imminenti in prima pagina. Titoli da Apocalisse: mai così caldo da 50 anni! No, saranno almeno 80 anni... vabbè, facciamo un secolo che stiamo più sicuri... E' giù tutti a profetizzare scenari da catastro-kolossal hollywoodiano.
Oggi, dopo giorni e giorni con temperature di 4/5 gradi SOTTO la media, nessuno dice più un cazzo. Adesso va tutto bene, tutto è regolare. Anche ritrovarsi la mattina del 29 marzo in mezzo alla nebbia con 4°C di temperatura.
Da amante del caldo e dell'afa (si, mi piace l'afa, ADORO l'afa!) mi ribello e denuncio questa evidente discriminazione climatica da parte dei media.
Forse dovrei guardare film americani con attori semisconosciuti
forse dovrei mangiare pesce crudo in certi ristoranti del centro
forse dovrei ascoltare musica new age di gruppi etno-pop
forse dovrei far parte di una ONG che soccorre i profughi del Darfur
forse dovrei impormi una calligrafia più leggibile
forse dovrei avere 1500 voci nella rubrica nel mio cellulare
forse dovrei vivere nei sobborghi di Seattle
forse dovrei avere un lavoro autonomo
forse dovrei avere orari assurdi
forse dovrei imparare a fischiare con le dita
forse dovrei avere un'amante di Ferrara
forse dovrei fare una radiografia ai seni paranasali
forse dovrei aver letto l'intera bibliografia di Kant
forse dovrei comprare una chitarra elettrica e imparare a suonarla
forse dovrei frequentare gente che fa politica e crede in Dio
forse dovrei possedere un paio di scarpe blu
forse dovrei telefonare a due persone che non sento da anni
forse dovrei scrivere poesie che parlano di notti sul mare
forse dovrei provare a laurearmi in legge
forse dovrei scrivere una mail a mio cugino
forse dovrei riprendere a suonare la batteria
forse dovrei comprare delle riviste di fotografia
forse dovrei giocare a bridge, se solo ne fossi capace
forse dovrei correre 12,7 Km ogni sera
forse dovrei convincermi che le barbabietole sono buone
forse dovrei scappare in Nicaragua e vivere di espedienti
forse dovrei studiare la programmazione a oggetti
forse dovrei tatuarmi un tribale sulla caviglia destra
forse dovrei ricordare a memoria il peso atomico dell'Antimonio
forse dovrei cambiare le pastiglie dei freni
forse dovrei vedere il sole tramontare dietro il monte Paektusan
forse dovrei piangere ascoltando brani dei Russian Circles
forse
Molti forse conoscono già Pandora, una Internet Radio che a dispetto del nome inquietante si sta rivelando una vera cuccagna per musicofili.
Basata sul Music Genome Project, Pandora è fondamentalmente una web radio che permette l'ascolto in streaming di brani musicali selezionabili mediante ricerca per artista o titolo. Automaticamente il sistema compila una selezione di brani le cui caratteristiche richiamano per sound e stile l'artista o il brano ricercato.
E fin qui, tutto sommato, niente di nuovo: anche altri servizi quali Yahoo Radio, Live365 o Last.fm sono basati più o meno su questo principio del "similar artist or soundlike". Scelgo un artista e il sistema me ne sciorina una sfilza teoricamente simili. Purtroppo questo meccanismo ha una criticità intrinseca legata ai metodi di classificazione dei vari artisti, vincolato spesso alle rigide compartimentazioni (tanto care ai discografici e ancor più ai critici) per genere musicale; inoltre questi servizi spesso delegano all'utente l'onere della catalogazione in base a discutibili principi transitivi: se X utenti ascoltano brani sia di Tizio che di Caio, significa che Tizio e Caio sono artisti simili. Il metodo funziona, ma i limiti sono intuibili.
Pandora invece ha un approccio sì basato sui generi, ma integra una profondità analitica assoluta e ineguagliata. Ogni brano viene analizzato e catalogato in base all'artista ed al genere musicale cui appartiene, ma non solo: per la tassonomia di ogni singolo pezzo vengono presi in considerazione oltre 400 parametri quali la melodia, il ritmo, l'armonia, gli strumenti musicali presenti, la durata dei brani, le parole dei testi, le sfumature nella voce del cantante, e via dicendo. In pratica vengono mappati i 'geni' di ogni brano musicale.
E' possibile definire fino a cento artisti preferiti e per ognuno Pandora si occuperà di stilare e proporre all'ascolto una compilation di brani "geneticamente simili". Una vera pacchia.
Non ho provato con la ricerca di autori italiani, ma tutto sommato neanche mi frega di provarci.
n.b. post da leggere stringendosi delicatamente i gioielli con una mano
Nell'era dell'informazione va da sè che alcuni dati sulla tua persona, nome e cognome in primis, possano ritrovarsi un pò dappertutto. Database anagrafici, software bancari, schedari digitali di società, enti, imprese... Nel corso di un a normale esistenza i nostri nomi circolano su decine, o forse centinaia di sistemi informativi differenti. Quando però ti ritrovi registrato su un software gestionale come questo, puoi essere certo che è per l'ultima volta...
C'era F. che era amico mio e di E. e stava nella classe di fianco alla nostra (io e E. eravamo compagni).
Erano i primi anni delle superiori e il vecchio F. era un bravo ragazzo, sicuramente molto più di E. e del sottoscritto; e poi gli piaceva studiare, cosa che io ed E. invece facevamo a tempo perso.
Durante l'intervallo ci ritrovavamo tutti insieme in corridoio per fumarci una sigaretta.
F. fumava la mia stessa marca di sigarette, le Lucky Strike, e spesso ce le scroccavamo a vicenda. Poi passò alle Camel, quelle col pacchetto giallo vecchio stile, ma il rito di scroccarcene qualcuna ogni tanto continuò lo stesso. Oltre alla passione per il tabacco tostato avevamo in comune quella per la musica, ne parlavamo in continuazione. Più che altro io e F., perchè E. era un mezzo fighetto dalla griffe facile e il padre commercialista: la sua anima adolescenziale non fiammeggiava del sacro fuoco della ribellione, e preferiva stordirsi con le cagate pop di quegli anni sterili.
F. e io invece convergevamo, anche se certe sue derive metal a volte lo spingevano su nebulose distanti anni luce, salvo poi vederlo tornare dopo tempi indefiniti, magari a cavallo di un qualunque Guccini prima maniera. Era fatto così. Eravamo fatti così.
Gli anni della scuola volarono e noi tre anime agitate ci disperdemmo. Non passò molto tempo e un pomeriggio incontrai F. in metropolitana. Io tornavo da una delle prime lezioni della mia breve carriera universitaria mentre lui, militare di leva, rientrava dal servizio presso non so quale caserma milanese. Mi sembrò tranquillo, aveva ottenuto l'avvicinamento e gli era consentito dormire a casa invece che in caserma. E poi non gli mancava molto al congedo, era questione di pochi mesi ormai. Mi descrisse un paio di progetti di lavoro che voleva mettere in pratica una volta rientrato nei ranghi civili. Mi parlò anche di E., con il quale aveva mantenuto i contatti.
Me lo ricordo tranquillo. Non so dire se fosse felice, né ho la pretesa di saper valutare se e quanto il mio prossimo sia felice, però posso dire che F., in quell'occasione, mi parve sereno. Tranquillo, rilassato e sereno.
Per questo all'inizio mi fu difficile credere alle parole di A., quando una domenica mattina di qualche mese dopo mi chiamò per dirmi che avevano trovato la Ford di F. col motore acceso, un tubo da irrigazione che collegava la marmitta al finestrino, e il cadavere di F. seduto al posto di guida.
Qualcuno mi disse che gli avevano trovato stretto tra le dita un foglietto con scritto un nome da donna; qualcun'altro azzardò che la ragazza in questione avesse anche presenziato alle esequie, tenendosi silenziosamente in disparte.
Io ricordo soltanto che F. amava come me i Pink Floyd e il tabacco tostato, e che il giorno del suo funerale splendeva il sole, come oggi.
La vita è come il Campo Minato di Windows: a volte ti impone di fare una scelta, ma per quanti sforzi tu faccia perchè sia la migliore, becchi sempre e comunque la mina...
"Allora senti, facciamo così" mi dice la dott.ssa Mele (in nomen omen, mai cognome fu più azzeccato) mettendo mano al blocco delle prescrizioni "fai 'sti esamini del sangue e vediamo tra le altre cose com'è messo il colesterolo, che se è altino poi vediamo un pò cosa fare... al limite un pò di dieta..."
"ALT!" la interrompo "dottoressa, abbia pazienza, ma io sono tre anni che sto a dieta. TRE ANNI. Se salta fuori che c'ho il colesterolo alto mi da le pastiglie, perchè io più a dieta di così non so cosa caz..."
"vabbé vabbé" taglia lei "aspetta che prima vediamo come vanno 'sti esami, no? Dai, ci risentiamo poi quando hai gli esiti e vediamo, ok?"
"Ok..."
colesterolo totale: 225 mg/dl - valore riferimento: max 200 mg/dl
Porca di quella troia.
Tre anni di verdure e riso in bianco per ritrovarmi con il colesterolo di un orco. A questo punto non voglio più sentir ragioni: O PASTIGLIE, O MORTE! (in tutti i sensi, temo...)
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