Devo dire che qualche sospetto l'avevo avuto, e l'altro giorno su un quotidiano ne ho trovato la conferma: tenetevi forte perchè è una bomba... Tinky Winky è gay!
A essere onesto devo ammettere che quei cavolo di Teletubbies non mi hanno mai convinto. Sospettavo ci fosse qualcosa di poco chiaro sotto. Era una sceneggiata che non poteva stare in piedi: pupazzi pancioni che caracollano tutto il giorno sui prati fioriti balbettando sillabe a caso e canzoncine autistiche... e in che contesto poi: altoparlanti a forma di periscopio che spuntano dal terreno, frotte di conigli (animali simbolo della fornicazione compulsiva) che scorrazzano su per le colline, aspirapolvere che si muovono da soli... Più che un prodotto televisivo per bambini sembrava un delirio onirico indotto dall'abuso di acido lisergico.
A tutto questo ora si aggiunge la denuncia di una signora polacca, esponente di non so quale istituzione cattolica schierata in difesa della famiglia, che accusa Tinky Winky di essere un'icona gay. Un modello negativo nei confronti dei bambini europei che seguono con tanto interesse le vicende dei quattro pelosoni saltellanti.
Secondo l'articolo, apparso su un famoso giornale a distribuzione gratuita, ci sarebbero più elementi che inchiodano Tinky Winky: innanzitutto è viola, il colore dell'omosessualità (non lo sapevo). Poi quell'antenna sulla testa a forma di triangolo (tutti e quattro i mostriciattoli ne hanno di fogge diverse), altro simbolo appartenente all'iconografia gay (pure questo mi sfuggiva). Infine, a ulteriore e definitiva conferma delle sue presunte devianze sessuali, c'è l'inseparabile borsetta rossa. La borsetta è un accessorio tipicamente femminile, quindi per quale motivo Tinky Winky, che si ritiene appartenere al genere maschile, ne fa un così disinvolto sfoggio? La faccenda non è chiara.
A questo punto ritengo però doveroso esprimere la mia personale posizione nei confronti degli omosessuali verso i quali non nutro alcun pregiudizio, convinto come sono che ognuno abbia il diritto di vivere liberamente la propria sessualità, purché questo avvenga nel rispetto della libertà e della dignità altrui.
Credo però che i Teletubbies siano comunque un elemento deviante nella crescita morale dei bambini, ma non per causa del bistrattato Tinky Winky, che in fin dei conti non dà fastidio a nessuno, quanto degli altri tre sciammannati ai quali si accompagna.
Prendiamo ad esempio Dizzy: è un tossico. Si fa sempre i cazzo suoi. Indossa un discutibile cappello pezzato confezionato scuoiando cuccioli di dalmata. Ha una naturale tendenza alla ribellione e sembra quello più incline ad un futuro da delinquente. Credo di averlo sentito bestemmiare in almeno un paio di occasioni.
Poi c'è Lala che è l'unica femmina del gruppo. ma la situazione non la mette per nulla a disagio. Anzi, sta sempre chinata a raccogliere la sua cavolo di palla mostrando con malizia il deretano al resto della banda. Ha disturbi alimentari, non finisce mai la sua tubbiepappa e se mangia un tubbietoast corre subito a vomitarlo di nascosto.
In ultimo Poo, il più piccolo della gang, è viziato e chiassone. Approfitta della minore età per vessare gli altri con i suoi capricci. Ruba sempre la Tubbiepappa a Lala (anche se lei non la mangerebbe lo stesso, per i motivi di cui sopra). A tavola non sta mai composto e tira i pezzi di tubbietoast addosso a Noo-Noo, l'indifeso aspirapolvere di casa. Possiede un monopattino nuovo fiammante ma non lo presta mai a nessuno.
Davanti a così ben più gravi esempi di degrado comportamentale, la borsetta di Tinky Winky costituisce il minore dei mali in assoluto.
Tuteliamo l'integrità morale dei nostri piccoli, boicottiamo i Teletubbies!
Non so -o non ricordo- se ho già parlato dell'ultima impresa degli idioti1. A questa combutta di dilettanti della progettazionme urbanistica non bastava aver ridotto ad una corsia per senso di marcia la statale del Sempione, o aver ingolfato l'ingresso alla zona nuova fiera con la più inutile delle rotatorie: non paghi di cotante maestose cazzate, i geni hanno concepito la madre di tutte le fesserie viabilistiche: la chiusura dell'ingresso di Rho-Pero alla Tangenziale Ovest.
Ebbene, chiunque abbia una minima cognizione circa i volumi di traffico in una grande città come Milano, sa che un ingresso alla tangenziale è come una diramazione aortica: se fermi il flusso, i tessuti vanno in necrosi. Al di là delle analogie fisiologiche, la chiusura di quell'accesso condiziona ormai da parecchie settimane il traffico in un'area già caotica per sua stessa natura. Senza contare che in una situazione già così precaria basta pochissimo perchè i disagi si ingigantiscano a dismisura. Come successo ad esempio proprio ieri mattina all'ora di punta, quando una bisarca in panne ha completamente paralizzato la circolazione sia sulla statale che sulla tangenziale (a tal proposito vorrei ringraziare le forze dell'ordine preposte al controllo del traffico: nell'ora e mezza che ieri ho passato inchiodato nell'ingorgo non si è fatto vedere NESSUNO).
Qualcuno obietterà che i disagi sono inevitabili in quanto in tutta la zona della nuova fiera sono in corso pesanti interventi sulla viabilità e che in futuro, ultimati i lavori, la situazione tornerà "normale". Mi chiedo però se queste conseguenze siano state valutate correttamente in sede di progettazione, e se sono state considerate tutte le possibilità per ridurre al minimo l'imptto sulla viabilità nel corso dei lavori. Io, da utente, do una sola risposta: no.
1tutti coloro che hanno un ruolo nella progettazione e gestione della viabilità nella zona della nuova fiera di Rho-Pero.
Mi pregio comunicare alla popolazione tutta di codesto simpatico pianeta che in giornata di ieri, addì 13 del mese di giugno dell'anno del Signore duemilasettimo, alle ore 12.15 circa, ho espresso scelta informata in merito alla futura destinazione del mio TFR.
La sfarzosa cerimonia di consegna del modulo firmato si è tenuta presso gli uffici amministrazione del personale alla presenza di due svogliatissime addette.
Copia fotostatica del modulo, impreziosita con data e timbro della Società, mi è stata debitamente restituita a titolo di ricevuta.
premessa: post volutamente saturo di qualunquismo, indignazione generica e considerazioni sommarie. Tutti effetti che in genere mi vengono indotti dalla visione di Report su RaiTre o -come nel caso specifico- dalla lettura della prefazione al nuovo libro di G.A. Stella.
E' da qualche tempo che i giornali battono l'argomento della sfiducia dei cittadini italiani nei confronti della classe politica e delle istituzioni.
Oggi ho ricevuto un'altra email di denuncia circa un presunto, ennesimo aumento di stipendio che deputati e senatori si sarebbero autoconcessi, il tutto nel colpevole silenzio dei media.
Poche settimane fa un sondaggio rivelava che circa il 70% degli italiani nutre una considerazione nei confronti della classe politica prossima allo zero assoluto.
Il presidente Napolitano ha ammonito le istituzioni a recuperare quella credibilità politica che ormai pare ogni giorno più in discussione nella pubblica coscienza.
Qualcuno ha ipotizzato l'avvento di un altra crisi come quella del '92, quando l'intero establishment fu scosso fin nelle fondamenta dal ciclone di Mani Pulite.
Infine, non è un caso se "La Casta", l'ultimo saggio di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella incentrato sul malaffare e gli sprechi della politica italiana, è balzato in testa alle vendite appena apparso nelle librerie.
Io volevo comprarlo. Ne ho letto su internet qualche estratto dal primo capitolo: mi è venuto mal di fegato. Non credo che riuscirei a reggere il nervoso se lo leggessi per intero. Troppo lo schifo, troppe le sconcerie che la classe politica italiana, la "casta" appunto, si permette in spregio agli stessi cittadini ed alla fiducia che attraverso l'esecizio del voto è stata riposta nel loro operato.
Stella si pone una domanda che nella sua spiazzante semplicità demagogica racchiude tutto il senso di sgomento che ci coglie dinnanzi alle inaudite storture di cui è capace il nostro establishment: quale futuro può avere un Paese in cui succede tutto questo?
Abbiamo permesso alla nostra classe dirigente di costituirsi a sistema di potere in grado di alimentare se stesso. Un'anomalia mostruosa che attraverso meccanismi di autotutela si garantisce livelli di impunità inconcepibili in tutte le altre grandi democrazie occidentali. Un meccanismo perfetto i cui delicati congegni si contrappesano in un eterno equilibrio tra clientelarismi, corruzione ad ogni grado e livello, collusioni con il mondo degli affari e della finanza, penetrazioni mafiose.
Sto generalizzando, è vero, e non è corretto. Perchè anche tra gli esponenti della nostra politica esistono tantissimi elementi votati alla causa del comune interesse, persone che interpretano con serietà e svolgono con correttezza i compiti del loro mandato.
Ma il malcostume e la malafede sono vizi diffusi nei Palazzi, e lo sono in maniera assai bipartisan, senza distinzioni ideologiche o di schieramento. Basti pensare allo scandalo che infuria proprio in questi giorni attorno alle intercettazioni telefoniche dei vertici DS nel periodo dell'affaire Unipol. Un altro esempio di collusione tra affari e politica, tanto più dirompente in quanto coinvolge fazioni politiche la cui ideologia ha tradizioni di antagonismo rispetto alle realtà del capitalismo, non di consenso alle sue regole (a volte anche poco chiare).
Nel grande gioco della finanza, il compito della politica dovrebbe essere quello di chi detta le regole e vigila perchè vengano rispettate; non quello di sedersi al tavolo e giocare, magari barando.
...perchè la finezza di certe sue analisi sul variegato e luccicante universo catodico sono inarrivabili.
Bastino a titolo d'esempio queste considerazioni sulla neonata "Tv delle Libertà", ennesima esibizione di strapotere mediatico da parte del cav. Berluska.
Dal canto mio mi permetto solo integrare l'ottima disamina di Grasso concentrandomi sulla parte finale del video dove vengono riproposti alcuni estratti della trasmissione inaugurale, con l'intervento telefonico a sorpresa (?) del cav. in persona. Notare gli sconcertanti silenzi che accompagnano le prime battute e in particolare quelli della direttrice/conduttrice, la strafighissima Michela Vittoria Brambilla, che in più occasioni mostra scarsa professionalità "trascinando" imbarazzanti pause nei dialoghi. Da Berlusconi non si pretende che sappia fare televisione, nonostante la sua tendenza alla sovraesposizione mediatica e un notevole talento per l'avanspettacolo. Però una conduttrice, che è anche direttrice dell'emittente, mi aspetto che sappia cavalcare i ritmi della diretta e che gestisca con professionalità i tempi di un'intervista, seppur a sorpresa.
Potrei sbagliarmi, ma ho la sensazione che la bella Michela occupi quella posizione per meriti non proprio giornalistici. Si dice sia entrata nel cuore del Berluska: secondo me anche nei pantaloni. Questo è un blog inutile e qualunquista, per questo dico schietto come la penso: il Berluska se la scopa e in cambio le ha regalato il giocattolino della "TV Della Libertà" per trastullarsi un po', che in ogni caso porta acqua al suo mulino.
Questo è un Paese di nani e ballerine e la "TV della Libertà", nella sua prima trasmissione, ce li ha mostrati entrambi.
Mi onora informare la popolazione di codesto luminoso pianeta che iei ho cambiato profumo.
Terminato il lungo sodalizio con Chopard Pour Homme, ho scelto di inziare una nuova avventura con 'Soul' l'ultima fragranza di casa HUGO acquistata giusto ieri da Limoni in c.so Vitt. Emanuele.
M'è costato un botto; in compenso Limoni ci ha rimesso altrettanto, considerata la montagna di striscioline di carta prova-essenza che ho fatto fuori prima della scelta definitiva.
Giusto per informazione: 'SOUL' fa cagare e sparisce dopo 5 minuti.
C'è una categoria di persone che odio con fermezza: quelli che rientrano al lavoro dopo un periodo di ferie/malattia/assenze varie e scassano il cazzo via mail ai colleghi esordendo con "ciao a tutti, sono tornata/o oggi...", e cominciano a chiedere se è stato fatto questo e quello, a che punto è quell'altro, com'è messo il progetto x, quando ci si trova per il discorso y, e via discorrendo.
Tornano belli ricaricati da un periodo di fancazzismo e invece di starsene depressi in un angolo a impazzire di rientro, pretendono che tutti condividano il loro finto entusiamo. Meglio diffidare di gente così. Sono dei montati egocentrici, convinti che durante la loro assenza l'azienda si sia bloccata in disperata attesa del loro ritorno, anche se inconsciamente sanno che non è così. Perchè non è MAI così. La verità è che temono che la loro mancanza sia passata inosservata, che non se en sia accorto nessuno. Sono terrorizzati dall'idea che comunque, anche senza di loro, tutto abbia continuato a girare come sempre, o addirittura meglio. E allora appena rientrati cercano di rendersi protagonisti, compensano il periodo di lontananza mostrando una finta iperattività che serve solo a far incazzare chi, nel frattempo, è rimasto a tirare la carretta. Dovrebbero riconoscere un'indennità a chi è costretto a lavorare con gente così.
Qualche giorno fa spalavo cacca su mrs Michela Vittoria Brambilla, nuova pupilla del berluska nonché avvenente direttrice/conduttrice della cosidetta TV delle Libertà.
Ne parlavo con riferimento all'analisi che Aldo Grasso, dalle pagine di corriere.it, dedicava alla neonata emittente satellitare.
Grazie ad un pregevole editoriale apparso sull'ultimo numero di Linus a firma di Marco Travaglio, vengo a sapere che la rossa paladina arcoriana è rampolla di un'antica famiglia di industriali dell'acciaio, e vive nella villa-castello di famiglia immersa nella quiete della Brianza insieme al compagno titolare di una clinica privata e ai loro due pargoli, circondati da una miriade tra cani, gatti e cavalli.
Oltre a possedere una società che commercializza prodotti alimentari, la rossa Michela ha vari ruoli anche nell'azienda di famiglia e copre la carica di presidente dei giovani di Confindustria. Una personalità eclettica e concreta che si palesava già quando, appena maggiorenne, partecipava alle finali di miss Italia vincendo il titolo di Miss Eleganza. seguirono poi esperienze nel campo della moda come modella (dalla vita in giù) per i collant OMSA, e come indossatrice per una marca di intimo; inutile cercare su Google Image sue foto di questo periodo: sono introvabili.
Si laurea poi in filosofia, con buona pace del padre che sognava il titolo di dottore in economia e commercio; intraprende poi la brillante carriera di imprenditrice che la porterà, come detto, a ricoprire il ruolo di presidente dei giovani industriali. Resterà in ogni caso fedele al suo sogno di gioventù: diventare giornalista. Un'ambizione così forte che verrà coronata, come sappiamo, grazie alla citata TV delle Libertà.
Insomma, Michela è bella, ricca e famosa. E' una donna che ha realizzato i propri desideri. Ora ha anche il giusto "sponsor" istituzionale in grado di garantirle il grande salto nell'olimpo dell'establishment.
Una figura positiva. Concreta. Vincente. Che un giorno si piazza davanti ad un telecamera e si picca di eleggersi a portavoce di tutte quelle frange sociali che di concreto, quando va bene, hanno giusto le bollette in scadenza e le rate da pagare.
E' proprio qui -tornando a citare l'analisi di Aldo Grasso- che la TV delle Libertà manifesta il suo più grande paradosso: trascendere un modello di contentezza qual'è la bella&ricca Michela per farne un collettore della scontentezza del Paese. Questo volersi autonominare paladini e interpreti del disagio di ogni fascia sociale, nel tentativo di incanalare il malcontento entro argini mediatici e portare, politicamente parlando, acqua nuova al mulino del berluska.
Michela entra negli studi luccicanti della sua nuova emittente, siede dinnanzi alla telecamera accavallando le sue gambe da copertina e ti invita a chiamare il numero verde per raccontare i tuoi problemi. Chiama subito, è gratis. Racconta i tuoi disagi a chi non ne ha. Le rate del mutuo ti strangolano? Parlane con chi è nato e vive in un castello brianzolo. Il prezzo della benzina è alle stelle? Discutine con chi viaggia su una berlina blindata con autista. Hai perso il lavoro? Nessuno può capirti meglio del presidente dei giovani industriali.
Michela sta realizzando il suo sogno... non la svegliare: chiama subito.
La striscia di cartoni animati alle 20.00 su RaiDue era uno dei pochi motivi per i quali aveva senso pagare il canone RAI. Chi ha bambini piccoli e la necessità/abitudine di cenare presto, può capire l'utilità sociale che quella mezz'ora a base di Bugs Bunny e Duffy Duck esercitava sull'equilibrio dela famiglia riunita per la cena.
Ne parlo al passato poiché RaiDue, nel delirio di contenuti che rappresenta il suo palinsesto estivo, ha deciso di sopprimere i cartoni a vantaggio di un programmino-cuscinetto (destinato cioè a traghettare la programmazione tardo pomeridiana verso il tg di prima serata) di infimo livello intellettivo: Soirèe.
Partiamo dal suo conduttore, Nicola Savino, che mi è sempre stato sulle palle. Lo sopportavo già poco su Radio Deejay, dove si faceva apprezzare al minimo sindacale quando imitava Bisteccone Galeazzi. L'ho tolleravo a fatica quando faceva l'inviato pirla per la Ventura in "Quelli che il calcio...". Adesso me lo ritrovo tra le scatole all'ora di cena e mi frega i cartoni nonchè la serenità del desco.
Oltretutto 'sta "Soirèe" è una trasmissione che sa di vecchio già alla prima puntata. Savino sembra voler riciclare le esperienze e le trovate di "Quelli che il calcio...", mescolandole con qualche nota del faziano "che tempo che fa" per cavarne infine un polpettone estivo semifreddo dal sapore assai scipito. Sempre gli stessi ritmi, qualche intervista quà e là, gag patetiche e improbabili (Savino non è Crozza, meglio che qualcuno glielo ricordi). Persino il layout dell'immagine è riciclato, con le bande orizzontali a bordo schermo che han dato sì quell'aria American Style a tante trasmissioni, ma adesso se ne abusa senza ritegno e hanno un pò rotto il cazzo. Concepisco esclusivamente un uso dinamico delle bande, come espositori di contenuti extra o integrativi rispetto agli elementi principali. Come fa, ad esempio, il Tg2 con i news ticker scorrevoli, altra "novità" che la nostra tv ha adottato da pochi anni mutuandola dai grandi network USA, dove invece è già preistoria.
Ridurre le bande a semplice elemento decorativo, calandoci ogni tanto e per qualche istante il nome dell'intervistato di turno o la località di un certo evento, ne distorce lo scopo e denota provincialismo.
E' per prodotti così pacchiani che pago il canone? Ridatemi i cartoni animati va', che in quanto a simpatia e divertimento ci voglion mille Nicola Savino per fare un Duffy Duck.
Di SuperCirio addì 30/06/2007 @ 23:56:06, in music, linkato 1095 volte)
Nel deserto vetrificato che caratterizza l'attuale panorama discografico, l'annunciata reunion dei Led Zeppelin sembra quasi un evento messianico.
A me, per dirla tutta, questi ritrovi di (neanche tanto) arzilli vecchietti scampati alle sciagure giovanili del sex&drug&rocknroll fanno un po' pena.
Un amico ultimamente mi ha scritto mail entusiaste dopo aver assistito alle date italiane dei Deep Purple (Parma) e The Who (Verona).
Io ho fatto una sola esperienza in questo senso, e mi è bastata: anni fa ebbi occasione di assistere all'unico concerto italiano dei Sex Pistols nel loro "Filthy Lucre Tour". Mai titolo fu più azzeccato per un reunion-tour. Almeno i decrepiti ex-anarchici del punk ebbero l'onestà di ammettere che l'unico obiettivo della loro ritrovata intesa era far denaro. Il lucro, appunto.
Fu una gran tristezza. Jhonny Rotten non era più il pazzo sbraitante dallo sguardo allucinato che animava anni addietro la colonna sonora della mia adolescenza, ma un miserabile rincoglionito con troppi anni -e altrettanti eccessi- ormai alle spalle, pateticamente incapace di confrontarsi con il genio trasgressivo che fu.
Bando ai rimpianti. Nonostante il piattume musicale qualche piccola "perla" si riesce ancora a scovare in giro.
E' il caso dei Calla, formazione semisconosciuta della quale consiglio l'ultimo, ottimo album "Strenght in Number". Vorrei proporne un assaggio, ma Last.fm non l'ha ancora recensito.
Settimana scorsa negli USA è partita la campagna di vendita di Iphone, il nuovo gadget di casa Apple, e mi ero ripromesso di seguirne sui media i primi passi nel mercato globale. E quale mercato potrebbe essere più globalizzato di quello americano? Tanto più che adesso i pazzi che si mettono in coda davanti ai negozi con giorni di anticipo rispetto al lancio ce li hanno pure loro, non sono più una prerogativa esclusiva dei giapponesi. Ho letto che un tizio -forse newyorkese, non ricordo- è rimasto accampato davanti ad un negozio per un'intera settimana. Ne hanno fatto un eroe, tutti i giornali ne hanno parlato ed è pure finito sui maggiori network tv. Tutto grasso che cola, semmai ne avesse ancora bisogno, per il brand Apple che ha fatto ancora una volta centro pieno.
Ma la cosa più intrigante in tutta la faccenda è che sono riusciti a creare un interesse enorme nei confronti di qualcosa che non c'è. In fin dei conti dov'è 'sto iPhone? Qualcuno l'ha visto? Ne ha smanacciato tutti i tastini? Se l'è passato sugli incisii per capire se è fatto di metallo o di plastica o di merda? No, però stan tutti lì ad aspettarlo in coda sotto la pioggia.
La gente vede un mela rosicchiata e automaticamente acquista. Lo chiamano Ghost Marketing e racchiude nella sua anglofona coincisione il concetto che, nella nostra economia, la comunicazione conta più del prodotto. Che esiste, ed è ottimo, ci mancherebbe; del resto se vendi fuffa puoi pure metterci tutta la comunicazione che vuoi, ma alla fine non vai lontano perchè non puoi infilare le mani in tasca alle persone mentre le prendi per il culo.
Però nel caso dell'iPhone ha venduto più l'idea, il concetto che non il prodotto stesso.
Ho deciso pertanto, a quasi una settimana dal lancio ufficiale, di approfondire le mie conoscenze circa le caratteristiche di Iphone. Immagino che ravanando bene i forum più specifici sia già possibile ritrovare anche le prime critiche.
La cosa più strana di tutto questo mio interessamento per i prodotti Apple è che non ne possiedo neanche uno. La mia unica esperienza con la mela morsicata si riduce ad un Ipod 30Gb di proprietà di un collega il quale gli aveva irrimediabilmente fiammato il firmware nel tentativo di aggiornarlo. Dopo innumerevoli quanto inutili tentativi di riportarlo in vita me lo regalò, sicuro che non ci fossero speranze di rianimarlo. Io a dir la verità non ci ho neanche provato. Ho contattato giusto per curiosità un centro di assistenza per quel tipo di prodotto, ma riparare quel dannato Ipod mi sarebbe costato come comprare altri due lettori nuovi di qualsiasi altro produttore. Non ne valeva la pena, tanto più che il mio Creative da 20Gb, acquistato su Ebay ad un prezzo neanche lontanamente paragonabile al suo pari capacità di Apple, soddisfa pienamente ogni mia esigenza di musica mobile. Altra categoria di prodotto, obietterà qualcuno. Sarà, ma se li usi per ascoltarci indie-rock in metropolitana, uno vale l'altro.
Fatto sta che l'iPhone mi incuriosisce anzichenò. un aggeggio che fa telefono, lettore mp3, palmare, fotocamera e chissa quant'altro ancora, stuzzica i miei gangli tecnofili.
Certo che costa un botto. Apple ha un pò rotto i coglioni proprio per questo: capisco la qualità del prodotto, la ricerca costante e l'attenzione al particolare, però non si può produrre esclusivamente prodotti di nicchia. E noi poveracci allora che facciamo, sempre la figura da figli del parroco?
La versione merricana del prodotto costa un cosmomiliardo di dollari; in Europa il cambio ci favorirà un pochetto, ma ci sarà comunque da cacciare oltre mezzo cosmomiliardo di euro per portarsi a casa il gadgettone.
Ho intenzione di capirci qualcosa anche riguardo al target del prodotto. Il telefono lo usano tutti, grandi e piccini. Il lettore mp3 è più un oggetto da sbarbatello o comunque limitato ad una certa fascia di età. Il palmare resta più uno strumento da manager, perchè bene o male noi comuni mortali le nostre mail e navigazioni internet le gestiamo dal pc di casa, dell'ufficio, a scuola, etc.
L'insieme di tutte queste funzionalità, pomposamente definito "convergenza", presuppone un target ben specifico.
Che sarà costituito perlopiù dall'esercito, sempre numeroso, degli sboroni. Quelli che lo devono avere a tutti i costi, perchè è un prodotto di nicchia, ce l'ha tutta la gente giusta e fa fighissimo avercelo sempre in bella mostra. Spesso mi son chiesto se l'Ipod avrebbe avuto lo stesso successo senza la pubblicità intrinseca che gli hanno fatto molti personaggi dello sport e dello spettacolo (Madonna o Adriano, per dirne un paio) esibendo in ogni occasione i loro esemplari. Non c'è calciatore in Italia che non sia stato immortalato mentre scende dal bus della società con gli auricolari bianchi piantati nei padiglioni e l'Ipod in mano.
Ritengo quindi che l'iPhone sarà, almeno per lo scenario europeo, il classico gadget di nicchia di cui poche persone sfrutteranno pienamente tutte le potenzialità.
L'amico Claudio, talentuoso disegnatore, musicista eclettico, anima geniale in costante fermento artistico, mi segnala la pubblicazione su YouTube del suo ultimo sforzo creativo di cui è un onore, per codesto blog, poter ospitare il link. Et voilà:
Fatico anch'io a trovarci un senso, ma la scorsa notte ho sognato che combattevo contro orde di zombie.
La cosa più strana è che la figura dello zombie, del morto che non è morto e va in giro a rompere i coglioni a coloro che invece vorrebbero godersi in pace il loro stato di viventi, non l'ho mai considerata più di tanto.
Mi ha sempre lasciato indifferente sia la sua caratterizzazione cinematografica (i pochi film sul genere che ho visto mi hanno annoiato -è il caso di dirlo- a morte) sia quella letteraria (mai letto nulla sul genere). Perfino nel campo dei videogiochi, dove i non-morti hanno sempre furoreggiato nella parte dei cattivi da sterminare senza pietà, ho pochissima esperienza diretta.
Forse è proprio a causa di questa scarsa cognizione di causa che fatico a considerare la battaglia di stanotte come un vero e proprio incubo.
Mancava quell'aura terrificante che a rigor di logica dovrebbe accompagnare un incontro ravvicinato -seppur nella sfera onirica- con tali terrificanti creature. Questo principalmente per tre motivi.
Il primo è che gli zombi del mio sogno non erano terrificanti proprio per niente. Niente bulbi oculari penzolanti dalle orbite, nessun osso fuoriuscito da carni putride, niente abiti laceri. Solo comuni persone dall'aspetto normalissimo, come portei incontrarne a decine passeggiando per la strada in questo momento. Se dal punto di vista iconografico le creature aderivano poco all'immaginario popolare, come atteggiamento erano invece abbastanza conformi al genere: sguardo inespressivo, camminata lenta e trascinata, ostinazione bovina nella ricerca dell'obiettivo (che ovviamente ero io).
Il secondo motivo era la totale mancanza di qualsiasi riferimento splatter. Gli scontri corpo a corpo con le creature si svolgevano senza alcun particolare cruento. Niente sangue, ferite, nessuna espressione di dolore da parte degli assalitori abbattuti.
E questo nonostante la notevole dotazione di armi da difesa a mia disposizione, tra le quali l'immancabile sega a motore, pistole e fucili di vario tipo e calibro, e una grossa chitarra elettrica bianca in grado di sopraffare qualsiasi zombie assalitore con un solo colpo del manico*.
Ma non v'era brutalità nei contrasti. Per esempio, bastava puntare la lama della motosega contro una creatura e questa, dopo qualche istante di immobilità inespressiva, era oniricamente fuori gioco**.
Il terzo motivo che contribuiva a rendere poco terrificante la situazione era l'impostazione videoludica di tutta l'esperienza.
Mi spiego. Possedevo, ad esempio una barra dell'energia. Non saprei dire nè dove nè come fosse quest'indicatore di vitalità, ma ne avvertivo la presenza e la "sentivo" calare ad ogni attacco del nemico, esattamente come nei più comuni videogames "sparatutto". C'è stato un momento in cui ho sbagliato a lanciare una bomba a mano contro un gruppo di zombie incalzanti e questa mi è esplosa troppo vicino riducendo di parecchio la barra dell'energia: mi sono dato del pirla*** per mezz'ora.
Inoltre i nemici erano stranamente categorizzati, come nei videogiochi: c'erano gli zombi semplici, eliminabili con un solo colpo di motosega o di doppietta; a questi si aggiungevano degli esemplari molto più subdoli, veloci e faticosi da abbattere, ed erano tutte donne****. Poi c'erano certi tipi con l'impermeabile verde che avevano la non secondaria facoltà, una volta abbattuti, di ricaricare la mia barra dell'energia.
Ne ho massacrato interi plotoni, per tutta la notte.
Si può chiamare incubo un'avventura così? Io mi son divertito. E' uno dei sogni che mi son piaciuti di più, dopo quello in cui toccavo le tette alla Simona Ventura e quello dove l'Inter vinceva la Champion's.
*Son queste piccole incongruenze che rendono avvincenti i sogni. Semprechè non si tratti delle prime avvisaglie di squilibrio psichico **un pò come quando da bambini si giocava a cowboy contro indiani: quando la maggioranza ti considerava colpito a morte dovevi abbandonare il gioco. ***oniricamente parlando. Ma mi capita di farlo spesso anche nella realtà (di darmi del pirla, non di lanciare bombe) ****che sogni o sei desto, la donna è sempre donna
Non so voi, ma a me le gaffe imbecilli di Berlusconi un pò mancavano.
La scena mondiale, senza gli exploit del nostro guitto pelato, sembrava un circo senza i suoi clown.
Ora si che lo riconosco.
E' da metà maggio che non passano tre giorni consecutivi senza uno scroscio di pioggia, almeno dalle mie parti. Per quanto mi riguarda, dal punto di vista climatico l'estate 2007 verrà ricordata come una stagione di merda. E chi la pensa diversamente è uno sfigato, come son sfigati tutti i depressi malinconici che preferiscono il freddo e il maltempo al sano piacere della canicola estiva. Quanti ne ho sopportati, in queste ultime settimane, di depressi cronici che sospirano di sollievo davanti all'ennesimo temporale in arrivo. "Meglio così, che almeno rinfresca" ti dicono. Ma rinfresca cosa, sfigato?! Siamo a luglio, ho il diritto di pretendere che faccia caldo, cazzo! Se non ti sta bene, porta il tuo culone sudato ad affogare in qualche fiordo norvegese, ma non rompere i coglioni a chi batte i denti per mesi sognando l'arrivo, finalmente, del mese più dolce e vivace dell'anno. E che quest'anno, ancora una volta, sta facendo cagare.
Oh, déi del clima, datemi un segno della vostra benevolenza: quali sacrifici devo compiere per avere la gioia di un'altra estate come quella del 2003?
Il tagliando dell'auto è come il dentista: costa un botto, e non puoi rimandarlo in eterno.
Vista l'ormai imminente partenza per le ferie, ho deciso di dedicare alla mia Gloriosa Voiture il meritato tagliando annuale.
Inutile dire quale impresa sia stata trovare un'autofficina disponibile all'intervento in tempi brevi. Fatto sta che alle 8.30 di ieri mattina parcheggiavo la mia gloriosa sul pavimento unto dell'unica autofficina disponibile a tagliandarla prima di settembre.
I patti col mastro tagliandatore erano chiari: olio, filtri e controlli vari. Al massimo un'opzione sulle spazzole tergicristallo, che ogni volta che partivano sembrava mi stessero segando il parabrezza.
Tutto ok, all'ora prevista per la consegna il Mastro Tagliandatore accoglie nelle capaci manone le chiavi della Gloriosa, e arrivederci a stasera.
Tempo due ore, invece, ed ecco la prima mazzata. Il Mastro Tagliandatore mi comunica via cellulare la ferale notizia: le pastiglie dei freni sono andate. Occorre intervenire, e subito. Diversamente saran tragedie e sventure, la Gloriosa resterà senza freni, si ribalterà alla prima curva, a volte prenderà fuoco e gli alieni mi rapiranno mentre son fermo al semaforo.
Va bene, dico io, facciamo 'ste pastiglie; ma quanto viene il tutto?
Il Mastro Tagliandatore resta abilmente sul vago. Occorre valutare la mano d'opera, dice, considerare i costi materiale, poi c'è lo smaltimento degli scarti, più un sacco di altre variabili. Insomma non c'è verso di avere un'indicazione chiara, il prezzo previsto oscilla tra i 100 e i 250 euro, con una volatilità da far invidia ai tango bond argentini. D'altro canto con la sicurezza in auto non si gioca, s'aggiungan quindi anche i freni. Alea Iacta Est.
Nel tardo pomeriggio torno nell'antro odoroso di benzina per riprendermi la Gloriosa, rigenerata dalle sapienti cure del Tagliandatore.
Costui se ne sta a riposare seduto dietro un cumulo di pneumatici e mi accoglie con un sorriso: "tutto a posto" tuba, levando un pollice bisunto. "Passi pure da Messer Incassatore, che intanto io le preparo la macchina".
Messer Incassatore, un lungagnone con t-shirt brandizzata col logo del concessionario, sta rintanato dentro un cubicolo di vetro posto in un angolo dell'officina.
Mi scorge in avvicinamento e con un sorriso fa cenno d'entrare. "Ohilà, buon viandante, qual buon vento ti mena per codeste lande?" mi dice appena entro nel cubicolo refrigerato.
"Vento di Zefiro, caro Incassatore" rispondo io "anzi di Zafira, nel caso specifico. La mia Zafira, cui avete rigenerato oli e liquidi su per tubi e condotte. Ora mi dica un pò, messere, di che morte vado morendo, poichè il mastro di là accennava stamani a cifre spaventevoli".
"Spaventevoli, dite? Ma suvvia!" replica bonariamente il rapace scartabellando tra un cumulo di fogli "vediamo un pò che dice la fatturina. Oh, ecco qua!". Sfila dal mucchio un inquietante modulo continuo a tre fogli e inforca gli occhiali. "Dunque vediamo un pò... Opel Zafira, ecco qua: oliofiltriverificalivellietc-etc-etc" comincia a sciorinare spuntando col dito ogni voce dell'infinito elenco. "Venga venga, buon viandante, si avvicini che le spiego per bene ogni mistero della sua fatturina". Appoggia sul bancone l'incartamento. Con mossa ratta sollevo lesto il lembo dell'ultima pagina alla ricerca dell'infame cifra comprensiva di IVA. "Solo un attimo, buon viandante" chiosa l'Incassatore ponendo le mani a schermare i fogli "volevo prima illustrarle tutte le voci, affinché ogni dubbio sia fugato e la chiarezza abbia a trionfare..."
"Ma lei sa bene, illustre Incassatore, che per chi sta dalla mia parte del bancone ciò che preme conoscere sono i numerelli scritti in fondo, chè tutto il resto vien poi da sè!" replico io.
"Ma certamente, gentile viandante, le dico quindi subito che tutto compreso siamo a quattrocentoquarantotto euro...". Il mondo mi vacilla intorno. "448 euro!! Eccosè, mi date forse una nuova voiture? Eppure mi pareva che la Gloriosa, seppur coi suoi annetti alle spalle, funzionasse assai bene. Per quale motivo volete vendermene una nuova? Poiché suppongo che per quella cifra sia previsto che io esca di qua al volante di una vettura di lusso nuova fiammante, non trovo altra giustificazione per un cifra così imperbolica."
L'Incassatore, ormai deciso a giocare a carte scoperte, tappezza il bancone coi fogli della fattura. "Gliel'ho detto, caro il mio viandante affranto, che era meglio acquisire una visione d'insieme, prima di focalizzarsi sul singolo particolare dell'importo..."
"Sarà anche un singolo particolare, ma guarda caso è proprio quello che andrà a riverberarsi sulle mie disastrate finanze! E' forse il caso di introdurre nella sua tanto cara visione d'insieme un'ulteriore singolo particolare, conosciuto a più con il nome di 'sconto'".
"Ma caro mio, qui è già tutto scontato! Guardi, guardi qui" mi mostra una colonna di numeri "questo è lo sconto applicato sui materiali, vede? E' un'iniziativa della nostra società per inentivare la fedeltà dei propri clienti".
"E avrete certo di che sudarvela la fedeltà dei clienti, con certi prezzi!" ribatto io. "Ma mi dica un pò, esoso Incassatore, che vado notando qui una voce assai strana: smaltimento scarti non recuperabili=14 euro. Cos'è mai codesto balzello?"
"Ma quale balzello, pignolo viandante? Parlerei piuttosto di contributo. Come abbiam detto, la sua Gloriosa monta ora nuove pastiglie pei freni. Ma delle vecchie pastiglie che ne facciamo? Come saprà, si tratta di materiale ritenuto inquinante, e come tale gravato da una serie di imposizioni normative che stabiliscono procedure e trafile per il suo corretto smaltimento a basso impatto ambientale. Inutile dire che tutto ciò ha i suoi costi, e la voce in questione altro non è che il contributo richiesto per lo smaltimento del componente residuo".
"Ma che diamine ho da contribuire io?!" -sbotto- "non potete nasconderle nel secchio dell'umido come fanno tutti? O passarle alle ecomafie che per poco prezzo ne faranno concime pei campi? Perchè vi accanite con queste gabelle ad uccidere un uomo già morto?"
L'Incassatore coglie il tono ironico della mia sparata, ma non si impietosisce: "sa com'è, son scelte aziendali. Paga con assegno o Bancomat?"
"Carta di Credito"
"Ops! Non la prendiamo. Abbiamo solo Bancomat"
"E allora Bancomat"
"Perfetto. Ah, per quanto riguarda il prossimo tagliando, tenga presente che il nostro programma di manutenzione prevede che venga effettuato a distanza di un anno o dopo 30.000 Chilometri. Valuti lei, in base al chilometraggio, qual'è l'opzione più adatta"
"Facciamo nella prossima vita, e non ne parliamo più, ok?"
"ah ah, simpatico viandante! Ecco fattura e scontrino. Arrivederci"
"seee, stikazzi".
Con estrema contrizione comunico alla popolazione tutta di codesto amabile pianetucolo che il mio apparecchio televisore marca Loewe mod. Profile, dopo 9 anni di onorato servizio, si è arreso nella serata di ieri alle ingiurie del tempo e dell'usura.
Si è trattato purtroppo di una morte annunciata: è successo più volte, nei mesi scorsi, che durante il normale funzionamento dalla tv partissero improvvisi ed inquietanti scoppiettii, con successiva sparizione dell'immagine. Si rendeva necessario, a quel punto, spegnere l'apparecchio e lasciarlo raffreddare per un po', dopodichè riprendeva a funzionare regolarmente.
Finchè ieri sera, proprio durante la visione del sesto dvd della prima serie di X-Files, la tv ha cominciato improvvisamente a emettere schiocchi e soppiettamenti a raffica, tanto che ho ritenuto più salutare scollegarne direttamente l'alimentazione onde evitare guai peggiori.
Ora lo scenario è drammatico. Il tv è irrimediabilmente fuori gioco (data l'età sarebbe inutile tentare una riparazione) e le ferie, evento tradizionalmente dispendioso, sono alle porte.
Mia moglie suggerisce di sostituirlo provvisoriamente con l'altro televisore, quello con attaccata la Playstation e dedicato per convenzione familiare alle (mie) attività videoludiche: proposta bocciata (da me).
Io preferirei rinunciare alle ferie ed acquistare, finalmente, un bel LCD da 37 pollici minimo: proposta bocciata (dalla moglie).
Siamo in fase di stallo, l'intesa si prospetta difficile da trovare. Senza contare che ho un episodio di X-Files interrotto a metà, e questo è l'aspetto più seccante di tutta la faccenda.
Ah beh, tornare son tornato. E senza trovare casino, oltretutto. Neanche intorno a Bologna, dove in genere c'è più traffico che nel centro di Tokio.
Sette giorni di mare&sole senza mai vedere una nuvola: che sogno. Mi son riconciliato con gli dei del clima.
Non ci sono. Ancora non ci sono. Nel senso che son qui, ma la testa è altrove. Forse sento l'aria di vacanza. Oppure sono ancora mentalmente in spiaggia. Una settimana, una sola settimana, volata via come un lampo. Ma goduta, eccome se me la son goduta.
Basterebbe l'aumento di peso a dimostrarlo. In effetti, oltre all'abbronzatura, la settimana di mare mi ha lasciato addosso anche un paio di chili in più, figli dell'ottima cucina romagnola.
Per buttarli giù ho deciso di adottare il seguente regime alimentare:
colazione: caffè e acqua minerale
pranzo: niente
cena: niente.
Ma allora com'è che funziona? Tutti in ferie tutti al mare, metà della popolazione italiana dovrebbe teoricamente essersi riversata nelle località di villeggiatura, e invece ieri sera tornando a casa ho trovato lo stesso traffico-porcaio di sempre.
O ci sarà un esodo di massa nel prossimo weekend, altrimenti qualcuno non la sta raccontando giusta.
Il tuo vicino ha paura.
Anche l'autista del bus ha paura.
Ha paura il farmacista, l'edicolante, la signora col cane. E anche il cane.
Brad Pitt è in apprensione; anche Savino Pezzotta e juliana Moreira sono sgomenti.
Il tuo capo è addirittura terrorizzato.
E poi tua moglie, il tuo fidanzato, i tuoi amici, la compagnia del calcetto: hanno tutti paura.
Paura di essere in ritardo, paura di perdere qualcosa, paura di sbagliare, o di non farcela...
La mattina, quando ti svegli, per quanto spaventato tu possa essere, non ti preoccupare: gli altri hanno ancora più paura di te.
Ogni anno, durante il periodo estivo ed in particolare a ridosso delle grandi partenze, fioriscono copiose su tv e giornali le rubriche di consigli alimentari per impostare le ferie all'insegna del buon gusto e della leggerezza a tavola. Esperti nutrizionisti si prodigano nel suggerire i regimi dietetici più adatti alla stagione calda e articolano le strategie vincenti per evitare al turista gaudente il rischio di ritrovarsi a fine vacanza con qualche chiletto in più.
E proprio in quest'ottica anch'io avrei da suggerire alcune specialità culinarie che ben si adattano, per contenuto calorico e tempi di preparazione, ai ritmi solari e un pò sonnacchiosi delle vacanze d'agosto.
Abbacchio agostano ingr. un abbacchio bello tosto; latte; ghiaccio.
Prendete l'abbacchio e cuocetelo in abbondante acqua salata, poi sbattetelo in frigo per due giorni.
Tiratelo fuori bello fresco e frullatelo con cura aggiungendo latte e ghiaccio q.b.
Versate il composto in un bicchierone da frappè (va bene anche il boccale per la birra) e guarnite con bucce di qualcosa.
Avrete così ottenuto uno spuntino leggero e veloce, adatto a qualsiasi momento della giornata.
Cozze alla corsara. ingr. un paio di comode scarpe sportive; un certo allenamento alla corsa.
Andate al ristorante e prendete un tavolo abbastanza centrale. Dite al cameriere che state aspettando una persona, così non vi caga il cazzo per prendere le ordinazioni.
Aspettate che qualche vicino di tavolo ordini un'impepata di cozze, poi fate finta di andare in bagno. Quando vedete arrivare il cameriere con le cozze, correte dal tizio che le ha ordinate e avvisatelo che qualcuno sta cercando di scippargli lo stereo dalla macchina. Appena l'avventore sarà schizzato verso il parcheggio, strafocatevi quante più cozze possibile. Se il cameriere fa questioni ditegli che vi sembrava un peccato lasciarle raffreddare. Infine accertatevi di avere ben stretto i lacci delle scarpe, afferrate i crostini zuppi di sugo e schizzate via come lepri.
Un piatto da gustare in fretta.
MKT ingr. Maionese; Ketchup; Tabasco
Mischiate in parti uguali la maionese e il ketchup dentro una terrina, o un piatto fondo, o per terra se è pulito ma anche se non lo è, oppure nel lavandino o nella tazza del cesso. Aggiungete al composto la massima quantità di Tabasco che le vostre emorroidi possono sopportare.
Prendete del pane fresco, se ne avete, oppure vanno benissimo anche dei surrogati quali grissini, crackers, crostini, pan carrè... insomma qualsiasi cosa composta da farina e acqua e che non sia rimasta così tanto tempo nascosta nella dispensa da diventare verde di muffa (se i crackers si piegano in due senza spezzarsi vuol dire che hanno preso troppa umidità).
Prendete un pezzo di pane, pucciatelo nel composto e cacciatevelo in bocca. Continuate così fino all'esaurimento del composto, o del pane (i veri buongustai sanno gestire le quantità in modo da finirli contemporaneamente).
Fagioli alla SuperCirio ingr. una scatola di fagioli; uno spicchio d'aglio; un liquido a piacere purchè sia alimentare.
Mettete lo spicchio d'aglio a soffriggere in una padella con un poco d'olio, e appena avrà preso colore aggiungete i fagioli scolati dal liquido di conservazione. Mescolate un poco e coprite con un coperchio, dopodichè dimenticatevene completamente. Quando comincerà a diffondersi per casa l'odore di bruciato, chiedetevi chicazz'è che accende i fuochi a quell'ora; appena realizzate che si tratta dei vostri fagioli, spegnete di corsa la Playstation e buttate sui fagioli semicarbonizzati il liquido a piacere (potrà essere acqua, birra, succo di frutta, caffè avanzato, etc) nel tentativo disperato di salvare la pietanza.
Lasciate rapprendere il brodo nerastro che si sarà formato, aggiustate di sale e servite i fagioli guarnendo con bicarbonato in capsule.
Nelle ventiquattr'ore successive evitate i luoghi chiusi ed affollati.
Per inquadrare le mie vacanze estive nell'anno del signore 2007 basti considerare i due episodi accadutimi prima della partenza ed in occasione del rientro.
LA PARTENZA
Il giorno prima di partire mi han tamponato. Alle 7.00 del luminoso mattino dell'ultimo giorno di lavoro, un vigilante notturno assai anzianotto decideva di astenersi dal'azionare i freni della sua Panda d'ordinanza, lasciando che la stessa scivolasse senza ostacoli verso il didietro della mia Opel ferma ad uno stop.
Il vigilante ha ammesso senza questioni la propria colpa, attribuendo alla stanchezza la causa della sua sbadataggine poichè, diceva, era in servizio da quasi 13 ore.
Dal canto mio ho mantenuto un doveroso livello di cortesia e self control, indispensabili in simili frangenti, soprattutto quando si tratta con persone armate e in debito di sonno.
I danni erano di modesta entità, ma sufficienti a richiedere la compilazione del modulo di constatazione amichevole, del quale ovviamente né io né il vigilante possedevamo una copia. Ci siamo quindi dati appuntamento per ritrovarci nel tardo pomeriggio nello stesso punto ed espletare le formalità del caso. Alle 19.30 circa stavo già faxando all'assicurazione la mia copia del modulo sottoscritto da entrambi. Ho già un appuntamento con il perito di zona per quantificare e liquidare il risarcimento.
Tutto è bene quel che finisce bene, no? Chiaro, però quando certe cose ti capitano 24 ore prima della partenza, un pò i coglioni girano.
IL RIENTRO.
In genere il peggior timore di chi torna dalle vacanze è ritrovarsi la casa svaligiata dai ladri. Per me invece l'incubo più grande è trovare il salvavita sul quadro elettrico in posizione OFF e, di conseguenza, la casa senza corrente. Incubo che si è puntualmente materializzato quando, appena aperta la porta del box, il sensore dell'antifurto sulla parete di fronte non mi ha salutato col consueto lampeggìo rossastro. Subito ho allargato le froge annaspando l'aria per cogliere l'odore dolciastro e nauseabondo della materia organica in decomposizione, tipico di un freezer colmo di cibarie ormai scongelate da giorni. Fortuna ha voluto che la buona stella abbia guardato giù anche stavolta: la tensione mancava da non più di 12-15 ore, quindi il contenuto del congelatore, seppur completamente da buttare, almeno non camminava da solo.
Chissà che feriacce, penserà qualcuno, a giudicar da premessa ed epilogo! E invece no, dai, tutto sommato sono andate alla grande. Peccato solo sian finite, cazzarola.
Devo ammettere che del fattaccio di Garlasco, nonostante l'intenso battage mediatico che ne è seguito (e che prosegue tutt'ora), ho una visione alquanto superficiale.
L'unica cosa che mi è abbastanza chiara è che a Garlasco c'è un fotografo che fa dei fotomontaggi pacchiani, al limite dell'orrendo. Ed è un fotografo, appunto, cioè uno che determinate cose dovrebbe maneggiarle con gran perizia!
Bando alle ganassate, posso dire che quel fotomontaggio con le gemelle Cappa e la povera cugina-vittima io l'avrei fatto meglio assai (certo meglio di quello qui sopra, che ho fatto in 5 minuti ad esclusivo uso e consumo di codesto inutile post).
Settembre è ormai alle porte, la stagione delle ferie volge al termine, eppure la stragrande maggioranza dei media italiani continua a tampinarci con notizie pre-ferragostane.
Il corriere, ad esempio, ancora oggi riempie i pochi buchi liberi tra la cronaca di Garlasco e le sparate rivoluzionarie di Bossi con vicende d'attualità gossippara: Corona contestato dal pubblico ad una festa paesana (ed era ora che qualcuno gli dedicasse un coretto di scemo-scemo) e un'intervista a quella zozzona della gregoraci, già sig.ra Briatore.
Ma i signori della carta stampata si sono accorti che gli italiani hanno ripiegato costumi ed asciugamani da un pezzo? Sembra che quest'anno certi quotidiani fatichino a scrollarsi di dosso la patina da Novella 2000 che li ricopre nel periodo estivo.
Per meglio comprendere la penuria di cronaca nella quale sguazzano i quotidiani basti considerare il risalto dato all'ordinanza dell'assessore alla sicurezza del Comune di Firenze: carcere fino a tre mesi per i lavavetri che tampinano gli automobilisti ai semafori.
In questo momento la versione online del Corriere la tiene nel primo newsbox; in "prima pagina", volendo seguire la logica cartacea.
Ma non è tanto il contenuto del provvedimento in se che pesa sul risalto dato alla notizia, quanto l'incredibile pioggia di critiche scatenata da parte del mondo politico.
Aggiungiamoci che l'assessore Cioni, ideatore del provvediamento, appartiene ad una giunta di centrosinistra, e gli ingredienti per scatenare una mezza bagarre politica ci sono tutti.
Un esponente istituzionale schierato politicamente a sinistra che emette un'ordinanza così "di destra"? Scandalo e smarrimento!
Scandalo un cazzo. la sicurezza e la legalità sono valori bipartisan, non sono bandiere né di destra né di sinistra. Invece di domandarci perchè un personaggio di sinistra ha scelto di adottare metodi repressivi per contrastare una situazione di evidente illegalità, chiediamoci piuttosto perchè, in situazioni analoghe, altri esponenti istituzionali di opposte visioni politiche non hanno invece adottato alcun provvedimento.
Cioni che fa arrestare i lavavetri importuni ai semafori diventa un caso nazionale, mentre di Letizia Moratti che ha praticamente consegnato Milano alla malavita romena non si sente neanche parlare.
Io sto con Cioni senza se e senza ma, al di là delle visioni politiche, e non sono il solo visto che l'82% dei voti al sondaggio sull'argomento proposto da Corriere.it sono favorevoli al provvedimento.
Non si tratta di intolleranza o, come piace a qualcuno riempirsi la bocca, di razzismo strisciante. E' una questione di diritto alla propria incolumità e sicurezza. Chi ha mai avuto a che fare con questa tipologia di questuanti da semaforo capisce bene di cosa sto parlando. Ti si buttano sul cofano, si aggrappano alle spazzole tergicristallo, picchiano sui finestrini. Molti sono arroganti, minacciosi, spesso ubriachi. Io ci ho fatto l'abitudine e con un pò di fermezza me ne libero in fretta, ma mi metto nei panni di una donna in auto sola, magari a tarda ora, oppure con dei bambini a bordo. non possiamo permettere che i nostri semafori diventino un far west in mano alle bande di sciammannati piovuti qui da mezzo mondo per rompere i coglioni!
Ci vuole fermezza ed intransigenza, altrimenti finiremo come certe periferie di Marsiglia, dove ad ogni semaforo stazionano bande di pirati pronte a saccheggiare chiunque abbia la sciagurata sventura di fermarsi col rosso.
Qualcuno obbietterà che in fin dei conti si tratta di povera gente che cerca in qualche modo di sopravvivere. E' vero, ma dietro ci sono racket potentissimi che su quella gente speculano senza ritegno, e l'unico sistema per indebolirli è proprio togliere dalle strade la loro manovalanza.
E che nessuno si azzardi a definire repressione ciò che invece è solo tutela dell'ordine e della legalità, nell'interesse degli onesti cittadini che pagano le tasse. Proprio come me, eccheccazzo!
I blog, si sa, son terreno per gente strana. Soprattutto quella che li crea e li mantiene. Questo tizio però merita una nota a parte. E' riuscito a mettere in piedi un blog dove pubblica periodicamente sue immagini in fuga. Il concetto è semplice: il tipo (un olandese, a giudicare dalle location delle immagini pubblicate) piazza la sua fotocamera digitale per terra o su altro supporto di fortuna, imposta l'autoscatto su un tempo di 2 secondi, infine schiaccia il pulsante di scatto e corre via. Il risultato è una serie di immagini che lo ritraggono sempre di spalle nell'atto di fuggire dalla fotocamera.
Un photoblog originale anche se, alla lunga, un po' noioso.
Potrà sembrar bislacco ma io, quando non so a cosa pensare, penso a Veltroni.
Penso alle sue recenti posizioni assai poco filogovernative su determinati temi attuali, penso ai travasi di populismo che gli stan montando dall'interno, e soprattutto penso che nell'esigenza di raccattare voti a destra e a manca non esita a crogiolarsi nella stessa demagogia populista dei tanti politici di spicco di ogni orientamento politico. Il fatto è che queste posizioni devono confrontarsi con quelle di chi, all'interno della sua stessa coalizione di governo, i voti li ha già presi, a partire da Prodi stesso.
Veltroni dichiara che occorre abbassare le tasse. Prodi e Padoa Schioppa rispondono che la priorità è invece la riduzione della spesa pubblica.
Hanno ragione entrambi, con la differenza che, appunto, proporre l'abbassamento delle tasse fa da catalizzatore di consensi, ed è strumento utile a chi deve affrontare l'esame del suffragio popolare. Ridurre la spesa pubblica è invece una necessità altrettano prioritaria, addirittura propedeutica ad una riduzione della pressione fiscale (non si possono diminuire le entrate senza fare altrettanto con le uscite) ma meno efficace nei confronti dell'opionione pubblica, addirittura malvista da certe categorie sociali calcificate nell'assistenzialismo piagnone che è una grande piaga di questo Paese.
Eppure il meccanismo è semplice, e il buon Padoa Schioppa dev'esser ormai morto dalla noia a furia di ripeterlo in tutte le salse: ridurre il gettito fiscale è una conseguenza automatica della riduzione delle spese. E' un conto da massaie: se ho meno spese, mi servon meno soldi. E meno soldi servono, meno occorre chiederne ai contribuenti, o almeno a quei pochi che -come il sottoscritto- le imposte ancora le pagano tutte fino all'ultimo centesimo.
Se poi aggiungiamo alla riduzione della spesa pubblica anche un'efficace contrasto all'evasione fiscale, ecco trovata la quadratura del cerchio.
Ma in Italia, si sa, la strada che conduce al voto dell'elettore medio passa sempre dal suo portafogli, raramente dalla testa. E' ed proprio su questa strada che Veltroni pare essersi già incamminato.
spettabilissimi 'mprenditori bbeddi, accussì babbìando colli amici miei m'è giunta 'a nutizia de 'stu fattu caa u presidente d'associazione voshtra, quella caa runisce tutti quanti i pari voshtri, sè messa in capa de iettare fori daa 'sociazzione tutti li bravi cristiani che pagano u pizzu a noialtri ommini d'onore.
E uorra quaccuno mo vole spiegare picchè 'stu presidente saa pigghia accussì con li bravi carusi che pagano u pizzu? A mmìa nun me pare na manera saggia pe' garantire a voiattri de continuare a travagghiare sireni e tranquilli.
Pè ccome la viro io, la questione in due manere sta:
- Se pagate u pizzu, u presidente voshtro ve caccia daa 'sociazione;
- se NUN pagate u pizzu, i picciotti miei ve cacciano da 'sto mondo bbeddo.
Fateve cuattro conti, con calma...
Mi presento con il consueto, colpevole ritardo a commentare la morte del pingue tenore L. Pavarotti, e lo faccio si unendomi, secondo princìpi di umana compassione, allo sconforto di famigliari/amici/fans/sempliciconoscenti per la dolorosa perdita. Ma lo faccio anche in controtendenza rispetto alla massa dolente di presunti melomani che, a poche ore dalle esequie, mentre ancora i tiggì della sera confezionano struggenti esclusive sulle lettere delle figlie al papà che non c'è più, già affollano i megastore musicali accaparrandosi l'ultima raccolta dell'ugola modenese che i discografici, con cinica saggezza, serbavano in attesa del luttuoso evento.
Mi metto appunto in controtendenza rispetto a tutti coloro che hanno scoperto un'improvvisa, viscerale passione per la lirica non appena si è diffusa la notizia della tragica scomparsa, poichè ammetto la mia scarsa competenza per quanto riguarda il melodramma, la lirica, la musica classica in genere. Pur possedendo un certo orecchio musicale e una discreta passione nei confronti delle sette note, non so distinguere Mozart da Brahms, non conosco le origini della musica barocca, mi sfuggono i concetti di contrappunto e fuga, e soprattutto non ho mai ascoltato per intero un cd di Pavarotti.
Che rimane un grande, s'intende. E se è stato, come si dice, uno dei più grandi, non sarò certo io, dal profondo della mia incompetenza, a porre dubbi in merito.
Molti ritengono che il grande merito di Pavarotti sia stato quello di riavvicinare il melodramma alla gente, e poco conta se a volte per farlo abbia dovuto mettere in piedi baracconate con colleghi musicisti appartenenti a generi molto meno blasonati. Se il fine è nobile, come aiutare i bambini nelle aree povere del pianeta, allora può starci che la migliore ugola lirica del mondo gorgheggi in compagnia dei rantoli catarrosi di Zucchero, o duetti con la vocina checca di Bono Vox. I teenager del Pavarotti&Friends ci guadagnavano una serata, i bambini del Darfur qualcosa in più.
Voglio però allinearmi un minimo con la schiera di neo-melomani postpavarottiani, quindi credo che comprerò nei prossimi giorni un tal quotidiano che propone in allegato -guarda un po'- proprio un doppio cd con il meglio del maestro.
So già che sarà un ascolto difficile.
Non che non apprezzi, è solo che, per quanti sforzi faccia, non mi riesce di capire le parole.