SuperCirio ver. 2.0 è da tempo una realtà.
Website, Blog, Twitter, Live Messenger, Skype, Flickr, Facebook... A parte Second Life, la cui interfaccia non "gira" su Window Vista (o almeno: fino a poco tempo fa la Linden, società creatrice di SL, non aveva rilasciato la versione compatibile col nuovo so Microsoft) per il resto sono presente su quasi tutte le maggiori social networking platforms del web.
Mi resta però un grande interrogativo: a che cazzo mi serve tutto ciò?
Il website è in versione beta da anni; il blog è sullo stesso dominio riconducibile all'autore, quindi mi vincola nei contenuti; Messenger lo uso coi colleghi vicini di scrivania, Skype non lo apro da mesi; di Flickr -questo si- ne faccio un uso intensivo, ed è infatti l'unico per il quale possiedo un account pro (a pagamento); Facebook lo trovo per molti aspetti infantile e noioso.
Per non parlare poi dei vari MySpace, Blogitalia, Friendster, etc dei quali neanche ricordo più le credenziali di accesso.
Apprezzavo molto Pandora, una community in ambito musicale che per motivi incomprensibili è stata inibita all'utenza italiana. Fortuna invece che Last.fm, nonostante la recente acquisizione da parte della Virgin, continua ad essere un pianeta ospitale per i musicofili di qualsiasi gusto.
Qualcuno obietterà che il ruolo delle piattaforme di social networking è quello di fornire i mezzi e le strutture adatte allo sviluppo ed all'aggregazione di comunità virtuali, ma sta poi all'utente creare, coltivare e far crescere la rete di contatti all'interno della comunità stessa. E su questo potremmo aprire un dibattito infinito circa la mia predisposizione alla socialità che non è il caso di affrontare ora e in questa sede. Senza contare che tra i miei contatti "reali" il livello di presenza web è ancora agli albori del 1.0 (l'instant messaging rimane un mistero occulto per quasi tutte le mie conoscenze).
E' ildestino di certi pionieri che, essendosi portati troppo avanti, alla fine si ritrovano soli.
Il corriere.it di ieri riportava un'intervista di Libero a Rajaà Afroud, 26enne di origini marocchine -ma residente fin dall'età di tre anni a Jesolo- che è una delle due ragazze di religione musulmana elette finaliste al concorso di Miss Italia 2007.
Fin qui niente di strano, a parte il fatto che l'intervista è stata pubblicata appunto da Libero, quotidiano generalmente schierato su posizioni assai poco filoislamiche.
Ma la cosa interessante è che "googlando" il nome della miss mi è saltata fuori una bella foto con la fighettina sorridente in un costume intero verde sul quale si intravede, parzialmente coperta da una cascata di riccioli corvini, la scritta Miss Padania (!). La bella Rajaà, infatti, prima ancora di approdare alle finali di salsomaggiore, è stata tra le finaliste di Miss Padania 2007. La foto in questione, pubblicata sul sito dell'evento, si trova qui.
Mi fa sorridere l'idea della musulmana che sfila in abiti discinti davanti allo stato maggiore delle camicie verdi padane, magari sotto il naso di un allupatissimo Calderoli che, legato momentaneamente al palo il porcellino anti-moschea, sbava come una lumaca rimirando le curve della giovane marocchina.
Temo però che la miss faticherà ad ottenere lo stesso successo nei confronti di un certo fanatismo religioso di matrice islamica.
Faccio a Rajaà i miei migliori auguri, e non solo per la finale di Miss Italia.
Di SuperCirio addì 21/09/2007 @ 10:11:48, in bambini, linkato 1072 volte)
"E se la sofferenza dei bambini servisse a raggiungere la somma delle sofferenze, necessarie all'acquisto della verità, allora io dichiaro in anticipo che la verità tutta non vale un prezzo così alto." (F. Dostoevskij, I Fratelli Karamazov)
"Se un dio ha fatto questo mondo, io non vorrei essere quel dio, perché il dolore del mondo mi strazierebbe il cuore."
(A. Schopenhauer)
Pubblico volentieri questo annuncio al quale mi è stato chiesto di dare la massima diffusione. Invito chiunque passi di qui a fare altrettanto, grazie.
Mi son detto: inutile scrivere alcunché su Grillo e tutto l'aveMaria che sta mettendo in piedi in questo periodo, poichè sia i media che l'intero mondo politico se ne stanno già occupando massicciamente e con gran perizia.
E invece.
Mi ha stimolato in particolare l'episodio capitato l'altro giorno nel tg2 delle 13.00, quello dello sparata di Mazza. Per i meno informati: il sig. Mazza, solerte giornalista del tg2, ipotizzava che l'ardore populista del comico genovese potesse diventar detonare nei confronti di certi animi esagitati e inclini alla violenza.
"E se qualcuno un bel mattino si sveglia e comincia a sparare?" si chiede con angoscia il pavido mezzobusto. Paura, rispondo io.
Grillo, dal suo blog, ha replicato alla fesseria di Mazza con una fesseria ancora più grassa, augurando al deretano del giornalista di diventare il bersaglio del potenziale sparatore. Quando i toni acquistano un certo timbro, c'è poco da stare allegri sul futuro del confronto.
Il fatto è che il tentativo di calare Grillo e le sue iniziative nei panni di un potenziale incubatore di sedizione terroristica mi sembra una forzatura.
Tanto più che arriva da un giornalista della TV di stato, e come tale al servizio del cittadino e tenuto alla più rigorosa obiettività nell'esposizione dei fatti.
A sua volta Grillo, in antitesi rispetto alla dialettica ed ai bizantinismi della politica, è ancora troppo caricato dai recenti clamori di piazza per reagire di etsta alle facili provocazioni.
Nonostante ciò resto convinto della buona fede di Grillo. Il problema è che un agitatore in buona fede resta un agitatore, con tutto lo strascico di incognite che ciò comporta. E comunque non basta la buona fede, mia o del popolo del vaffaday, a cambiare in modo serio le cose.
Con la demagogia di Grillo si può essere o meno d'accordo (io lo sono solo in parte) e lo stesso vale per i suoi metodi populisti (anche qui mi dissocio nella sostanza). Resta il fatto che il fenomeno Grillo riempie le piazze, e in un modo o nell'altro ci costringe tutti a prenderne atto, in particolare ( e questo è l'aspetto positivo) la classe politica sempre più sotto attacco.
A pensarci bene, il populismo bipartisan di Grillo non è poi tanto diverso da quello militante di un Berlusconi in campagna elettorale. Cambiano i temi (e gli obiettivi) ma non i metodi.
Grillo se la prende con gli sprechi della 'casta' politica, Berlusconi con le tasse che affliggono il ceto medio.
Entrambi i temi fan girare i coglioni alla piazza e catalizzano consensi. Con la differenza che nell'intento di Berlusconi c'è un tornaconto politico (oltre che personale, soprattutto sui temi della giustizia), mentre Grillo non si è ancora capito bene dove voglia andare a parare. Lui lo sa senza dubbio, il fatto è che a me non è chiaro e questo mi preoccupa. Certo, questa mobilitazione di piazza aveva l'obiettivo dichiarato di raccogliere firme per le famose tre proposte di legge da portare in parlamento. Peccato che due di queste proposte legislative siano destinate ad arenarsi nel loro percorso istituzionale.
Sappiamo tutti che un condannato che ha scontato la pena rientra in pieno possesso dei suoi diritti, tra i quali quello di candidarsi in ruoli istituzionali. Interdire a vita dai pubblici uffici chi ha pagato fino in fondo le proprie colpe è materia da consulta costituzionale, e basta questo a rendere impervio il sentiero della proposta di legge.
Sull'idea di mandare a casa i parlamentari dopo due legislature si può essere d'accordo o no (io non lo sono del tutto), ma saranno i parlamentari stessi a dover approvare questa legge, quindi è inutile aspettarsi che viaggi su una strada in discesa.
Possibile che Grillo non abbia considerato questi limiti? E allora perchè mobilitare migliaia di persone per delle iniziative morte sul nascere?
Forse perchè intorno alle tre proposte di legge si è catalizzata ai massimi livelli l'incazzatura popolare ed il rifiuto della politica. Dai moduli per la raccolta firme è stata distillata la migliore antipolitica degli ultimi decenni. Un concentrato prezioso e dai poteri sconosciuti, ma certamente molto, molto pericoloso.
Sto provando un simpatico plugin per Firefox che dovrebbe permettermi
di postare cazzate sul blog direttamente dalla finestra del browser.
Questo è pertanto un post di test e chiunque riuscirà a leggerlo
-semmai risulterà leggibile- sarà testimone di una strepitosa conquista
scientifica.
Avrei bisogno di riposo. Molto riposo. Necessito di relax a tutto campo. Sento il bisogno di good vibrations, qualcosa che possa scuotere la monotonia del quotidiano con arpeggi nuovi e fiammeggianti. Ieri vagheggiavo cambi radicali in ambito professionale. Sognavo di fare l'operaio edile, forse lo stradino, o qualsiasi altro di quei lavori rocciosi che ti gonfiano i muscoli e ridicolizzano il concetto di dieta. Che belli quei lavori che svuotano la mente, poichè usarla non serve comunque! Ci guadagnerei in salute, smaltendo nella manualità pesante tonnellate di colesterolo endogeno. Riuscirei a dormire almeno 9 ore a notte, senza interruzioni. Sarei schietto e grossolano, rozzo e sincero. Avrei un bar pieno di amici dove fermarmi la sera per una birra, prima di rientrare a casa. Avrei una moglie contenta di lavare i miei jeans, e figli che studiano per poter avere, un giorno, un lavoro migliore del mio.
Soprattutto non avrei più voglia di scrivere cazzate.
Se voglio trovare un motivo per prendermela con il ministro dell'economia Padoa Schioppa, mi basta chiudere gli occhi per concentrarmi un attimo e me ne vengono in mente almeno una decina in prima sparata. Ma attaccarlo per la battuta sui trentenni bamboccioni non mi sembra leale.
Credo sia facile capire a quale particolare categoria di giovani abbia voluto riferirsi con il suo bonario epiteto.
Eppure Veltroni, che della comunità giovanile continua abusivamente a considerarsi un membro, sembra non averlo capito e si è prontamente lanciato in difesa dei poveri giovani che "affrontano un viaggio nell’incertezza" e pertanto meritano maggior rispetto.
Niente da eccepire caro Walter, se i giovani ai quali ti riferisci riguardano la fin troppo nutrita schiera dei lavoratori precari, impegati a progetto, co.co.co., e chi più ne ha più ne metta, ossia quelle categorie sociali che generano in chi vi appartiene quell'incertezza nel futuro che è una grande emergenza di questo paese.
Ritengo invece che Padoa Schioppa, con il suo discusso quanto azzeccato aggettivo, abbia voluto riferirsi ad una ben definita tipologia di giovani, la cui poca inclinazione ad affrancarsi dagli agi della dimora paterna è dettata da motivi tutt'altro che economici.
Ne conosco qualcuno di questi "bamboccioni" e non è certo gente che avrebbe problemi a mettere insieme vitto e alloggio lontano da mamma e papà.
Semplicemente a loro non conviene. E' una questione di comodo.
Sono figli benestanti di genitori-chiocce che non vorrebbero mai vederli crescere, nonostante godano la libertà e l'autonomia che si conviene a persone più che maggiorenni.
Hanno tasche piene di soldi che nessun mutuo né affitto può insidiare, e hanno più tempo libero per goderseli.
Hanno chi lava e chi stira, chi cucina e chi paga le bollette. Vivono come pascià, soprattutto se confrontati con i loro coetanei precari magari subissati dalle rate del mututo o dagli affitti scellerati.
E tu, caro ministro Padoa Schioppa, vorresti convincerne qualcuno ad abbandonare il suo comodo nido semplicemente sventolandogli sotto il naso 1000 miseri euro all'anno di incentivo? Ma incentivo de che?
Non ci affitti un parcheggio per la Vespa, con 1000 euro all'anno, altro che incentivo. Te lo spiego io come gira il fumo, così in futuro eviti le battute alle quali poi Veltroni si sente in dovere di replicare:
i trentenni di oggi si dividono in tre macrocategorie:
quelli che non riescono ad uscire di casa;
quelli che non vogliono uscire di casa
quelli che di casa ci sono già usciti.
Sui primi i tuoi 1000 euro non possono incidere, poichè ne occorrebbero almeno 10 volte tanto per poter prendere seriamente in considerazione la cosa.
I secondi non sanno che farsene. I mille euro preferiscono sputtanarseli in settimana bianca con gli amici, per poi tornare dalla mamma che sa come lavare la tuta da sci.
L'ultima categoria, alla quale anch'io appartengo, riguarda coloro che il grande salto nella melma del caro mutui/affitti l'ha già fatto, e non si offenderebbero di certo nel ritrovarsi una rata del mutuo (o un mese di affitto) a carico del tuo dicastero.
Pensaci, che sei uno sveglio e certe cose le capisci al volo.
Lascia il buonismo a Veltroni e caccia i soldi a chi già 'tiene da pagà'.
Domenica, sulle dolci colline del Verbano, ho concretizzato il rito autunnale della castagnata. Un cerimoniale antico, di sapore campagnolo, fatto di spine nelle dita e insetti tra i capelli, sacchettate di Castanea Sativa e caviglie doloranti. Porto fieramente i segni dell'incontro con la natura, sotto forma di dito medio gonfio come un wurstel a seguito trauma distorsivo per l'impatto con un tronco caduco e maligno. La castagna esige sempre un tributo di sangue.
Contrariamente al resto del gruppo, inquadrato con diligenza -bambini inclusi- nell'attività di raccolta, il mio obiettivo dichiarato erano i funghi, per i quali si conferma ancora un volta la pessima annata.
E' forse questa, almeno per quanto mi riguarda, una delle conseguenze più tragiche dei cambiamenti climatici: l'attività micotica è ridotta a zero. Altro che scioglimento dei ghiacciai e rischio desertificazione... ragazzi, il vero rischio, se non ci diamo una mossa a ridurre le emissioni di gas serra, è dover dire addio alle tagliatelle alla boscaiola.
Quella scorsa è stata una settimana terribile, afflitta da menate che non sto neanche a raccontare. Il weekend l'ho speso in assoluto riposo nel tentativo di sciogliere almeno in parte lo stress e le stanchezza accumulata. Non so dire con quali risultati, certo non brillanti visto il mal di testa e l'irritabilità che mi trascino da questa mattina. Ieri mi sono concesso mezz'oretta di libertà dalle menate famigliari per andare a votare alle primarie del PD. Più per esplicita richiesta di un candidato della mia circoscrizione che per reale appartenenza ideologica, ma tant'è. Un giorno potrebbe anche tornare utile. fatto sta che sono arrivato a sera con ancora addosso quel certo senso di scazzo totale verso tutto e tutti.
In genere questo particolare stato d'animo mi spinge a cercar conforto nell'ascolto di buona musica. Il problema, nell'immediato, è che di buona musica non ne dispongo. E' un periodo in cui sul mio lettore mp3 si liberano costantemente ampi settori di memoria. Non passa giorno senza che sparisca almeno un album. L'abbuffata di indie music di cui il fido Creative ha goduto in questi mesi sta andando progressivamente esaurendosi. Sono arrivato a cancellare interi album dopo averne ascoltato solo un paio di brani. Forse è l'età che mi ha reso più esigente -o meno tollerante- verso certa fuffa sonora, fatto sta che mi son ritrovato a sbarazzarmi di presunti mostri sacri della scena indie (come gli Arcade Fire o gli Arctic Monkeys) dopo un paio di ascolti soltanto dei loro più recenti albums. Conitnuano ovviamente a campeggiare gli intoccabili della mia personalissima playlist: Modest Mouse, Boxcar Racer, Cursive, Ataris, e compagnia simile.
Mi sono scoperto ad apprezzare parecchio l'ultimissimo Springsteen con la sua Radio Nowhere: basta questo a dirla lunga sul deserto musicale che sto attraversando. Spero che l'anima buona del vecchio Joe Strummer, da lassù, riesca a perdonare queste mie insane derive.
Cronaca di oggi: all'interno del tribunale di Reggio Emilia, nel corso di un'udienza per una causa di separazione, un 40enne di origine albanese (parte in causa) caccia di tasca una pistola e comincia a sparare all'impazzata. Piazza una palla in testa alla moglie dalla quale si stava separando, poi fulmina il cognato che cercava di disarmarlo, infine comincia a sparacchiare a casaccio tutt'intorno ferendo poliziotti e avvocati. Tenta infine di fuggire ma un altro poliziotto lo secca sulla soglia dell'aula. Una scena da far west, dicono i testimoni.
Adesso ci si chiede com'è possibile che sia stata introdotta un'arma all'interno del palazzo di giustizia, in barba a tutti i controlli e le procedure di sicurezza. L'onnipresente Mastella minaccia ispezioni.
I miei dubbi invece puntano alla radice del problema, e mi chiedo: com'è possibile che le nostre politiche immigratorie continuino a consentire l'ingresso e la regolarizzazione di masse di potenziali delinquenti? Quanti ne devono ancora volare di proiettili perchè in Italia ci si decida ad affrontare con serietà il problema dei flussi migratori, in particolare verso certe nazionalità troppo inclini alla violenza? O vogliamo continuare a raccontarci la barzelletta di matrice cattocomunista secondo la quale gli immigrati sono un ricchezza per il paese?
Pare che il ministro Rutelli abbia già deciso: il portale www.italia.it deve morire. Costa troppo e rende poco, meglio allora chiudere baracca.
Sul vecchio blog avevo già avuto modo di muovere qualche critica al sito che, almeno nelle intenzioni del ministero per le attività culturali, avrebbe dovuto rappresentare il motore di promozione turistica del nostro paese nel mondo.
Il bello è che lo stesso Rutelli, ancora fresco di nomina al dicastero per i beni culturali, ci aveva provato a risollevare in qualche modo le sorti del progetto, peraltro con risultati a dir poco esilaranti: ricordo, ad esempio, con quale esplosione di ilarità venne accolto dal popolo della blogosfera il nuovo logo, con quell''Italia' scritto con tre font diversi e con la 't' penosamente somigliante ad un fallo a riposo. La sensazione che quel progetto di rivalutazione fosse partito con il piede sbagliato era già forte allora, e le ultime decisioni del ministro lasciano presagire che sull'intera vicenda potrebbe calare presto il sipario.
Del resto non è difficile muovere critiche a un portale web che in 13 anni di vita virtuale si è pappato la bellezza di 45 (quarantacinque!) milioni di euro tra progettazione, sviluppo e consulenze varie. Ovviamente tutti soldi pubblici, quindi anche miei. E con quali ritorni in termini pratico/economici? Zero. Nella classifica dei siti italiani più visitati, italia.it galleggia intorno ad un poco lusinghiero 2539° posto. Ci sono siti porno autoprodotti da webmaster improvvisati con un numero di accessi 10 volte superiore. Il blog di Beppe Grillo riceve in un giorno le visite che italia.it riceve in un mese.
Considerato il numero esiguo di utenti, si poteva inviare ad ognuno una cartolina della costiera amalfitana: si risparmiava un sacco di denaro ed i ritorni nel settore turismo sarebbero stati sicuramente maggiori. Magari si allegava pure un mezzo Kg di spaghi Barilla e una bottiglia di rosso buono, così ci facevamo pure la figura dei sciuri.
Paradossale che il primo Gran Premio di F1 che ho seguito (quasi) per intero quest'anno sia anche l'ultimo del campionato nonché (pare) il più emozionante in assoluto, non fosse altro per questioni di classifica.
L'ho seguito in compagnia di un appassionato, certamente più qualificato di me nel dare giudizi di merito su vincitori e sconfitti. Secondo lui nessuno dei tre contendenti al titolo aveva i numeri per meritarlo. Raikkonen e Alonso perchè hanno alle spalle una stagione scialba e povera di vittorie; Hamilton perchè, al di là dei podi conquistati, ha mostrato più volte i limiti dell'inesperienza, soprattutto in occasione dell'ultima e decisiva gara. In più ha goduto di eccessiva considerazione da parte della federazione che quest'anno troppe volte ha chiuso entrambi gli occhi davanti a certe scorrettezze sue e della sua scuderia.
Adesso si sono inventati anche 'sta storia della benzina fredda, e tutto torna in discussione. Le Williams hanno ciurlato nel manico, la tempertura della benzina nei loro serbatoi era troppo bassa, quindi i suoi due piloti rischiano la squalifica. Guarda caso, i due in questione hanno tagliato il traguardo prima di hamilton, pertanto la loro squalifica permetterebbe all'inglesino nero un balzo avanti nell'ordine di arrivo e, ovvia conseguenza, nella classifica generale che a questo punto lo vedrebbe campione iridato.
Vediamo di ricostruire:
Hamilton domina la classifica per quasi tutto il campionato e questo (forse) grazie anche a pregresse "manovrine" di spionaggio illegale della sua scuderia nei confronti delle rosse. Senza contare le troppe volte in cui si è reso protagonista di scorrettezze incredibilmente mai sanzionate dalla FIA.
All'ultima gara gli sarebbe sufficiente arrivare tra i primi 6 per laurearsi campione, invece si copre di ridicolo fin dal via con errori da dilettante che gli costano la 7° posizione al traguardo. Non basta. Raikkonen, giunto primo, è campione del mondo. A Maranello le campane suonano a festa.
Mentre l'inglesino frigna per l'incredibile occasione sciupata, il suo padrone di scuderia, l'ineffabile Ron Dennis, va a piagnucolare dall'amico Max Mosley, patron di tutto il circo F1, denunciando la Williams per uso di benzina troppo fredda. L'obiettivo dichiarato è quello di ottenere la squalifica dei piloti Williams e permettere così a hamilton di ottenere il titolo a tavolino (!). Semplicemente patetico.
Chiunque al posto di Mosley avrebbe coperto mr McLaren di pece e piume prima di cacciarlo a scarpate tra l'ilarità generale. Invece il patron Max conferma la sua fama di viscido intrallazzone accettando il ricorso di Dennis e congelando la classifica "sub judice".
Le campane di Maranello si bloccano a mezz'aria insieme a migliaia di cuori rossi: Raikkonen ha vinto, ma non è ancora campione.
Una situazione a dir poco surreale che fa a polpette quel poco di credibilità e serietà di cui questo sport ancora godeva.
Una volta gli inglesi inventavano gli sport; oggi riescono solo rovinarli.
Di SuperCirio addì 24/10/2007 @ 23:46:15, in bambini, linkato 971 volte)
L'altro giorno ho avuto la sventata idea di passare in macchina davanti ad una scuola elementare della mia zona proprio durante l'orario di ingresso dei bimbi. Un macello di traffico, macchine parcheggiate ovunque sui marciapiedi con le frecce lampeggianti che sembravano i fuochi artificiali alla fiera di S. Rocco; un povero vigile urbano che si dannava per liberare le strisce pedonali dal flusso continuo di auto.
E' vero che ne son passati di annetti, ma quand'ero pulcino io a scuola ci si andava a piedi. Al massimo, nelle giornate invernali più fredde e nebbiose, c'era il pulmann del comune che dalla scuola portava in piazza, e da lì tutti a piedi, olè. E questo valeva bene o male per tutti. Chi veniva accompagnato in auto o abitava troppo fuori mano, oppure rientrava da una convalescenza ed era ancora troppo delicatino per scarpinare in pieno inverno fino a scuola.
Cos'ha cambiato queste abitudini? Tutto:
il traffico, che è minimo quadruplicato. Già ai miei tempi un paio di sbarbatelli finirono arrotati da un'auto in corsa mentre rientravano da scuola. Figuriamoci quante ne potrebbero accadere oggi di disgrazie, con tutta quell'Avemaria di auto e pirati della strada che ci sono in giro.
la gentaglia: 25 anni fa un romeno era un abitante della capitale in dialetto pugliese. Oggi basta che ti giri a cercar le chiavi e una banda di zingari ti soffia il pupo da sotto il naso.E chi si fida più con tutto quel che si sente in giro?
il bullismo, un fenomeno che negli ultimi tempi è diventato un'emergenza sociale. Una volta c'era un rituale semplice e ben codificato: si "scazzava" in classe con il bulletto di turno, ci si dava appuntamento fuori per una sana baruffa, poi si faceva pace e tutto finiva lì. Oggi pare che le aule italiane siano terra di nessuno infestata da sadici armati di videofonino con cui immortalare le proprie efferatezze.
In una situazione del genere c'è da stupirsi se a scuola ci si va sotto scorta genitoriale?
Piogge anomale e nasi tappati. Briciole di foglie ingiallite e castagne seccate troppo presto, scarpe da lucidare e poi rinchiudere in scatole di cartone. Occhi che bruciano la mattina. Capelli da tagliare, unghie da tagliare, storie da tagliare. Vento che sa di montagna, falene che non vogliono morire, musica nuova da sentire. E poi pizze fredde il sabato mattina, cervicale che ti sussurra nel collo, schede sd zeppe di foto, suole che scivolano sul marmo del corso, odore di frittelle, legna da bruciare, luci arancioni, canzoni senza passioni, nylon che scintilla elettrostatico, nuvole rosa macchiate di smog, aperitivi col cappotto, guanti da perdere, sciarpe da perdere, tempo da perdere e tempo già perso.
Mentre l'ultimo rapporto Caritas sull'immigrazione in Italia snocciola cifre da pelle d'oca, i maggiori quotidiani si affannano nel presentare la notizia con la più alta enfasi positivistica possibile.
3.700.000 regolari, olè! Aumentati in un solo del anno del 21,6%: che bello!
Se si escludono quei buontemponi de La Padania e qualche altra testata minore, il resto della stampa italiana è tutto un rallegrarsi per il boom di immigrati nel paese, quasi che a fermarsi un attimo per riflettere sulle dimensioni che il fenomeno ha assunto ci fosse il rischio di passar per razzisti.
Qui nessuno è razzista, ma neppure fesso. Proviamo a considerare almeno i numeri principali.
- 21,6% di incremento presenze in un anno: nemmeno nell'America di inizio '900 si è arrivati ad una percentuale del genere. E stiamo parlando di una nazione che aveva (ed ha tutt'ora) delle potenzialità economiche e sociali che noi a ancora oggi nemmeno ci sogniamo. Nonostante ciò stiamo accogliendo, in proporzione, un flusso in ingresso assai maggiore. Tra il 1892 e il 1924 sono entrati negli USA - nazione ricca e dalle potenzialità economiche enormi- circa 18 milioni di persone, con una media annuale di poco superiore alle 560.000 unità. In Italia, fanalino di coda tra i paesi fondatori dell'unione europea, costantemente alla canna del gas con un debito pubblico da terzo mondo, ne sono arrivati 700.000 solo nell'ultimo anno. Allegria.
- 200.000 stranieri occupati in più nell'ultimo anno: benissimo, ma se ne sono entrati 700.000, glia ltri 500.000 cosa fanno? magari un giretto alle parti della stazione centrale può aiutarmi a capirlo. Nella civilissima America di inizio '900 le politiche per l'immigrazione escludevano la possibilità di ingresso nel paese ad analfabeti, infermi, dementi, prostitute, anarchici e comunisti. Noi, un secolo dopo, neanche ci preoccupiamo di evrificare che chi ci bussa alla porta abbia almeno uno straccio di prospettiva di lavoro, con buona pace della legge Bossi-Fini e delle sue numerose scappatoie.
- In Italia gli immigrati sono il 6,2% della popolazione complessiva, contro il 5,6% della media europea: e non è il caso di chiedersi il perchè? Siamo l'anello debole della catena europea, il fanalino di coda nelle realtà economiche del vecchio continente, quelli con il ritmo di crescita più basso, eppure vengono tutti qui. E perchè poi? Forse perchè in altri paesi europei c'è un approccio più deciso nei confronti dell'immigrazione selvaggia? Nella ricca Germania ci sono stati 50.000 ingressi di extracomunitari in tutto il 2003... dopo solo s 4 anni noi ne riceviamo nello stesso arco di tempo un numero 14 volte superiore. Possibile che l'unica classifica europea in cui l'Italia è prima è quella del ritmo di crescita dell'immigrazione?
- Tra 20 anni gli immigrati in Italia saranno 10 milioni: consolante saperlo, soprattutto per un padre i cui figli, in quel periodo, non avranno ancora trent'anni...
"Nessuno scrolli le spalle o definisca razzista un padre che si preoccupa di una
figlia in un quartiere che non riconosce più. La sicurezza è un diritto
fondamentale che non ha colore politico, che non è né di destra né di sinistra.
Chi governa ha il dovere di fare di tutto per garantirla.(Uolter Veltroni)"
Metti che domani nel campo di mais di fronte a casa mia atterra un'astronave aliena e ne discende un omino verde che mi citofona qualcosa tipo: "ohè, terrestre, al di là dei bastioni di Orione si fa un gran parlare di politici corrotti: e che sarà mai 'sta cosa?".
Io lo prendo per un tentacolo, lo metto davanti al pc e su Google scrivo 'mastella'.
Mastella. Può un paese che ha la pretesa di definirsi civile avere tra i suoi ministri uno come Mastella? E' l'archetipo del politico arraffone, ingordo, inciucione, vizioso e corrotto; l'unica balena bianca ex dc che non si è estinta tra le nebbie di mani pulite, anzi ne è uscita rafforzata in una sorta di sintesi evolutiva che ne ha fatto la più pericolosa tra tutte le creature del circo politico attuale. L'uomo che con un pugno di voti tiene al guinzaglio intere maggioranze. Non sarà certo un caso se Mastella è diventato il bersaglio ideale dei recenti rigurgiti di antipolitica da parte dei cittadini.
Prendiamo l'ultima in ordine di tempo: si scopre che "il Campanile", quotidiano dell'Udeur, si 'pappa' la bellezza di 1.153.000 euro all'anno di denaro pubblico, gentile donazione della legge sul finanziamento agli organi di stampa. Il tutto a fronte di una tiratura attestata sulla mirabolante cifra di 3000 copie scarse, e di queste solo un terzo viene effettivamente venduto (forse). I fumetti di Alan Ford hanno una tiratura decine di volte superiore, non succhiano soldi pubblici e di certo, sul piano dei contenuti, sono molto più seri ed interessanti.
Come numero di lettori, l'organo di stampa dell'Udeur non eguaglia quello dei tesserati al partito stesso. Eppure ogni anno incassa denaro che proviene dalle saccocce dei cittadini che pagano le tasse, quindi anche dalle mie. Avrò ben il diritto di sapere come vengono spesi tutti questi soldini, no? Tenersi forte, prego, arriva un estratto dall'ultimo bilancio:
- 40 mila euro se li intasca lo stesso "er panza" Clemente per collaborazioni giornalistiche. Mastella è un giornalista? Ma quante cose che non sapevo. 80 mln delle vecchie lire per scrivere cose che poi legge solo lui. Un genio.
- 14 mila euro per l’acquisto di torroncini di Benevento spediti dai coniugi Mastella agli amici. Ma quanti cazzo di torroncini si comprano con 14.000 euro? Sta a vedere che "er panza" c'ha l'inciucio pure con la lobby dei dentisti...
- 12 mila euro versati allo studio di Pellegrino Mastella, figlio di Clemente. Studio de che? Pure il figlio è giornalista?
- 98 mila euro per viaggi e trasferte di Sandra
Mastella (moglie), Pellegrino Mastella (figlio), Alessia Mastella
(nuora) ed Elio Mastella (figlio). Ma come?! "er panza" si piglia l'aereo di stato anche per andare al GP di Monza, e poi mette fuori la fattura? E io pago...
- 1.150 euro per beni acquistati al centro commerciale Cis di Nola da Sandra Mastella. Oibò, povera donna Sandra, neanche più libera di fare un po' di spesa in pace...
- 4.000 euro per la benzina del Porsche Cayenne di Pellegrino Mastella. Uno che si chiama Pellegrino per forza di cose deve viaggiare molto. In Nomen Omen. Alla faccia degli aumenti sul prezzo del petrolio.
- 36.000 euro per un contratto con la società Acros, di cui è socio al 50 per cento Pellegrino Mastella. La Acros è una società di brokeraggio assicurativo, e "Il Campanile" ha necessità come tutti di tutelarsi dagli imprevisti. Metti che Pellegrino parcheggia il Cayenne al sole con tutti i torroncini dentro: chi lo ripaga il danno? Son rischi che van calcolati...
Alla fine il dubbio mi resta: quanti cazzo di torroncini si possono comprare con 14.000 euro?
Di pazzi ne è pieno il mondo, non è una novità. Che in Italia se ne trovino in concentrazioni multiple rispetto a qualsiasi altra nazione evoluta, anche questo è risaputo.
Ma che all'ora di pranzo di una domenica di campionato un poliziotto della stradale impazzisca di colpo e si metta a sparacchiare da una sponda all'altra dell'A1... beh, questa faccio un po' fatica a digerirla.
Eppure...
Eppure c'è il cadavere di un 26enne con un proiettile piantato nel cranio. Eppure c'è un poliziotto accusato di averlo piantato, quel proiettile. Eppure c'è un Ministero degli Interni che per un intero pomeriggio ha continuato a sostenere la tesi del colpo in aria, come se al momento dello sparo la vittima stesse volteggiando come un passero. Eppure ci sono migliaia di fessi che hanno strumentalizzato il tragico fatto per montare una protesta contro le forze dell'ordine, scatenandosi in devastazioni e vandalismi da sommossa (in)civile. Eppure c'è uno sport che ha perso quella poca dignità che il ciclone di Calciopoli gli aveva risparmiato. Eppure c'è una Federazione Italiana Gioco Calcio ostaggio di tanti, troppi interessi economici, che questa dignità non è riuscita tutelarla. Eppure il sacrificio dell'ispettore Raciti non ci ha insegnato proprio nulla.
stamattina aprendo l'email aziendale mi sono ritrovato un altro dei vostri spassosissimi messaggi di phishing con il quale mi invitate, a tutela della segretezza dei dati del mio conto corrente online, ad inserire le mie credenziali di accesso in uno dei vostri specifici siti-fuffa.
Scusate, ma io non vi capisco: con tutte le competenze tecnologiche ed i capitali che impiegate per architettare queste truffe informatiche, possibile non riusciate a coinvolgere qualcuno in grado di scrivere i messaggi in un italiano quantomeno decente? E' una cosa patetica, al limite del commovente.
Vi propongo uno scambio: io vi riscrivo il messaggio in un lessico accettabile, e voi la smettete di riempirmi l'email con 'sta robaccia, che tanto -ormai l'avrete capito anche da soli- con me non c'è trippa per gatti.
Incollo qui sotto il vostro messaggio originale cui faccio seguire la mia versione rivista:
- - - - - - Egregio cliente, Legga attentamente l’informazione piùgiu: Per perfezionare il sistema della sicurezza dei conti dei nostri investitori contro gli attentati illegittimi delle persone terze, l’amministrazione della nostra banca ha deciso di ristrutturare il sistema della sicurezza e di passare alla piattaforma del generazione nuovo che assicura il massimo livello della segretezza dei depositi. Il Dipartimento della sicurezza della nostra banca ha proposto di trasferire alla piattaforma durante il termine corto tutti i conti elettronici i quali sono serviti dalla nostra banca per decurtare tutti i rischi possibili. Egregio Cliente, in un'ottica di costante miglioramento dei nostri servizi alla Clientela, abbiamo ritenuto opportuno implementare nuove e più robuste procedure di sicurezza per l'accesso e la fruizione dei servizi forniti tramite il canale Internet, allo scopo di tutelare dai rischi di truffe informatiche i nostri titolari di conto corrente online.
Se ha ricevuto questa lettera, dunque il Suo account è già registrato nel sistema. Tutto che Lei bisogna fare per attivare il margine lavorativo è andare al http://www.xxxxxxxx.it dopo che Lei si troverà automaticomente nella pagina principale della banca. Nel posto adeguato si deve stampare il Suo login e il password per il accesso per il conto personale. Dopo che si è convinto che è possibile operare il conto come prima senza i problemi con l’amministrazione dei mezzi finanziari, si può lasciare il margine lavorativo. Se ha dubbio durante il lavoro con il conto o non è possibile fare nessuni operazioni, è necessario urgente mettersi in contatto con il Dipartimento della sicurezza. Per il completamento delle procedure di attivazione del Suo account sulla nuova piattaforma tecnologica, la preghiamo voler accedere al nostro Portale Istituzionale inserendo le credenziali (userID e password) utilizzate abitualmente. Il nostro Servizio Clienti è a Sua completa disposizione per qualsiasi indicazione o chiarimento dovesse necessitarLe in merito alla procedura di riattivazione dell'account.
Qualora se non è riuscito ad attivare il accesso per il conto durante 24 ore, sarà fermato parzialmente del nostro servizio della sicurezza. La fermata sarà annulata automaticomente appena che fa il accesso per il conto. La preghiamo voler completare la procedura sopra descritta entro e non oltre 24 ore dal ricevimento della presente. Decorso tale termine il nostro Settore Sicurezza Informatica provvederà alla temporanea disabilitazione di alcune funzionalità previste dal Suo profilo; tale blocco verrà automaticamente rimosso in occasione del primo accesso all'area riservata.
Siamo sicuri che si piacerà il livello della sicurezza che vi propogniamo. Grazie per collaborazione Dipartimento della sicurezza inLineaNet. Nella speranza che i nostri sforzi a tutela della Sua sicurezza Le risultino graditi, desideriamo ringraziarLa per la cortese collaborazione e con l'occasione porgiamo cordiali saluti. - - - - - -
Ueh hackers, non sarà una cosa eccezionale (non mi occupo di comunicazione aziendale) però se alla fine qualcosa ci salta fuori, vediamo di far arrivare una fettina anche al sottoscritto, ok?
Doverosa premessa: non sono un campione rappresentativo del teleutente medio, esulo da qualsiasi statistica sul gradimento della programmazione tv e nonostante qualche volta mi atteggi ad Aldo Grasso non ho alcuna competenza di critica televisiva. Per intendersi, sono rimasto l'unico in Italia a non aver MAI visto nemmeno una puntata del Grande Fratello in nessuna delle varie edizioni. Quando lo racconto c'è gente che si rifiuta di credermi, altri mi tolgono il saluto, qualcuno comincia a guardarmi strano come si fa con i potenziali serial killer o con quelli che sostengono di aver visto gli alieni. Eppure giuro che è così. Ma il GF non è l'unico fenomeno catodico che ho rigettato fin dall'inizio. Quanto segue farà sussultare dal disgusto ogni vero teledipendente omologato: a me il Dottor House FA CAGARE! Ecco, l'ho detto. Sto già meglio. Comincia un'altra battaglia parsonale contro l'omologazione di gusti e tendenze.
Stupore della massa allineata: MA COME?! MA SE LO VEDONO TUTTI!! Ecco, appunto. Non per fare il finto intellettual-snob -che tanto non sono né sarò mai, ma è cosa nota che il livello di intelligenza dei programmi televisivi riflette quello della massa telespettatrice che li guarda, e stiamo parlando di valori prossimi allo zero. Del resto lo diceva anche Berlusconi: i programmi tv devono essere pensati per "un bambino di 11 anni neanche tanto intelligente". Chi più chi meno, tutti lo hanno preso alla lettera.
Qualcuno obietterà: ma se non hai mai visto un minuto del GF, come fai a sostenere che sia una cazzata? Semplice: perchè ritengo che il concetto stesso di reality show sia una cazzata. Certo è un giudizio soggettivo, ma se a livello europeo (e non solo) l'acquisizione di format basati sui reality è in picchiata verticale, forse su qualcosina avevo ragione.
Doctor House però non è un reality, perchè tartassarlo?
Vero: infatti nel suo caso mi esprimo con cognizione, avendone visti ben due episodi. Troppo poco forse per poter formulare giudizi così trancianti, ma proprio per questo ho premesso fin dall'inizio la mia incompetenza critica. I miei sono giudizi di pancia, com'è giusto che sia da parte del semplice consumatore di format tv. Nei confronti di un nuovo programma mi comporto come un bimbo alle prese con una pappa mai assaggiata prima: mi deve piacere al primo boccone, altrimenti ribalto la scodella e sputo.
Quello che vorrei capire è la dinamica che spinge così tante persone ad apprezzare un prodotto come il Dottor House. Con il GF i sociologi hanno avuto gioco facile: il meccanismo della trasmissione faceva leva sul voyeurismo strisciante delle persone, un sentimento mediocre per gente mediocre e la mediocrità è merce diffusa, al giorno d'oggi.
Il successo del Dottor House deriva invece da dinamiche diverse. Innanzitutto occorre considerare il grande successo che già hanno avuto in passato prodotti simili, tipo il famoso ER che diede grande successo al brizzolato lacustre G. Clooney, o le tante contaminazioni medico/poliziesco tipo CSI o Grey's Anatomy. Non mancano le varianti sitcom-umoristica (es. Scrubs, che passava qualche tempo fa su MTV), o le derive grottesche di Nip/Tuc. Tutte con un comun denominatore: i medici e la medicina, e un campionario iconografico di cadaveri, sangue e attrezzature chirurgiche. Come possano certe tematiche diventare materia di svago, per me sarà sempre un mistero. Perchè la spettacolarizazione della malattia paga così tanto in termini di audience? E' un modo per esorcizzare la sofferenza vera, quella che sta al di qua dello schermo e alla quale tutti dobbiamo rispetto, poichè non sappiamo fino a che punto ne siamo o ne saremo immuni? E' una forma di assuefazione verso la tragicità del quotidiano, affinchè i cadaveri sul tavolo di CSI e quelli nei servizi dei tg si fondano sotto un'unica indistinta patina di finzione? E' per questo che poi diventa normale riprendere col videofonino la morte di una 16enne e diffonderne il videoclip su YouTube? Perchè la morte è comunque spettacolo? O forse appaga l'eterno bisogno di eroi, e quale figura migliore in questo ruolo del medico che salva vite umane?
Nella galassia catodica di sofferenza e semidei che ne combattono le cause, il Dottor House si è ritagliato una parte da re. Forse perchè, a differenza dei tanti suoi predecessori, la figura di House non è quella dell'eroe senza macchia né paura che lotta e sconfigge il Male. Al contrario, House è un tossico scorbutico e dal sarcasmo indisponente, profondamente ateo ma con posizioni antiabortiste, dissacrante ed ipercritico, antisociale e poco disponibile nei confronti dei pazienti, indifferente al codice deontologico e al giuramento di Ippocrate. Però ci azzecca quasi sempre, i malati guariscono e lo spettatore applaude. Sipario.
Probabile che il segreto del suo successo stia proprio in questa impostazione assai poco ortodossa rispetto ai canoni classici (sia televisivi che reali) del professionista serio e lineare, magari un po' barbogio nella sua granitica saccenza.
House invece no, lui non ha interesse a farsi stimare per la sua serietà, non gli interessa la dedizione alla causa né mostrare professionalità nei rapporti con pazienti e colleghi. Da questo punto di vista è senza dubbio una figura poco credibile: in un contesto reale, al dottor House qualunque paziente o congiunto azzopperebbe la gamba sana già alla prima visita. Nella fiction invece tutti alla fine lo amano, perchè lui è uno che in un modo o nell'altro risolve i problemi. Un antieroe che compie imprese eroiche.
E' un dualismo che piace e paga a livello di gradimento. Un po' come per l'Uomo Ragno e il suo 'lato oscuro', un meccanismo narrativo alla base del terzo noiosissimo sequel della saga. Forse i miei primi approcci con House non mi hanno entusiasmato proprio per questo motivo. Ho una visione all'antica, quasi da film western, del ruolo e degli atteggiamenti che il protagonista può assumere: o buono o cattivo, o sceriffo o bandito... non sono ammesse contaminazioni tra i due estremi.
Adoro formulare queste analisi qualunquiste. Ammetto comunque che il successo di House potrebbe dipendere dal fatto che è un prodotto ben confezionato, con attori validi e credibili, scritto e realizzato molto bene. Da questo punto di vista il successo è giustificato. Quello che non mi spiego è il fatto che il pubblico italiano riesce ad apprezzare prodotti televisivi con queste qualità. O meglio, riformulando la questione: se gradisce così tanto un programma con quelle caratteristiche, perchè il resto del tempo gli rifilano robaccia tipo Distraction o Un posto al sole, e lui se la beve lo stesso?
Di SuperCirio addì 21/11/2007 @ 21:15:12, in bambini, linkato 1093 volte)
Succede che una fredda mattina di novembre l'onorevole di lungo corso G. Amato si sveglia, solleva un sopracciglio sugli occhi cisposi, si gratta distrattamente le chiappe indolenzite e con improvvisa lucidità prende coscienza di un fenomeno inquietante: "oibò, codesto paese brulica di adolescenti un po' zoccole!".
In giornata, incontrando i giornalisti, dà sfogo a tutto il suo disappunto:"la politica deve cogliere questi fenomeni!", si infervora, "Ormai la politica è diventata soltanto reazione ai fatti che accadono. Si aspetta che accada qualcosa per poter insultare l’altro e dire che non ha fatto abbastanza!"
Tra gli addetti qualcuno comincia a darsi di gomito; ci si chiede se non sia il caso di ricordare all'onorevole che della politica lui è -e non da poco- un elemento di spicco, addirittura un ministro dell'attuale governo. Ministro degli interni, a volere dirla tutta, quindi colui che per definizione certi fenomeni sociali dovrebbe conoscerli e contrastarli in virtù del proprio mandato. Curioso poi che a contestare il vizio della politica di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati sia prorpio uno che la stalla l'ha chiusa in ritardo per ben due volte nel giro di un mese: prima il decreto espulsioni seguito al delitto di Tor di Quinto, poi le prese di posizione tardive seguite all'uccisione di un tifoso da parte di un poliziotto.
A soffiare sul fuoco arriva puntuale un rapporto della Società Italiana di Pediatria che dipinge un ritratto degli adolescenti italiani da mani nei capelli. A soli 12 anni le nostre ragazzine approcciano sesso, droghe, sballo e soprattutto un desolante vuoto di valori.
Cosa vuoi fare da grande? La velina
Oppure? Non lo so.
Per quanto mi riguarda in tutto ciò non ci trovo nulla di nuovo. Gli autori dell'inchiesta fingono sopresa e sparano ovvietà: una volta, dicono, a dodici anni le ragazzine giocavano ancora con le bambole, non pensavano a rimorchiare i ragazzi in discoteca! Vero, ma le bambole con le quali giocano le dodicenni di oggi sono le Bratz, e chiunque abbia mai visto in tv un solo episodio della loro serie animata sa che le Bratz sono bambolette un po' zoccole i cui unici interessi sono lo shopping e rimorchiare ragazzi. Non avrebbe senso mettersi a demonizzare le Bratz, e neanche si pretende lo faccia Amato, ma se questi sono i modelli culturali con cui si confrontano le nostre adolescenti è inutile stracciarsi le vesti quando si scopre che le discoteche di Milano sono piene di Bratz in carne e ossa.
Certamente se accettiamo che la chiave di lettura del problema stia nei modelli culturali sbagliati, nel vuoto di valori, nella colpevole assenza dei genitori, allora la mossa del Ministro Amato è ineccepibile poiché il suo ruolo prevede esclusivamente un compito di monitoraggio e allarme. Le cause e gli eventuali rimedi -se ce ne sono- sta ad altri proporli. E' materia da sociologi arrembanti e santoni dell'educazione nuovo modello, mica da Ministro dell'Interno.
E poi si sa che all'origine di questa deriva morale c'è l'inadeguatezza dei genitori nel loro ruolo di educatori. Sono colpevoli e pure recidivi. Hanno rinnegato quei modelli educativi che a loro volta avevano ricevuto, e convinti di procedere in una direzione che ritenevano più giusta hanno spinto i loro figli nel deserto dei valori. Si dice che ai ragazzi di oggi manchi la paura, e su questo sono assolutamente d'accordo. Ma la mancanza di paura deriva dalla certezza di essere invincibili (oppure iperprotetti) nei confronti di tutto e tutti. Perchè temere le conseguenze delle mie azioni se ho la certezza che comunque mamma e papà prenderanno in ogni caso le mie difese, sempre e incondizionatamente? Per i genitori di oggi i figli sono sempre vittime da proteggere. Se a scuola fanno schifo è colpa dei professori che li hanno presi di mira. Se vengono bocciati è per una congiura scolastica da denunciare al TAR. Di genitori e figli così ne circolano a frotte.
Una generazione di 'tutelati cronici' in costante anestesia genitoriale nei confronti della realtà, si rivelano poi inadatti ad affrontare le piccole e grandi difficoltà del quotidiano. Sorpresi dalla loro stessa inadeguatezza reagiscono con la spavalderia e alla prepotenza al senso di smarrimento che li invade. Da qui nasce la ricerca di affermazione attraverso il branco, i fenomeni come il bullismo, la "generazione Columbine", la sessualità precoce e incosciente.
Si è sempre detto che quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo. Il problema è che ci siamo licenziati in massa.
Sarà forse la contiguità con i Regni Vaticani che ci ha sempre condizionato, o per la bonarietà che innerva il nostro essere italiani, fatto sta che stiamo pagando il fatto di non essere riusciti ad ammazzare un re. Adesso la cosa ci torna sulle corna come un boomerang. Cinquantaquattro anni fa sarebbe bastato poco per scongiurare ogni possibile ombra monarchica dal futuro della Repubblica. Un piccolo intervento su modello Causescu (o meglio ancora Zar Alessandro, tanto per scongiurare rischi legati ai congiunti) e certe rotture di coglioni oggi ce le saremmo evitate. Invece no, tutt'altro. Prego Vostra Maestà, l'aereo per l'esilio l'attende, eccoLe la lista dei Suoi beni soggetti a confisca, affinchè possano un giorno i Suoi successori accampare pretese ed esigere risarcimenti da questa costituente Repubblica. Faccia buon viaggio, Maestà, e a risentirci a presto.
Diciamocelo: da questo punto di vista i Padri Costituenti fecero una cazzata. Imposero alla famiglia reale l'esilio dal paese, quando un esilio dal mondo avrebbe richiesto minor sforzo e garantito risultati migliori anche in ottica futura. Fu un errore, e gli errori si pagano. L'aspetto più irritante è che a presentarci il conto siano proprio quel biscazziere, corruttore e puttaniere di Emanuele di Savoia e il suo figlioccio testimonial delle cipolline sottaceto. Dopo aver ottenuto con decenni di smarronamenti il permesso di rientrare sul suolo patrio, dopo aver paventato la fondazione di un neo partito di ispirazione monarchica, i due reduci della ex casata regnante avanzano pure pretese di risarcimento da parte dello stato italiano per quanto fu loro tolto con l'esilio. E non è una boutade provocatoria la loro, no no, lo fanno a suon di avvocati e indirizzando fior di carte bollate direttamente al Governo in carica. Il quale, com'è ovvio, ha già risposto picche; anzi, non è escluso che sia proprio il Governo italiano a pretendere dai Savoia il risarcimento dei danni per le note vicende storiche.
Garantito che qualche somaro pronto ad appoggiare il biscazziere e il cipollaro non tarderà a saltar fuori. Non è escluso che si arrivi prima o poi a parlare di compromesso per chiudere la faccenda, magari offrendo ai savoiardi una contropartita simbolica per chiudere la faccenda. Fossero soltanto dieci euro, è comunque più di quanto avremmo sborsato per un paio di pallottole nel 1946.
Demotivati anche tu con despair.com! Grazie a questo comodo tool online potrai creare il tuo poster demotivazionale personalizzato, senza necessità di smanettamenti con Photoshop o similari. Ecco, a titolo di esempio, una mia creazione.
Scatena la tua creatività nichilista, sfoga con allegria il tuo pessimismo! Non permettere che il mondo consumi la tua positività: annullatela da solo.
Probabilmente il mio animo nazionalista dovrebbe insorgere davanti ad una evidente presa per il culo dell'italianità ma... è troppo lollosa per incazzarsi :)
Arrivano come ogni fine mese i dati sull'inflazione e si scopre che novembre è stato un bagno di sangue. L'Istat comunica che nel periodo in esame il costo della vita è salito al 2.4% contro il 2.1% di ottobre. Colpa degli aumenti dei costi del petrolio, del pane, della pasta, dei cazzi e dei mazzi. Il presidente di Confindustria Montezemolo esprime preoccupazione per il fenomeno inflattivo: "tremo all'ipotesi di tassi più alti", ha dichiarato. Lui trema. E se lui trema allora io, titolare come tanti altri coglioni di un mutuo a tasso variabile, cosa dovrei fare, entrare in risonanza? Vorrei capire meglio i meccanismi di questo congegno perverso: sono almeno 5 anni che la BCE martella sui tassi di interesse con aumenti periodici da 0.25 punti percentuali a botta. Il tutto, spiegano gli analisti, con l'obiettivo di contenere il rischio di crescita dell'inflazione. Aumentando quindi il costo del denaro, la BCE si prefiggeva l'obiettivo di contenere la crescita dei prezzi al consumo. Adesso si scopre invece che nonostante gli anni di salasso continuo da parte delle banche, il fenomeno del'inflazione è tutt'altro che sotto controllo. Colpa del petrolio, certo. E come no. Peccato che i prezzi della benzina rimangano stabili anche quando il costo del greggio al barile scende di qualcosina. In questo caso, ci spiegano i soloni dell'economia globale, prima di poter abbassare il prezzo alla pompa è necessario ammortizzare i costi delle scorte acquisite con i prezzi precedenti. Peccato che una volta arrivati ad ammortizzare le scorte il prezzo è già bello che tornato a salire in verticale. Anzi, diventa necessario compensare ritoccando al rialzo i prezzi al distributore. In questo caso, chissà perchè, non ci sono scorte da smaltire e la crescita si riverbera immediatamente sul prezzo al consumo.
Al lamento di Montezemolo si aggiunge anche la segreteria confederale di CGIL :"Occorre un intervento immediato e incisivo del governo in direzione fiscale attraverso la diminuzione delle accise e i controlli e le sanzioni, da parte del Governo e degli Enti locali, verso qualsiasi intervento speculativo". In sostanza: occorre intervenire sulle imposte e dare addosso ai commercianti ladroni che speculano sui prezzi. Su quest'ultimo punto chi mi conosce bene sa come la penso, quindi non si stupirà nel sentirmi proporre la corte marziale e la pena di morte nei confronti dei commercianti disonesti ed approfittatori. Cominciando magari con un segnale forte, qualcosa di simbolico: questo Natale meno panettoni a prezzi esorbitanti, e più legnate a chi li vende speculandoci.
Di SuperCirio addì 07/12/2007 @ 22:39:29, in music, linkato 1075 volte)
Mai amore fu più platonico di quello che nutro per la batteria (quella che si suona, non le Duracell). Sono un virtuoso amante delle percussioni, ma non le suono. O almeno non più. C'è stato infatti un periodo della mia prima adolescenza in cui mi sono accostato al formidabile strumento, seppur con risultati discutibili. Erano anni fiammeggianti d'entusiasmo giovanile e sembrava normale per noi incredibili creature dell'hinterland milanese, compagni di crescita e scorribande, mettere in piedi un gruppo rock con cui spaccare il culo allo star system. Nacque così The No Smoking Band, una delle formazioni più sottovalutate di tutta la storia del rock.
Suonavamo con chitarre economiche, antichi amplificatori dall'aria esausta, e un Crumar valvolare da 400 Kg. Io sedevo eroico dietro una batteria di risulta recuperata con destrezza. Era un vecchio set ad impostazione jazz di cui neanche ricordo la marca (ammesso ne avesse una) con corpi in legno, pelli sintetiche e piatti di ottone ossidato pesanti come corazze anticarro. Su una pelle di ricambio c'era l'autografo di Tullio de Piscopo, con dedica al vecchio proprietario; non l'ho mai montata per evitare di rovinare la prestigiosa sigla. Finì perduta, assieme a tutto il resto del set, nell'oblio degli anni che vennero.
Il nostro repertorio si basava su cover di classic rock: Rolling Stones, Bruce Springsteen, Pink Floyd, qualcosa di Bob Dylan... un prestigioso campionario di brani da Monster of Rock che straziavamo senza pietà poichè -a questo punto occorre dirlo- suonavamo come cani focomelici. Questo però non ci fu mai di sconforto, al contrario eravamo convinti che servisse a caratterizzare il nostro stile rendendolo inconfondibile. L'abilità con gli strumenti era comuqnue un dettaglio poichè prima o poi avremmo sfondato lo stesso, ne eravamo certi. Bastava avere un po' di costanza e un minimo di fortuna, e il successo ci avrebbe travolto garantendoci guadagni da re ed eserciti di fighette fino alla fine dei nostri giorni da rockstar.
Ci furono un paio di occasioni in cui la strada verso il successo si proiettò con luminosa certezza sul nostro futuro. La prima fu un invito ad un raduno di giovani gruppi musicali da parte di un'associazione benefica (lo status giuridico di ONLUS ancora non esisteva) che raccoglieva fondi per iniziative umanitarie. Ricordo ancora le positive vibrations che ci diede l'incontro con quello che fu, a tutti gli effetti, l'unico impresario della nostra breve parabola artistica. Ovviamente suonammo malissimo, ma ci fu gioco facile nell'addossare la colpa alla presunta imperizia dell'addetto al mixer. E comunque la qualità della nostra musica era cosa secondaria rispetto al fatto che ormai, dopo quel debutto, eravamo ufficialmente lanciati a folle velocità verso il successo. Avevamo avuto un ingaggio (seppur gratuito), avevamo suonato 'live' e un pubblico ci aveva applaudito (per inerzia, ma son dettagli). Quante, tra le migliaia di giovani band emergenti, potevano vantare un simile background? L'avvenire si prospettava costellato di successi.
La successiva spinta verso l'olimpo della celebrità ce la offrì la società polisportiva del nostro borgo natio. Durante la festa sociale che si teneva annualmente all'oratorio parrocchiale, uno dei volontari organizzatori ci ingaggiò per intrattenere gli avventori del tendone ristorante. Il fatto che avremmo suonato alle due del pomeriggio per una platea di pochi avvinazzati non riuscì a smorzare il nostro entusiasmo, e dedicammo un'intera mattinata alle prove ed alla stesura della scaletta. Come prevedibile, anche in questa occasione suonammo in modo agghiacciante, con l'aggravante di esserci dovuti appoggiare esclusivamente sui nostri scarsi mezzi tecnici (che non comprendevano, tra l'altro, un mixer).
Attaccammo con "In The Flash-part 1" dei Pink Foyd, uno dei nostri cavalli di battaglia. Ancora adesso ricordo con un certo imbarazzo l'espressione di sgomento sul viso dei pochi anziani presenti, quando gli amplificatori cominciarono a vomitare una sequenza di suoni distorti e a volume pazzesco. Per questioni di carenze tecniche la batteria non venne amplificata, pertanto fui costretto a martellarci come un pazzo nel tentativo di sovrastare il delirio sonoro prodotto dagli altri componenti. I poveri vecchietti si aspettavano un liscio alla Casadei, o un walzerino tranquillo, o qualsiasi cosa potesse andar bene per trascinare i piedi sulla pedana da ballo con le loro sciure. Invece sparammo loro addosso uno tsunami cacofonico di suoni sovrapposti che fece tremare le dentiere e rovesciare più di un bicchiere di rosso. Molti si portarono platealmente le mani alle orecchie, altri scapparono alla massima velocità concessa dalle giunture artritiche. Suonammo l'intero nostro repertorio, che per fortuna dello sventurato uditorio copriva una ventina di minuti scarsi. Terminata l'abominevole performance, ci presentammo dal volontario che ci aveva ingaggiato e che in quel momento stava cuocendo salsicce. Qui successe l'impensabile: anziché rincarare la dose di umiliazione già rimediata sul palco, il tizio sfilò di tasca il portafogli e piazzò una centomila lire nelle mani incredule del nostro bassista. Fu l'apoteosi. Urla, abbracci, scene di gaudio da vincitori della lotteria Italia. Noi, la The No Smoking Band, guadagnavamo dei soldi grazie alla nostra arte. Ventimila ricchissime lire a cranio. Qualcuno propose di incorniciarle sotto vetro, come Paperone con la Numero uno, così da poterle ricordare con nostalgia, una volta ricchi e famosi, come il primo guadagno di una ricca carriera. Io sputtanai subito la mia parte in sigarette e miscela per il Garelli, come si conviene ad una rockstar in erba.
Il fatto che uno dei componenti originali della band oggi sia qui a scrivere cazzate su un blog invece di calcare il palco degli MTV Awards la dice lunga sul destino della formazione. Gli studi, il lavoro, le fidanzate e la vita in genere, spinsero il progetto verso un inesorabile declino. Il primo a mollare fu il tastierista S., seguito poi dal vocalist e leader M., ma a quel punto il gruppo si era ormai definitivamente sfaldato.
Oggi non rimane che qualche foto sbiadita e un pugno di "drum sticks" sbucciate a testimoniare il passaggio nel firmamento del Rock di una luminosa meteora chiamata "The No Smoking Band".
Di SuperCirio addì 11/12/2007 @ 21:44:39, in music, linkato 991 volte)
I Led Zeppelin tornano a suonare in concerto 27 anni dopo lo scioglimento, e se fosse stato possibile accontentare i fan di tutto il mondo che chiedevano di partecipare all'evento, si sarebbero dovuti stampare circa 20 milioni di biglietti. Alla fine c'erano soltanto 18.000 privilegiati all'O2 Arena di londra a vedere suonare di nuovo insieme Page Plant e soci, ma l'onda mediatica mossa dall'evento la dice lunga sul deserto musicale che stiamo attraversando. C'è voglia di buona musica, e poiché nessuno ne produce più, ci si rivolge ai bravi artigiani di una volta, quelli che uscivano dalla sala di incisione per entrare nella storia del Rock. Io non amo le reunion nostalgiche, mi mettono malinconia e a volte un po' di imbarazzo, ma per i Led ammetto che avrei fatto anch'io carte false. Oltretutto la frontline era quella originale (se si esclude l'assenza per ovvie ragioni del defunto John Bonham, degnamente sostituito dal figlio Jason) mentre spesso nelle reunion delle band storiche la formazione risulta rimaneggiata. Visto il successo dell'evento qualcuno comincia già parlare di repliche, ma sarebbe un errore. I Led sono scesi dall'Olimpo del Rock per sfidare il tempo, ed hanno vinto. Altre conferme non sono necessarie.
Allora, so di correre il rischio di ritrovarmi sotto casa orde di camionisti imbufaliti che reclamano la mia pelle per rivestirci i sedili dello Scania, però devo dire che questo sciopero degli autotrasporti mi garba assai. Potesse durare ancora qualche settimana, almeno fin dopo Natale, io ci metterei la firma, sul serio. Ho il pieno di gasolio, frigo e surgelatore son pieni, lo scatolame non mi manca. Se per continuare a godere questa stupenda tregua dallo stress del traffico natalizio devo rinunciare al pesciolino fresco sui banchi del supermarket... ebbene, si fotta il pesciolino.
Oggi il consueto tragitto casa-lavoro-casa ha richiesto 1/4 del tempo normalmente necessario. Ho risparmiato tempo e gasolio, ho abbassato i livelli di stress e i miei polmoni hanno assorbito meno pm10. Cari camionisti, per quanto mi riguarda potete starvene a letto fino alla befana. E tanti auguri pure a voi.
Tra le varie tradizioni legate al Natale nella mia tenera giovinezza, ve n'è una che mi è rimasta assai cara.
Da giovane sbarbatello era infatti consuetudine, durante la santa notte di Natale, girovagare per le fredde vie del triste borgo natio assieme ad altre increedibili creature dell'hinterland, devastando a colpi di petardo le cassette delle lettere dei compaesani.
Una buona dose di incoscienza, unita ad una certa dimestichezza nel maneggiare manufatti esplosivi di fabbricazione cinese, facevano del nostro commando natalizio un autentico flagello per le povere cassette della corrispondenza.
Il nostro modello preferito era quello classico in lamierino zincato con lo sportellino a ribalta superiore e il logo delle poste sul davanti. Il rumore sordo che il magnum produceva sventrando il lamierino dall'interno era un dolce canto natalizio che scaldava i nostri cuori.
Il fragore dello scoppio, l'odore della polvere combusta, i rottami fumiganti sparsi tutt'intorno... da questo quadretto di rara dolcezza si irradiava un senso di pace e serenità che a noi doveva apparire come l'essenza stessa dello spirito del Natale.
Purtroppo, per qualche strano motivo, i legittimi proprietari delle cassette colpite non venivano pervasi dagli stessi sentimenti di bontà, quindi il rituale imponeva una sequenza di gesti rapidi, precisi e ben collaudati, nonchè una buona dose di gambe e fiato per la fuga.
L'esecuzione ottimale chiedeva almeno tre sbarbati: uno teneva aperto lo sportellino con una mano, reggendo nell'altra l'accendino bic già acceso, mentre il compito degli altri era accendere e lasciar cadere all'interno della cassetta, con la massima simultaneità possibile, almeno due magnum a testa.
Serviva un certo affiatamento tra i membri del commando per portare a termine le operazioni in fretta e senza incidenti. Ogni mossa, ogni singolo movimento era collaudato dall'esperienza e supportato dalla fiducia reciproca tra i membri. Un piccolo calo di concentrazione e quello con l'accendino si sarebbe ritrovato le dita bruciate dalla fiammata dell'accensione, oppure uno dei magnum avrebbe mancato il bersaglio vanificando sul selciato il proprio potenziale. Infine conoscevamo, avendolo visto con i nostri stessi occhi, quale casino è in grado di provocare un magnum quando ti scoppia in mano.
Per fortuna tutto è sempre filato liscio, e per anni l'avvento del Bambin Gesù è stato salutato da un concerto di botti e distese di lamiere sventrate.
La tradizione prevedeva infine che l'ultima salva di petardi fosse riservata alla cassetta del signor C.
Era questa una bellissima cassetta per le lettere a forma di baita montana, tutta in legno intagliato a mano, e aveva una sezione del tettuccio incernierata per permettere l'inserimento della corrispondenza (nonchè del nostro annuale carico esplosivo).
La cassetta-casetta del signor C. era più grossa e resistente delle altre, e per quanto elevato fosse il potenziale delle cariche con cui veniva farcita, si limitava a scoperchiarsi e a capicollare dal palo che la reggeva.
L'anno dopo era ancora lì, magari con qualche rimaneggiamento in più ad opera del povero signor C., ma sempre pronta e disponibile per ridonarci, anno dopo anno, la magica atmosfera del Natale.
A ripensarci oggi, sembra quasi di poter rivedere nelle fattezze di quella povera capannetta la sacra figura del luogo della Natività dove noi, novelli re magi, recavamo i doni fiammeggianti della nostra gioventù.
Buon Natale a tutti. Boom.